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Smentita la notizia della prossima quotazione in Borsa della Tv pubblica. Il Direttore Generale della Rai, Flavio Cattaneo, ¿non ha mai parlato di quotazione in Borsa, peraltro non prevista dalla legge¿.
A chiarire la situazione, nata per alcune indiscrezioni apparse sulla stampa nazionale, è lo stesso Cattaneo, che nega le ¿frasi attribuitegli nelle notizie di agenzie¿.
Il Dg precisa di aver spiegato brevemente ai giornalisti, a margine dell”assemblea dell”Upa (Utenti Pubblicità Associati), che gli chiedevano chiarimenti sulla privatizzazione prevista dalla Legge Gasparri, che ¿per il momento non c”erano novità e che se ne sarebbe parlato dopo l”estate¿.
Cattaneo ha illustrato nell¿ultimo Cda, che si è tenuto lo scorso 1° giugno, le modalità di realizzazione del piano di privatizzazione che, come previsto dall”art. 21 della Legge Gasparri, dovrebbe essere avviato entro 60 giorni dalla entrata in vigore delle nuove disposizioni normative, che riformano l¿intero sistema radiotelevisivo italiano. Sarà avviata quindi la fusione per incorporazione della Rai-Radiotelevisione Italiana nella società Rai Holding, dalla quale nascerà la RAI-Radiotelevisione Italiana Spa.
Necessaria l¿elaborazione di un nuovo statuto sociale e, soprattutto, l¿operazione di concambio del valore azionario, in base agli ultimi dati di bilancio, valutati al 31 maggio.
Il progetto dovrà essere approvato dalla Rai e da Rai Holding, per essere poi sottoposto alle assemblee degli azionisti, che delibereranno la fusione.
Ci vorranno altri quattro mesi, una volta formalizzata la fusione, perché si passi all¿offerta pubblica di vendita delle azioni Rai.
Sarà il CIPE a stabilire la quota di capitale da immettere sul mercato, così come il prezzo, ma comunque nessun azionista potrà possedere più dell”1% del capitale.
Il Consiglio di amministrazione della società incorporata assumerà le funzioni di Cda della società risultante dalla fusione. La Legge Gasparri prevede anche dei nuovi criteri di nomina dei membri del Consiglio.
Secondo gli articoli 20 e 21 della legge Gasparri, la Rai avrà un Cda di 9 membri che resteranno in carica tre anni e rieleggibili una sola volta.
Fino alla prima fase della privatizzazione (alienazione del 10% del capitale), sarà la Commissione di Vigilanza a nominare sette membri del Cda (con voto limitato ad uno, cioè 4 alla maggioranza e 3 all”opposizione), mentre gli altri due, tra cui il presidente, saranno invece scelti dal Ministero dell”Economia. La nomina del presidente diventa efficace con il sì, a due terzi, della Vigilanza.
Le nuove disposizioni normative prevedono tra l¿altro la nomina del nuovo Cda a circa 9 mesi dall”entrata in vigore della normativa. Per cui, gli attuali vertici dovrebbero rimanere in carica fino a febbraio 2005.
Nel merito della questione della privatizzazione Rai, è intervenuto Giulio Malgara, presidente dell”Upa.
¿Sarebbe inopportuno e rischioso privatizzare la Rai ¿ ha dichiarato Malgara – tanto più che smembrandola e vendendola a pezzi a nuovi proprietari indefiniti e incontrollabili che a loro volta, data la polveralizzazione delle quote che è prevista, non sarebbero nemmeno in grado di controllarla¿.
Il presidente Upa ha definito la Rai un patrimonio ¿che va preservato gelosamente oltre che esteso e potenziato¿.
¿Crediamo pertanto di dover invitare il legislatore a ritornare sulla materia e ad individuare soluzioni univoche che prevedano il mantenimento della holding Rai e lo sviluppo coordinato e sinergico delle sue diverse componenti¿, ha detto Malgara.
E ancora, il presidente ritiene che se la Rai venisse ridotta in frammenti e venduta ad acquirenti incontrollabili correremmo il rischio di non poter più contare sulla sua forza compatta e sull”efficacia di messaggi trasmessi a milioni e milioni di persone, con ¿conseguenze deleterie per tutto il Paese sul piano economico, distributivo, commerciale e occupazionale¿.
Per Malgara la nuova legge sul riassetto radiotelevisivo appare nel suo complesso apprezzabile ¿perché favorisce e regola l”introduzione di nuovi mezzi nel nostro sistema a cominciare da quelli digitali”. Tuttavia questo “non significa adesione incondizionata”.
Per il presidente Upa, è naturale che un servizio televisivo pubblico, come avviene da anni e non solo in Italia, si trovi al centro di polemiche, di critiche, di ¿spinte e di controspinte¿. ¿Ma questo deriva proprio dal suo ruolo fondamentale e imprescindibile. E” giusto che essa rimanga pluralistica con i suoi canali e con la molteplicità dei suoi programmi”.
Aggiungendo che la Rai è da considerarsi un patrimonio fondamentale anche per il mondo della pubblicità, dal momento che “i canali televisivi e radiofonici della Rai costituiscono un insieme di mezzi oltremodo preziosi per le aziende che investono in pubblicità”.
Non c¿è dubbio che gli sconvolgimenti che riguardano Viale Mazzini, stiano creando delle difficoltà anche tra i dipendenti dell¿azienda.
In una nota congiunta distribuita davanti alla sede Rai, le associazioni dei precari hanno scritto che ¿I lavoratori precari della Rai rigettano integralmente il piano di assunzioni proposto di recente dell”azienda e lo giudicano vergognoso per l”azienda e umiliante per i lavoratori precari¿.
Secondo i precari, la proposta della Rai è a dir poco provocatoria e, come è stato ribadito dalle Organizzazioni Sindacali, manifesta in realtà la volontà di chiudere in partenza qualsiasi tentativo di trattativa.
¿A fronte di un numero crescente di lavoratori precari che ha superato quota 1.300, la Rai offre l”assunzione di 230 unità (per tutte le categorie e in tutte le sedi sul territorio nazionale), da ripartire in sette anni. Questo numero rappresenta meno della metà dei posti che si renderanno disponibili in sette anni grazie al naturale turn over“, si legge nella nota.
I precari sottolineano come “una simile proposta viene presentata da un”azienda che soccombe nell”80% delle cause intentate dai lavoratori precari e poiché sono circa 600 le cause pendenti contro la Rai, ognuna delle quali costa all”azienda circa 250 milioni di vecchie lire, il costo totale solo per queste cause sarà di 120 miliardi di lire, cioè 62 milioni di euro. I lavoratori a Td chiedono quindi alla Rai: un piano di assunzioni congruo e ampio, adeguato alle esigenze produttive e ai bilanci in attivo presentati dall”azienda¿.
La nota ricorda infine che la conclusione della vertenza era “stata chiesta lo scorso marzo dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza all”unanimità, ma evidentemente, la Rai non ne ha tenuto conto”.
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