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È una guerra senza quartiere quella del governo di Pechino contro la pornografia su Internet, colpevole di inquinare la mente dei giovani e di avere effetti deleteri sull¿intera società.
Secondo le interpretazioni della legge ratificata dalla Supreme People”s Court e dal Supreme People”s Procuratorate, la produzione, la duplicazione, la pubblicazione, la vendita e la diffusione di materiale elettronico a carattere pornografico, verrà punita ¿ in base alla gravità dei casi ¿ con pene che andranno dalla libertà vigilata alla detenzione a vita.
Se, ad esempio, un sito contenete materiale per adulti, viene visitato più di 250 mila persone, il caso può essere considerato come ¿estremamente grave¿ e i responsabili rischiano la condanna all¿ergastolo.
Secondo le interpretazioni, anche i casi più gravi di produzione e diffusione non-profit sono passibili di sanzione penale, così come tutte le persone coinvolte nel processo.
Il tutto, spiega un funzionario del governo, per ¿preservare l¿ordine stabilito nelle reti pubbliche di comunicazione, nonché i diritti legali e gli interessi del pubblico¿.
Da luglio, le autorità cinesi hanno chiuso centinaia di siti Internet e arrestato oltre 300 persone: le autorità sono infatti convinte che l¿aumento vertiginoso della pornografia su Internet ¿¿danneggi gravemente lo stile sociale, inquini l¿ambiente sociale e rechi danno la salute mentale e fisica dei giovani¿.
Il mese scorso, una giovane donna, Wang Yanli, è stata arrestata e condannata a quattro anni di prigione per aver mantenuto un sito di chatroom con webcam dove i visitatori pagavano per assistere a degli spogliarelli online.
Secondo le notizie trapelate, dal Dicembre del 2003 al Febbraio del 2004 gli spettacoli della Wang avrebbero convinto centinaia di persone pagare un abbonamento di 600 Yuan (corrispondenti a circa 60 Euro) per assistere ad un anno di performance, performance che si traducevano in regolari spogliarelli notturni della durata di 4 ore ciascuno.
Secondo l¿associazione Reporters sans Frontières, con 61 internauti imprigionati, la Cina è la più grande prigione al mondo per i cyberdissidenti e il Paese dove sono messe in atto le tecnologie di censura e di intercettazione delle comunicazioni elettroniche più sofisticate.
Le autorità di Pechino, secondo l¿associazione di difesa della libertà di stampa, utilizzano un sapiente mix di propaganda, disinformazione e repressione, nonostante l¿industria Internet sia in piena espansione.
Esistono attualmente in Cina circa 600 mila siti approvati dalle autorità, ossia un aumento del 60% rispetto al 2002. La net economia cinese, tra l¿altro, è molto fiorente: Sina.com, il più grande portale del Paese, ha annunciato un fatturato di oltre 30 milioni di euro all¿ultimo trimestre del 2003, in crescita del 197% rispetto allo stesso periodo del 2002.
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