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Televisione e pubblicità: la discutibile Comunicazione UE che non dà risposte né pone limiti

Italia



di Roberto Barzanti

La pubblicità finirà per soffocare il cinema?

Uno dei miracoli promessi dal decreto legislativo varato a gennaio consiste nella possibilità di inserire in un film ¿inquadrature di marchi e prodotti, comunque coerenti con il contesto narrativo¿ per ricavarne sostegni aggiuntivi. La Commissione europea sancisce ora l’ammissibilità della contestatissima pratica dello split-screen, del messaggio pubblicitario che occupa parte dello schermo.

 

Non è questa la novità di minor conto d’una comunicazione interpretativa, pubblicata alla fine d’aprile, su alcune disposizioni relative alla pubblicità contenute nella direttiva Televisione senza frontiere del 1989 (89/552/CEE) come modificata dalla successiva direttiva 97/36/CE.

Sarà il caso di notare che il testo varato dall’esecutivo di Bruxelles non obbliga gli Stati membri ad allinearsi alle interpretazioni formulate, né interferisce con le decisioni della Corte di Giustizia di Lussemburgo, ma è indubbio che avrà un ruolo non secondario negli orientamenti di un mercato fantasioso e impazzito. In Italia già si registrano accoglienze entusiastiche da parte dello stesso ministro Gasparri.

 

È proprio da noi che gli orientamenti messi a punto possono avere gli effetti più dannosi, aggravando ancora la patologia duopolistica della raccolta pubblicitaria.

Ad una prima lettura del ponderoso documento, si ha l’impressione che esso vada molto al di là di un equilibrato esercizio ermeneutico: avalla nuove forme di messaggio non contemplate tra le definizioni stabilite, forza in più punti gli articoli cruciali delle direttive vigenti, finisce per incentivare ulteriormente la presenza di pubblicità in televisione a scapito degli altri media, in barba alla tutela del pluralismo.

Alle telepromozioni ¿ delle quali non si fa parola nelle disposizioni comunitarie ¿ si permette di oltrepassare il tetto orario del 20% quando siano presentate ¿¿non nel quadro di spots ma nel quadro di una trasmissione¿¿: fin qui non si fa che riprendere il senso di una sentenza della Corte del 1996.

Per le trasmissioni quali le partite di calcio, l’art. 11.2 della direttiva prescrive che la pubblicità possa essere inserita ¿¿soltanto tra le parti autonome o tra gli intervalli¿¿.

 

Sembrerebbe illegittimo l’uso italiano, contestato del resto con tanto di procedura d’infrazione, di trasmettere spot a piacimento durante il gioco. Invece anche su questo tema si formulano sofisticate puntualizzazioni.

Perché possa considerasi intervallo, un¿interruzione deve essere effettiva. Un corner o la sostituzione di un giocatore non fermano il gioco e quindi non aprono spazi validi: solo una pausa cronologicamente rilevante e computato ammette pubblicità.

 

Gli aggressivi minispot che prorompono in quantità nei momenti più impensati di una tappa del Giro o di un furioso contropiede costituiscono ¿ si sottolinea ¿ un¿eccezione e non sono accettabili se contrastano con il principio generale che specifica (art. 10.1 della direttiva) come le inserzioni pubblicitarie ¿devono essere chiaramente riconoscibili come tali ed essere nettamente distinte dal resto della programmazione¿.

 

Come possa ritenersi distinto e separato dal resto un logo che si sovrappone all’immagine di un evento è incomprensibile.

Ed ancor più incomprensibile è come si possa approvare lo split-screen, cioè la divisione dello schermo tra immagine del programma guida e messaggio pubblicitario, sulla falsariga di quello che già avviene per il Grande Fratello. Come si può ammettere che in casi del genere non risultino ¿pregiudicati il valore e l’integrità dell’opera¿?

Al paragrafo 49 dell’ingegnosa comunicazione si precisa che è necessaria l’autorizzazione degli aventi diritto perché una produzione possa essere sottoposta ad un tale massacro e comunque non si può fare a pezzi lo schermo se si arreca danno all’¿integrità dell’opera audiovisiva¿.

 

Non sarà difficile concludere ¿ c’è da augurarsi ¿ che, almeno il film cinematografico, sarebbe inevitabilmente danneggiato se si spezzasse l’unità dell’immagine: uno spiraglio su questo punto si  è aperto ed ha attenuato la disinvoltura dell’impostazione iniziale.

La Commissione, accogliendo l’invito del Consiglio, ha preferito accordare priorità ad un discutibile e lassista definizione dei problemi che più stanno a cuore ai mercanti dell’informazione, invece che presentare una proposta organica di aggiornamento delle norme in vigore, com¿era suo dovere.

È una scelta miope e parziale.

 

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