Europa
Lo sviluppo dei servizi di file-sharing ¿non è una minaccia, ma una sfida alla creatività¿, per il mercato discografico. Questo, l¿impensato parere dell¿ADAMI, società che gestisce l¿entrate degli artisti. In uno studio pubblicato oggi, sulle nuove reti di scambio peer-to-peer (sistema di scambio di file musicali e audiovisivi da computer a computer), l¿ADAMI sottolinea in particolare che ¿il mercato della musica non è il mercato discografico¿. In quanto, secondo questa ricerca, quello discografico sarebbe ormai caratterizzato da ¿una quota crescente di entrate indirette¿ (copia privata, film¿). La pubblicazione di questo documento arriva giusto quando l¿industria discografica sta subendo una contrazione del proprio fatturato. I produttori attribuiscono la principale colpa di questa crisi al downloading illegale. Lo studio dell¿ADAMI evidenzia i diversi meccanismi di remunerazione della musica: trasferimenti diretti (biglietterie), prelievi alla fonte (televisione), canone¿ per l¿ADAMI, ¿la digitalizzazione e la ricerca di nuove vie di guadagno aumentano questa complessità¿. L”ADAMI sottolinea che al momento il mercato della musica online è diviso in due tendenze: i siti online legali (il cui mercato era stimato, nel 2003, in 100 milioni di dollari) e i servizi di peer-to-peer selvaggio (stimato lo scorso anno in 250 milioni di dollari). Per la società francese dei diritti degli artisti, ¿l¿effetto P2p sul consumo è globalmente positivo¿, poiché determinerebbe ¿un aumento del consumo musicale¿ (acquisto di dischi, di biglietti per i concerti, lettori¿). In oltre, rileva lo studio, ¿l¿economia P2p ha generato più entrate fiscali dei servizi legali¿. Per retribuire gli aventi diritto, l”ADAMI propone l”instaurazione d”una “licenza legale” sugli abbonamenti dei fornitori d¿accesso. Una soluzione questa, che respingono categoricamente gli editori fonografici, che chiedono ¿il diritto di autorizzare¿, a loro convenienza. “Per la musica come per il cinema e i servizi audiovisivi in generale, lo sviluppo senza precedenti dei servizi di scambio non è una minaccia, ma una sfida a risollevarsi, ricorrendo a ciò che costituisce la materia prima delle industrie culturali: la creatività e non il ripiegamento su se stessi¿, conclude il rapporto. L”ADAMI gestisce i diritti di circa 60.000 artisti (cantanti, maestri d¿orchestra, ballerini, attori). Rivendica 20.000 associati. Nel 2003, l¿ADAMI ha percepito 42,3 milioni di euro, di cui 27,3 mln sono stati riversati agli artisti. Una posizione molto forte quella dell¿ADAMI, ma che non è isolata. Per meglio dire, già alcuni ricercatori americani avevano dichiarato lo scorso aprile che il P2p non inciderebbe sulle vendite di Cd. Tesi che fa tremare la potente RIAA (Record Industry Association of America), che sostiene il contrario a colpi di studi fatti eseguire per proprio conto. Ma questa posizione è difesa con le unghie e con i denti da due professori americani, Felix Oberholzer della Harvard Business School e Koleman Strumpf dell¿Università della Carolina del Nord, Chapel Hill. I due studiosi hanno realizzato unaricerca sull¿impatto del downloading online sulle vendite di dischi. Nonostante l¿ampiezza che ha assunto il fenomeno del peer-to-peer (che nel 2003ha sedotto 60 milioni di utenti, solo per fare riferimento all¿America), gli autori dello studio contestano fermamente l¿idea secondo la quale il downloading si sostituirebbe all¿acquisto di un album. Anzi, considerano al contrario il sistema di file-sharing come un mezzo di promozione dei brani, ai quali l¿utente Internet non avrebbe altrimenti avuto accesso attraverso le tradizionali reti di vendita. Seconda idea discordante rispetto alle major discografiche: il downloading degli estratti di un album avrebbe sì un impatto sulle vendite di Cd¿ ma verso l¿alto. Condotto nel 2002, lo studio è stato eseguito su una lista di file condivisi che rappresentano lo 0,01% del volume mondiale del materiale scaricato. I due professori hanno preso come punto di riferimento la stima di 800 milioni di Mp3 scaricati ogni mese dalla Rete, poggiandosi su due server di file-sharing OpenNap, simili al più famoso sito di scambio di Mp3, Napster. Raffrontando il numero di downloading e l¿evoluzione delle vendite degli album sul periodo considerato, sono arrivati a questa conclusione inaspettata: ci vorrebbero 5.000 scaricamenti per perdere in valore l¿equivalente di un album. Le perdite legate al peer-to-peer rappresenterebbero al massimo l¿equivalente di 2 milioni di album venduti in un anno. In sostanza la Rete avrebbe una piccola incidenza sulla crisi del mercato discografico. Per spiegare la riduzione delle vendite, i due ribelli professori adducono altre ragioni, completamente distaccate dal peer-to-peer: il difficile contesto macro-economico, la riduzione delle uscite dei nuovi album, la concorrenza sempre di più esasperata da altri prodotti dell¿industria dell¿entertainment, come i videogame, i Dvd¿ I professori sottolineano poi un”altra questione, la crisi delle vendite di dischi non è un fenomeno nuovo. Una flessione simile si ebbe sul mercato sia alla fine degli anni 70, che all¿inizio degli anni 80. Periodo in cui di certo non potevamo parlare di file-sharing o di reti P2P.
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