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Si aggrava la posizione dell¿attuale proprietario del dominio Internet .iq, che designa i siti iracheni.
Bayan Elashi e i suoi 4 fratelli sono stati infatti giudicati colpevoli di aver illegalmente venduto componenti informatiche prodotte negli Usa alla Libia e alla Siria.
I cinque, detenuti in una prigione americana, devono ancora essere condannati, ma rischiano ognuno fino a 10 anni di prigione.
Su di loro grava inoltre il sospetto di aver sostenuto finanziariamente il terrorista di Hamas, Mousa Abu Marzook, e l¿accusa di riciclaggio di denaro sporco.
Bayan, di origine palestinese, si trasferì negli Stati Uniti nel 1977 all¿età di 22 anni per conseguire una laurea in informatica nella Purdue University, nello stato dell¿Indiana.
L¿uomo, definito un ¿brillante ingegnere elettronico¿, ha contribuito alla creazione del primo Pc arabo e, nel 1992, ha creato la società informatica InfoCom Corporation, con sede in Texas.
Cinque anni più tardi, alla InfoCom ¿ diventata un¿azienda di punta, con profitti da 7 milioni di dollari – venne assegnato il compito di gestire i nomi di dominio .iq, ma anche una serie di domini di società mediorientali e di diverse organizzazioni musulmane, incluso il Council on American Islamic Relations, l¿Islamic Society of North America e l¿Islamic Association for Palestine.
Come se tutto questo non bastasse, poi, Bayan Elashi è amministratore di MyNet.net, che gestisce ¿ o gestiva ¿ il sito web dell¿emittente satellitare Al-Jazeera.
Ma a destare la ¿curiosità¿ dell¿FBI, è stata soprattutto la relazione tra la InfoCom e la Holy Land Foundation, co-fondata da Ghassan Elashi e sospettata di essere solo un paravento per filtrare denaro verso le reti terroriste mediorientali.
Dopo diverse indagini, la Holy Land Foundation venne chiusa e i cinque fratelli arrestati, con l¿accusa di aver intrapreso affari col terrorista Marzook e di aver esportato illegalmente componenti informatiche in Siria e Libia.
Essendo basata negli Usa, infatti, la InfoCom avrebbe dovuto ottenere una speciale licenza di esportazione verso i due Paesi. Licenza mai effettivamente ottenuta.
I fratelli, inoltre, avrebbero volutamente sottostimato il valore del materiale esportato, per evitare di destare l¿attenzione delle autorità.
In loro difesa, gli Elashi hanno riferito di essere stati ingannati da un uomo d¿affari libico e di non sapere niente della reale destinazione dei loro prodotti, mentre gli avvocati accusano l¿FBI di essersi scagliati contro la famiglia solo per via della loro religione.
Simili casi, in precedenza, sarebbero stati infatti risolti con delle semplici multe, non con il ricorso a un¿incriminazione penale.
Il polverone politico attorno alla famiglia Elashi ha causato anche l¿intervento del Procuratore Generale Usa John Ashcroft e del capo dell¿FBI Robert Mueller, entrambi entrati personalmente nel merito della vicenda.
Mueller ha esplicitamente connesso l¿arresto dei fratelli con gli attentati dell¿11 settembre, mentre il governo ha assicurato di avere le prove del coinvolgimento finanziario di Mousa Abu Marzook e di sua moglie nella InfoCom.
A ciò si devono aggiungere le proteste della Commissione irachena per le Comunicazioni e i Media (ICMC), che reclama con forza la gestione dei domini .iq, attualmente in mano agli Elashi.
Il presidente della ICMC, Siyamend Othman, ha dichiarato che avviare il processo che porterà il Paese a gestire i domini .iq rappresenta ¿¿una tangibile, seppur simbolica, pietra miliare per la nazione, così come per la libertà e le speranze di riscatto del popolo iracheno¿.
Pochi giorni prima della creazione della ICMC (avvenuta nell¿aprile di quest¿anno) il capo della CPA Paul Bremer, aveva inviato una lettera all¿Icann ¿ l¿ente che si occupa dell¿assegnazione dei nomi di dominio ¿ per sollecitare il passaggio della proprietà dei domini .iq alla Commissione irachena.
La richiesta ¿ datata 16 aprile ¿ era motivata dal fatto che il passaggio di ¿consegne¿ avrebbe fatto capire agli investitori stranieri che l¿Iraq si stava avviando verso un futuro di alta tecnologia.
A due mesi di distanza, però, nulla si è ancora mosso e, sebbene gli Internet Cafè stiano cominciando a prendere piede a Baghdad, il Paese è totalmente assente dalla Rete e ancora pochissime persone possiedono un computer. Ancora meno quelli che si collegano a Internet.
Secondo un recente studio citato dall¿amministrazione Usa, soltanto il 12% della popolazione irachena possiede un computer, ma soltanto il 6% ha accesso a Internet e il 2% lo usa regolarmente.
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Per ulteriori approfondimenti, leggi:
Iraq: il Paese chiede con forza il controllo del dominio .iq