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L¿assemblea degli azionisti della Rai ha approvato all¿unanimità il bilancio dell¿esercizio 2003. Rai Holding (99,55 del capitale) era rappresentata dall¿avvocato Pierpaolo Dominedò, la SIAE (0,45) dall¿avvocato Domenico Caridi. L¿assemblea è stata concorde nel ritenere significati i risultati realizzati.
La Tv pubblica chiude con un utile netto di 24,7 milioni di euro, con un significativo incremento rispetto al 2002 che evidenziava un utile netto di 5 milioni di euro.
A livello consolidato di gruppo il bilancio chiude con un utile netto pari a 82,2 milioni di euro, a fronte di una perdita di 16,8 milioni di euro nel 2002.
Intanto la Commissione parlamentare di vigilanza, che ieri avrebbe dovuto decidere quando esaminare e votare la risoluzione presentata dal centrosinistra che chiedeva il rinnovo del Cda, ha deciso di rinviare tutto a dopo le elezioni del prossimo 13 giugno.
La decisione è stata presa dall”ufficio di presidenza della Commissione parlamentare. Il rinvio è stato proposto dal presidente della Vigilanza, Claudio Petruccioli. Il documento del centrosinistra, ed eventuali altri documenti sempre sul Cda Rai, saranno discussi e votati secondo tempi e modalità che l”ufficio di presidenza fisserà il 15 giugno.
L¿opposizione considera, con le dimissione della presidente della Rai, Lucia Annunziata, ¿esaurita la formula basata sul presidente di garanzia stabilita dai Presidenti delle Camere¿.
L¿opposizione infatti, all¿indomani delle dimissioni presentate dalla Annunziata, ha chiesto l¿immediato scioglimento del Cda di Viale Mazzini, essendo nel frattempo stata approvata laLegge Gasparri cheprevede nuovi criteri di nomina per i vertici dell¿emittenza pubblica.
Il documento delle opposizioni invita quindi a ripristinare il pluralismo nel vertice della Rai ¿procedendo alla nomina del nuovo Cda con i criteri previsti dalla legge Gasparri¿.
Secondo gli articoli 20 e 21 della legge Gasparri, la Rai avrà un Cda di 9 membri che resteranno in carica tre anni e rieleggibili una sola volta.
Fino alla prima fase della privatizzazione (alienazione del 10% del capitale), sarà la Commissione di Vigilanza a nominare sette membri del Cda (con voto limitato ad uno, cioè 4 alla maggioranza e 3 all”opposizione), mentre gli altri due, tra cui il presidente, saranno invece scelti dal Ministero dell”Economia. La nomina del presidente diventa efficace con il sì, a due terzi, della Vigilanza.
Le nuove disposizioni normative prevedono tra l¿altro la nomina del nuovo Cda a circa 9 mesi dall”entrata in vigore della normativa. Per cui, gli attuali vertici dovrebbero rimanere in carica fino a febbraio 2005.
Parere non condiviso dalla maggioranza di centrodestra, e anche dallo stesso Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, firmatario del testo di Legge, che ha invece sostenuto la posizione presa dal Ministro dell¿Economia, Giulio Tremonti, a cui la nuova legge riconosce il potere di nomina del nuovo presidente, precedentemente affidato ai presidenti di Camera e Senato.
Tremonti è invece convinto della necessità che gli attuali membri del Cda – Giorgio Rumi, Francesco Alberoni, Marcello Veneziani e Angelo Maria Petroni – rimangano in carica, e l¿11 maggio scorso ha indirizzato loro una lettera, chiedendogli di restare in carica.
Il ministro ha richiamato i consiglieri al senso di responsabilità. La missiva conteneva un invito ai consiglieri a mantenere il loro incarico e a svolgerlo nel modo più adeguato per il bene dell”azienda.
I consiglieri hanno fatto sapere, successivamente al recepimento della lettera di Tremonti, la loro ferma intenzione ad assicurare un¿azione volta al miglior interesse della Rai, sia sotto il suo profilo di titolare del servizio pubblico radiotelevisivo, sia sotto il suo profilo aziendale.
Diversa la posizione del consigliere Giorgio Rumi, ¿¿dopo le elezioni mi dimetterò perché non credo che questo Cda, nato con la filosofia del 4+1 e dunque del presidente di garanzia, possa andare avanti come se niente fosse con uno schema 4-0. Viene meno la legittimità complessiva del Consiglio e la rappresentanza di una parte del Paese. Tutto questo l”ho già spiegato ai consiglieri e al Direttore generale in Cda perché mi sembrava doveroso dirlo prima a loro¿.
In un¿intervista concessa ieri al quotidiano Europa, Rumi ha confermato la propria scelta, ¿Dopo le elezioni sarò fuori“.
Il consigliere di amministrazione ha ribadito che lascerà il Cda dopo il 13 Giugno e che a suo avviso il Consiglio non potrà proseguire il suo cammino con tre soli componenti.
Rumi ha confermato di aver ricevuto la proposta di assumere la presidenza Rai, ma ha anche detto di non avere nessuna intenzione di accettare, ¿¿perché lascerà presto i vertici di Viale Mazzini¿.
¿Ringrazio sentitamente chi ha pensato a me ¿ ha spiegato – ma sarebbe contraddittorio fare il presidente di un Consiglio d”amministrazione nel quale non mi ritrovo, con una formula che non è più quella originaria. Proprio io, che da subito ho negato la validità del quattro a zero”.
Il consigliere ha rivelato che avrebbe voluto lasciare il Consiglio subito dopo le dimissioni di Lucia Annunziata e che è stato il ministro Tremonti a convincerlo a rinviare la sua decisione. Anche se avrebbe preferito un intervento istituzionale da parte dei presidenti di Camera e Senato, il professor Rumi spiega che “dopo l”appello dell”azionista andare via voleva dire scappare e quindi ho deciso di restare fino al 13 giugno”.
Come Rumi stesso precisa, nessuno potrà dissuaderlo. E chiaramente non sarà possibile portare avanti un Consiglio a tre, ¿un triciclo¿, come lo ha definito Rumi. Il consigliere non condivide neanche i criteri di nomina previsti dalla legge Gasparri, ¿perché introducono un metodo di governance troppo partitocratrico, mentre il quattro più uno era più istituzionale¿.
Certo che adesso si complica ulteriormente il futuro del Cda Rai. E forse il rinvio della nomina del consigliere Francesco Alberoni, a presidente della Rai, è stato determinato proprio dall¿intenzione di voler convincere Rumi a rimanere in seno al Consiglio, proponendogli la stessa presidenza.
Se Rumi dovesse dimettersi, come ha dichiarato, la situazione imporrebbe un¿immediata soluzione, anche per non far rivivere all¿Italia l¿assurdo teatro del ¿Cda Smart¿ guidato dal presidente Antonio Baldassarre ed Ettore Albertoni.
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