Italia
di Enzo Mazza
Direttore generale
FIMI – Federazione dell”Industria Musicale Italiana
Il Dl Urbani ha suscitato forti reazioni e anche episodi singolari che sicuramente non fanno onore al Parlamento, dove prima le forze politiche votano un testo facendosi anche reciprocamente i complimenti, e poi ne negano la paternità, oppure, peggio ancora, ne annunciano subito una revisione tramite un nuovo strumento legislativo. Tutto questo dopo che solo un anno fa, lo stesso Parlamento, recependo la Direttiva europea sul copyright e la Direttiva europea sul commercio elettronico aveva già disciplinato buona parte dei comportamenti illeciti (o leciti) legati alla messa a disposizione del pubblico di opere protette.
In tale contesto, ovvero il recepimento delle normative europee, che peraltro adeguano l”ordinamento europeo ai trattati WIPO in materia di società dell”informazione, già recepiti in USA con il DMCA, era stata chiarita la portata della cosiddetta eccezione di copia privata, ovvero limitati solo uso esclusivo e personale, ecc. Niente copia personale da internet come invece si è sentito dibattere in questi giorni con frasi a sproposito anche su un presunto diritto di accesso alla cultura o sul patrimonio universale di conoscenza che è rappresentato dalla rete.
Nessuno vuole mettere in dubbio l”importanza della rete internet o delle nuove tecnologie (che peraltro vedono oggi l”industria discografica in prima fila nell”offerta online), ma ciò non può significare l”esproprio di diritti altrui. Vi sono gruppi musicali o artisti che hanno già scelto di fornire liberamente le proprie opere anche su sistemi p2p ma non si capisce perché coloro che ritengono di non dover autorizzare la distribuzione gratuita dei propri brani tramite le reti di file-sharing debbano “subire” la diffusione illegale delle proprie opere.
Quale incentivo ci sarebbe alla creatività per artisti o etichette discografiche se automaticamente, non appena immessi in commercio, i brani musicali fossero offerti allo stresso tempo gratuitamente da migliaia di persone e ciò fosse considerato come una semplice copia personale ? E come potrebbe decollare un”offerta legittima online tipo Itunes, o altri, se allo stesso tempo tutti i brani offerti dalle piattaforme legali fossero condivisi liberamente da chiunque. E” questo il diritto di accesso ? Non mi sembra che si possa costruire un”offerta legale in un contesto così.
Oggi peraltro l”offerta legale su piattaforme online vede in gioco nuovi soggetti, anche in Italia. Buongiorno Vitaminic, Tiscali, Messaggerie Musicali, la stessa RAI e altri che si stanno attrezzando, stanno rendendo disponibili migliaia di titoli. Per garantire non solo la tutela dei diritti ma anche lo sviluppo di un”offerta di musica più vicina alle esigenze dei consumatori è assolutamente necessario che dall”altra parte si combatta con efficacia l”offerta illegale.
Anche nell”ipotesi di favorire lo sviluppo dei nuovi sistemi di condivisione va chiarito un punto cruciale. Non è possibile condividere opere riprodotte senza l”autorizzazione del titolare dei diritti. Non esiste un”eccezione di copia privata per il file-sharing o il download dalla rete. Lo stabilisce la stessa direttiva EU sul copyright e la legge italiana in vigore anche prima del decreto Urbani. Lo confermano anche organizzazioni che non sono tenere con l”industria dei contenuti come newglobal.it.
Detto questo si deve riflettere molto attentamente sul processo che ha portato alla genesi del DL Urbani e ai successivi passi che lo stesso Ministro ha annunciato nel corso del dibattito al Senato. Molti hanno convenuto sul fatto che la sostituzione dello scopo di lucro con l”allocuzione “per trarne profitto” abbia aperto il varco ad una criminalizzazione di massa, soprattutto di ragazzini che scaricano un file musicale o una suoneria illegale. Ma se leggiamo con maggiore attenzione il nuovo testo integrato dal nuovo DL notiamo che, come è chiaramente indicato alla prima riga dell”art. 171 ter attualmente in vigore (e non modificato dal DL) le condotte punite ai commi successivi sono quelle commesse “per uso non personale” e quindi l”introduzione del profitto (che peraltro coordina la norma con quanto già previsto al 171bis, ovvero la norma di tutela penale per il software, dove con la legge 248/2000 fu modificato il ” lucro” il “profitto”) colpisce in ogni caso solo le condotte che vanno oltre il semplice uso personale.
Non si capisce da questo punto di vista perché tale norma, se andava bene per la tutela del software, non debba oggi andare bene per la tutela della altre opere dell”ingegno. O si ritorna allo scopo di lucro anche per l”art.171 bis oppure di allineano entrambi sul “profitto”.
Peraltro anche il recente Codice in materia di protezione dei dati personali, consolidato con la legge 26 febbraio 2004, n. 45 di conversione con modifiche dell”art. 3 del d.l. 24 dicembre 2003, n. 354 ha stabilito all”art.167, relativo al trattamento illecito di dati che sia sufficienete il “fine di profitto” come soglia per la punibilità penale.
Ritengo che la cosa peggiore possa essere ora quella di rimettere mano alla norma appena approvata con il rischio di generare ulteriori pasticci. Presto l”Italia dovrà recepire la Direttiva Enforcement e vi sarà allora il tempo eventualmente per modificare nuovamente la legge 633 sul diritto d´autore.
Gli altri due problemi evidenziati da molti, ovvero l”idoneo avviso (il bollino virtuale) e le nuove norme sul compenso per copie privata potranno invece essere subito oggetto di verifica perché già la norma stabilisce un intervento regolamentare da parte con un DPCM da emanarsi, sentite le parti, e non solo SIAE. L”inidoneo avviso ritengo che sarà seppellito prontamente vista l”inapplicabilità nella pratica.
Ritornando, per concludere, al dibattito parlamentare e alla necessità, da molti richiamata, di disporre di una posizione comune tra tutti i soggetti in gioco mi sorprende il fatto che la Commissione Cultura alla Camera abbia ignorato la posizione comune presentata da Confindustria e che era stata già oggetto di un largo compromesso tra i soggetti coinvolti, quali titolari di diritto e industrie di IT, proprio in sede confindustriale (anche se poi qualcuno ha giocato su più tavoli mi sembra di intuire). Tale posizione comune era molto più soft sul fronte delle sanzioni, con una gradualità rispetto ai comportamenti illeciti, non introduceva nuovi compensi di copia privata o inutili “avvisi” e stabiliva un meccanismo di notice & take down per la rimozione di opere illecite dalla rete negoziati tra tutti i soggetti coinvolti e che non aggravava il ruolo degli ISP. Perché si è lasciata cadere tale proposta ?
Un ultimo spunto per il Ministro Urbani. Ci sarà finalmente tempo per mettere mano alla famosa “legge musica” per rilanciare il settore ? Abbiamo capito che il cinema era un”urgenza ma vogliamo aspettare che l”industria discografica fallisca del tutto ? Oltre il 50 % della musica venduta in Italia è costituita da artisti italiani. Vi sono ottime prospettive anche per l”export, la creatività italiana sul fronte musicale è tra le più apprezzate in tanti segmenti di mercato, non è ora di dare un serio impulso al settore?
Decreto legge recante interventi urgenti in materia di beni ed attività culturali
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