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La Cina è ormai considerata il nuovo Eldorado per le aziende Usa, che da tempo si sono lanciate alla conquista di un Paese capace di offrire milioni di nuovi consumatori.
Anche l¿economia virtuale si è buttata a capofitto sul mercato ed è per questo che l¿amministrazione americana non può stare a guardare passivamente le proprie società collaborare con regimi che notoriamente reprimono le libertà fondamentali per l¿individuo quali la libertà do espressione, di stampa e di associazione.
È quanto chiede l¿associazione Reporters sans frontières, che denuncia l¿anomala situazione dei motori di ricerca occidentali alle prese con la censura del governo Pechino.
I motori di ricerca sono ormai strumenti di conoscenza, attraverso i quali ¿ sono dati ufficiali ¿ l¿80% dei cinesi ottiene (o cerca di farlo) informazioni sugli argomenti più disparati.
Secondo RsF, però, Yahoo! censura da anni il suo motore di ricerca in cinese per non avere problemi con il governo, mentre Google ha appena acquisito una quota di minoranza del motore di ricerca Baidu.com per 110 milioni di dollari.
Baidu, filtra da anni i propri risultati per compiacere le autorità: appare quindi evidente che Google si accoderà alla tendenza, accettando dei compromessi che hanno dirette ripercussioni sulla libertà d¿espressione.
Le strategie di sviluppo dei giganti occidentali, denuncia RsF, sono del tutto irresponsabili: l¿associazione ha già cercato di spiegarlo all¿amministratore delegato di Yahoo! Terry Semel, in una lettera che però non ha ricevuto risposta.
Ecco perché, l¿associazione ha deciso di chiedere l¿aiuto del sottosegretario di Stato incaricato della democrazia e dei diritti umani Lorne Craner e al sottosegretario per il Commercio e gli Affari economici Earl Anthony Wayne, perché creino un codice deontologico per le imprese del settore che vogliono avviare un¿attività all¿estero.
Il governo degli Stati Uniti si proclama difensore della libertà di espressione su internet, soprattutto dopo il voto del Global Internet Freedom Acte non pone alcun limite all¿attività del settore privato ¿¿anche quando questo collabora con i regimi più repressivi del pianeta¿.
RsF denuncia ¿questa ipocrisia¿ e chiede che società riconosciute in tutto il mondo come Google e Yahoo! ¿¿si impegnino a rispettare la libertà di espressine anche all¿estero¿.
Il Global Internet Freedom Act è stato votato nel luglio 2003 con l¿obiettivo di sviluppare e diffondere tecnologie che sconfiggano la censura della Rete nei regimi repressivi come la Cina, La Birmania, la Siria, Cuba, l¿Arabia Saudita e così via.
Yahoo ha lanciato da qualche anno la versione in cinese del proprio portale (http://cn.yahoo.com/) e ha annunciato alla fine di giungo il lancio di un nuovo motore di ricerca chiamato Yisou, che permetterà agli Internauti con gli occhi a mandorla di scandagliare la rete nella loro lingua madre.
Secondo le direttive delle autorità di Pechino, Yahoo Cina e Yisou censurano i risultati delle ricerche, che non danno alcun risultato se, ad esempio, si ricercano espressioni come ¿Tibet libero¿.
Se invece si effettua una ricerca per ¿falungong¿, non vengono forniti che siti critici verso il movimento spirituale.
Google, da canto suo, ha finora rifiutato ogni tipo di censura. Nel settembre del 2002, il motore di ricerca è stato bloccato per una settimana dalle autorità cinesi. I servizi censori deputati dal governo non hanno avuto finora altra possibilità che filtrare essi stessi i risultati del motore di ricerca americano.
La società di Sergey Brin e Larry Page, però, sembra aver cambiato strategia, dal momento che Baidu.com filtra scrupolosamente i contenuti ritenuti ¿sovversivi¿.
La censura dei motori di ricerca è una grave minaccia alla libertà di espressione: secondo l¿ultimo studio del Centro di informazione sulla rete Internet in Cina (CNNIC) ¿ un¿agenzia ufficiale ¿ l¿80% delle informazioni è ottenuta attraverso questo tipo di strumenti. Alcuni motori, come Altavista, sono già stati resi in operativi.
Tra le altre società hi-tech Usa che fanno affari d¿oro in Cina, Cisco ha venduto diverse migliaia di routers ¿ a circa 16 mila euro l¿uno ¿ per la costituzione dell¿infrastruttura di sorveglianza del regime.
Questi strumenti, installati con l¿aiuto di ingegneri americani, permettono di leggere le informazioni trasmesse in rete e di localizzare le parole chiave ¿sovversive¿, dando anche alla polizia i mezzi per sapere chi consulta siti proibiti o invia eMail dal contenuto ¿pericoloso¿.
Viene da chiedersi se stavolta qualcuno risponderà all¿appello di RsF, o ancora sarà solo un grido inascoltato e sacrificato alle ragioni del business.
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Per ulteriori approfondimenti, leggi:
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