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La percentuale di messaggi commerciali non sollecitati (UCE ¿ Unsolicited Commercial eMail), fenomeno comunemente noto come spamming, ha per la prima volta superato il 75% delle eMail ricevute dalle imprese nello scorso mese di maggio. Questo, quanto rilevato dalla società di sicurezza informatica MessageLabs.
Su un totale di 909 milioni di eMail revisionate il mese scorso, 691,5 milioni erano non sollecitate, come ha precisato MessageLabs in uno studio pubblicato ieri 8 giugno. La proporzione non era che del 67% in aprile.
MessageLabs indica che il proprio servizio antispam esamina il traffico della posta elettronica per conto di più di 8.500 imprese mondiali.
Mark Sunner, direttore del dipartimento tecnologia presso MessageLabs, ha spiegato che ¿I virus diffusi attraverso le eMail sono un problema che già da tempo riguarda le aziende, ma solo recentemente lo spamming è divenuto il principale dei problemi¿.
La ricerca ha verificato anche che, passando al setaccio più di un miliardo di messaggi elettronici, 92,6 milioni tra questi contenevano un virus, si tratta del 9,1%, percentuale di poco variata rispetto a quella di aprile, che era del 9%.
MessageLabs ha evidenziato nel proprio studio che una media al secondo di 258 eMail non sollecitate e 35 virus sono state intercettate il mese scorso.
Secondo un altro studio, pubblicato lunedì dallo specialista nella ricerca tecnologica Nucleus Research, il costo medio annuo legato alla lotta allo spam è di 1.934 dollari per impiegato. Un dipendente riceve in media 7.500 spam l¿anno, contro i 3.500 del 2003.
Secondo Nucleus Research, solo il 20% delle mail indesiderate sono intercettate prima di arrivare a destinazione, contro il 26% del 2003.
Il problema dello spamming è diventato davvero insostenibile, specie per chi usa la posta elettronica per motivi di lavoro. Vedersi sommergere quotidianamente i box con eMail che contengono le promesse più varie, il più delle volte a contenuto pornografico, non fa piacere. E¿ fonte di stress e fa perdere tempo prezioso a chi è sul posto di lavoro.
Nel febbraio scorso l¿allarme spamming è stato lanciato dall¿Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). I governi del mondo intero dovrebbero unirsi nella lotta allo spam, perché si tratta di un fenomeno che non conosce frontiere, è stato il monito dell¿OCSE.
Sconfiggere lo spam è oggi l¿obiettivo fondamentale dei governi e delle imprese, viste le dimensioni che sta assumendo il problema.
Secondo dati forniti dalla Commissione europea, la metà del traffico di posta elettronica nella Ue è costituito da spam, questo è molto grave non solo perché rappresenta un attentato alla privacy degli utenti, ma anche perché arreca pregiudizio a chi usa la posta elettronica sul lavoro.
Sempre secondo le cifre della Commissione, sono altissimi i costi dello spamming per le imprese in termini di tempo perso dai lavoratori per eliminare le eMail che affogano quotidianamente le loro caselle di posta.
Le stime delle perdite in produttività dovute alle eMail spazzatura nel 2002 ammontavano a 2,5 miliardi di euro, ma la crescita esponenziale del fenomeno sembra giustificare le ipotesi più pessimistiche, secondo le quali la sola economia britannica nel 2003 ha subito danni per 3,2 miliardi di euro.
Il problema è ancora più grave se si pensa che sempre più spesso queste mail vengono utilizzate per veicolare virus informatici a danno degli ignari utenti.
O peggio ancora per avviare truffe online, intercettando le carte di credito dei consumatori o dettagli bancari.
“Lo spam non è un problema di un singolo Paese (…) è un problema mondiale – ha detto l¿OCSE – E” sempre più chiaro che gli sforzi a livello nazionale devono essere accompagnati da strategie coordinate a livello internazionale per far fronte alle minacce transfrontaliere che lo spam pone”.
La Ue e gli Stati Uniti hanno scelto approcci diversi al problema. L¿Unione ha adottato nel luglio 2002 la Direttiva europea 2002/58/CE sulla privacy e le comunicazioni elettroniche, che rende illegale l¿invio di eMail non sollecitate, a meno che gli utenti non ne abbiano fatto esplicitamente richiesta. Approccio detto di opt-in.
Ma fino a oggi, solo la metà dei Paesi della Ue ha armonizzato le proprie legislazioni con le nuove disposizioni europee in materia di spam.
Sono ancora ben nove, infatti, gli Stati (Germania, Belgio, Francia, Grecia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Finlandia e Svezia) che non si sono conformati alla disposizioni comunitarie, entro il termine ultimo del 31 ottobre 2003. A dicembre è stata anche avviata una procedura di infrazione contro i Paesi inadempienti.
L¿Italia ha già provveduto al recepimento della Direttiva con l¿adozione del Decreto legislativo n.196 del 30 giugno 2003, il “Codice in materia di protezione dei dati personali”, meglio noto come “T.U. sulla privacy“.
La Commissione europea, attraverso un recentissimo documento, ha dichiarato che tutti gli Stati che fanno parte dell”Unione dovrebbero prendere seri provvedimenti contro lo spam. L”Ue suggerisce di usare le maniere forti arrivando a favorire l”individuazione degli spammer, la loro denuncia penale e la richiesta di risarcimenti danni da parte di chi viene “molestato” da eMail indesiderate.
La legge antispam americana, la cosiddetta Can Spam Act, entrata in vigore il primo gennaio, ha invece un approccio verso il problema delle junk-mail, detto di opt-out, poiché spetta all¿utente segnalare di non voler ricevere alcuna comunicazione commerciale elettronica.
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