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Sei internauti tunisini sono stati condannati a 13 anni di prigione dalla Corte d¿Appello di Tunisi per ¿uso sovversivo di Internet¿.
I sei, di età compresa tra i 21 e i 38 anni, erano stati arrestati nel febbraio del 2003 e già condannati in prima istanza a 19 anni di prigione, per aver creato un¿organizzazione ¿ ¿Le Brigate del Profeta¿ ¿ volta a ¿terrorizzare la popolazione¿, tenuto ¿riunioni non autorizzate¿ e acquistato ¿prodotti destinati alla fabbricazione di congegni esplosivi¿.
Secondo gli avvocati della difesa, però, l¿accusa non avrebbe avuto nessuna prova a carico degli indagati, se non qualche documento che il gruppo avrebbe scaricato da Internet, riguardante i fucili Kalachnikov, la produzione di bombe e altro materiale relativo alla crisi mediorientale.
Essi, inoltre, avrebbero discusso via Internet, con uno dei loro professori, Ridha Hadj Brahim, su come poter sostenere la causa palestinese.
Le procedure giudiziarie, però, sarebbero state viziate da vistose irregolarità: per esempio, i sei sono stati arrestati a Zarzis, ma sono stati giudicati a Tunisi.
Gli indagati, poi, sarebbero stati sottoposti a pratiche di tortura ma la Corte ha rifiutato il parere dei medici, nonostante il ricorso presentato dagli avvocati.
Questo sarebbe bastato a condannare i sei, in base alla legge antiterrorismo, varata nel dicembre 2003, con l¿accusa di aver preparato attentati contro i beni e le persone, in collegamento e per il sostegno delle reti terroriste di Al Quaeda.
Al di là delle considerazioni di rito, sulla correttezza o meno della condanna e delle pratiche giudiziarie, la situazione del controllo di Internet in Tunisia ¿ e in molti altri Paesi ¿ resta inquietante.
Il presidente Ben Ali moltiplica le dichiarazioni sulla volontà di sviluppare l¿uso della Rete sul territorio tunisino, ma di fatto usa ancora il pugno di ferro contro gli internauti giudicati ¿sovversivi¿ per aver scaricato materiale ritenuto pericoloso dalle autorità.
Degli sforzi sono stati effettivamente compiuti, attraverso la riduzione dei costi di connessioni (7 euro per 20 ore) e l¿incoraggiamento della competitività sul mercato dell¿accesso.
Attualmente operano in Tunisia sei ISP pubblici e sei privati, mentre il governo ¿ che ha anche creato 300 Internet Cafè pubblici sul territorio ¿ afferma che tutte le Università dispongono di connessione alla Rete.
Di fatto, però, con meno del 6% della popolazione che accede a Internet, la Tunisia è ancora molto lontana dagli standard europei, asiatici e americani, proprio mentre Tunisi si avvia a ospitare, nel 2005, il secondo Summit mondiale della Società dell¿Informazione (WSIS) in cui si discuterà proprio dei futuri sviluppi della Rete mondiale.
I fornitori d¿accesso, inoltre, sono tutti direttamente controllati dal Presidente o dai suoi familiari. L¿Agenzia Tunisina di Internet (ATI) ¿ che dipende direttamente dal Ministero delle Telecomunicazioni, gestisce la Rete a livello nazionale e vigila affinchè il mercato sia rigorosamente inquadrato e controllato dalle autorità.
Gli ISP, per esercitare devono firmare una dichiarazione in cui assicurano che l¿uso di Internet deve limitarsi a ¿Fini scientifici, tecnologici e commerciali¿.
La libertà di stampa, in Tunisia, non esiste ¿ denuncia l¿associazione Reporters sans Frontières ¿ e per questo la popolazione ha investito molto su Internet come spazio di discussione e di informazione libera.
Alcuni siti di informazione locali, come Kalima e TUNeZine), ma anche i siti di organizzazioni non governative o di media stranieri vengono però regolarmente bloccati, così come le messaggerie come HotMail.
I Cybercafé di Stato ¿ sottomessi al regolare controllo del ministero delle Telecomunicazioni – sono gli unici punti di accesso pubblici a Internet e spesso, vicino ai Pc, si legge il cartello ¿E¿ severamente vietato connettersi a siti Internet proibiti¿.
Una frase tanto vaga quanto mirata a scoraggiare l¿accesso a siti di natura politica.
Ci si chiede, dunque, come si potrà discutere di libertà di espressione e di libertà nell”uso delle nuove tecnologie, in un Paese in cui l¿informazione è ancora rigorosamente filtrata dal governo.
“E” un” aberrazione”, ha commentato Omar Mestiri, direttore di Kalima.
Il quotidiano on-line ritenuto dissidende, attualmente è ospitato da un server francese: ¿¿le forti limitazioni alla libertà di espressione nel Paese ¿ dice Mestiri – ne renderebbero paradossale persino il coinvolgimento diretto nel Summit¿.
Se non altro, però, tenere il Summit proprio in Tunisia potrebbe servire ad attirare l¿attenzione della Comunità internazionale sullo stato delle libertà civili nel Paese.
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