Italia
di Leonardo Chiariglione
Digital Media Strategist
Dopo decenni di investimenti nella Ricerca & Sviluppo, le tecnologie oggi sul mercato permettono nuove potenti forme di creazione, gestione, distribuzione e fruizione delle opere intellettuali, che sarebbero sembrate impensabili appena pochi anni fa.
Proprio ora dovremmo essere impegnati in discussioni su una strategia evoluzionistica per eliminare gradualmente il vecchio e sostituirlo col nuovo migliore, tale è la discontinuità creata col passato.
È invece in corso un dibattito alquanto strano che non sta avendo luogo sui giornali o sui media in generale, ma nelle aule giudiziarie.
Le nuove tecnologie digitali offrono un brillante futuro ma una considerevole parte della società non lo vuole, almeno non come è ora.
Comunicare i propri pensieri agli altri, è sempre stata un¿importante funzione degli uomini. Quando differenti tecnologie fanno sì che sia possibile estendere la portata di un messaggio oltre il raggio immediato degli astanti, orde di intermediari arrivano a fornire prodotti e servizi atti a soddisfare l¿infinita domanda da parte di coloro che vogliono che far conoscere i loro messaggi ad altri che sembrano averne una sete insaziabile.
Fino a ieri, la scarsità dei mezzi di distribuzione ha fatto prosperare gli intermediari.
Non è più così. Non solo la gente ora può fare molte più cose in modo molto più soddisfacente di come era abituata, ma le tecnologie digitali hanno convertito la scarsità in abbondanza. Come risultato, siamo confrontati a diversi problemi.
Analizziamone due.
Il primo è relativo al fatto è che le catene di valore che abbiamo creato negli ultimi 5 secoli ¿ e che coinvolgono migliaia di compagnie con milioni di dipendenti in tutto il mondo ¿ non rappresentano più la giusta forma organizzativa per compiere il lavoro per cui erano state create.
E le centinaia di milioni di consumatori che solevano fare affidamento su quelle catene di valore hanno ora provato nuovi modi di fruire i contenuti e non hanno intenzione di tornare indietro.
Il secondo problema è il fatto che, non importa quanto inadatte siano queste catene rispetto al nuovo ambiente, le leggi approvate per regolare il business ancora sussistono.
Alla gente piace cercare e trovare le cose sul web, ma se si scaricano e si consumano dei contenuti senza remunerare i proprietari del copyright, allora si abusa di quelle opere create e rese disponibili proprio per la soddisfazione degli utenti.
La difficoltà oggi è che, se anche un utente vuole pagare il detentore dei diritti d¿autore, non c¿è alcun modo per farlo.
È vero, si possono ¿comprare¿ musica e video on line, ma le condizioni d¿uso (incluso il prezzo, ma non solo) non equivalgono a quello che può offrire il contenuto liberamente disponibile.
Alcuni contenuti possono essere utilizzati soltanto sul Pc, altri su dispositivi diversi, ma solo su alcuni tipi. E, comunque, dimenticatevi di poterli condividere.
Nessuna sorpresa che a queste condizioni il volume di utilizzo ¿leggittimo¿ dei contenuti è statisticamente irrilevante.
Allo stesso tempo, le compagnie di media stanno attivamente facendo pressione sui parlamenti dei diversi Paesi perché vengano approvate leggi che puniscano le azioni compiute ogni giorno da milioni di persone che vogliono reperire e usare i loro contenuti preferiti nel modo che più gli aggrada.
Mentre questo è giustificato dall¿esistenza di casi di enorme violazione dei diritti di autore, non bisogna dimenticare che queste azioni, ormai entrate nelle abitudini di milioni di persone, sono vietate senza che al contempo ci sia una valida alternativa legale a sostituirle.
Meno di un anno fa, queste considerazioni erano alla base di un¿iniziativa chiamata ¿Digital Media Manifesto¿ (DMM), lanciata con l¿obiettivo di infrangere ¿l¿impasse dei media digitali¿ descritta sopra.
In meno di tre mesi, un gruppo di esperti di tutto il mondo ha steso e pubblicato il Manifesto, usando l¿eMail e il WWW.
Una prima conclusione è stata l¿identificazione del Digital Rights Management (DRM) come la tecnologia che permetterebbe di portare avanti i metodi tradizionali per incentivare la creazione e la distribuzione dei contenuti, nonché di trovare nuovi metodi di fruizione.
La ricezione del DRM, tuttavia, non è incondizionata. Per preservare il più possibile i benefici degli attuali media digitali, il DRM dovrebbe infatti essere interoperabile.
L¿interoperabilità del DMM riguarda principalmente due aspetti, la piattaforma e i dispositivi end-user.
Queste parole hanno bisogno però di una definizione.
DRM: un sistema di componenti e servizi IT affiancato da leggi, politiche e modelli di business ad hoc, che si sforzino di distribuire e controllare la proprietà intellettuale e i suoi diritti (NIST).
Piattaforma DRM: una struttura che permette la gestione dei diritti degli utenti e la protezione dei contenuti, dietro una varietà di modelli di business per l¿uso dei contenuti.
Piattaforma Interoperabile DRM (IDP): una piattaforma che espone le interfacce con specifiche conosciute, a cui l¿utente di una catena di valore può tecnicamente accedere e usare.
Dispositivo end-user interoperabile (IED): un dispositivo che espone le interfacce con specifiche conosciute così che il dispositivo può essere connesso alla piattaforma DRM.
Le ultime due definizioni implicano che i protagonisti della catena di valore e gli utenti finali abbiano le capacità tecniche per accedere alle risorse della piattaforma, essendo sottinteso che gli attuali accessi richiederanno accordi di business con corrispondenti aggiustamenti.
Sono state identificate altre questioni di natura strategica, in particolare:
Il rilevamento dei diritti e delle procedure tradizionali nello spazio digitale (TRU)
L¿eliminazione graduale dei retaggi analogici (PAL)
Il dispiegamento di accessi a banda larga (DBA)
Il miglioramento dello sviluppo e dell¿accesso agli standard (DAS)
Un¿altra raccomandazione è stata la creazione di un¿organizzazione ¿ chiamata
Digital Media Project (DMP) ¿ con lo scopo di attuare il piano d¿azione DMM.
Il DMP è stato istituito a Ginevra nel dicembre 2003 come organizzazione non-profit. (www.digital-media-project.org).
La missione del DMP è di ¿promuovere lo sviluppo, il dispiegamento e l¿uso dei Media Digitali in modo da rispettare il diritto degli autori e dei detentori del copyright di sfruttare le loro opere, il desiderio degli utenti finali di godere pienamente dei benefici dei Media Digitali e gli interessi dei diversi protagonisti della catena di valore nella fornitura di prodotti e servizi¿.
Attualmente, raggiungere gli obiettivi tecnici non è tecnicamente difficile, dal momento che la tecnologia è largamente disponibile.
Tuttavia, la progettazione di IDP e IED non è solo una questione tecnica. La cosa importante è quindi fissare i parametri.
Il DMP sta attualmente ricavandoli da tre fonti:
Traditional Rights and Usages (TRU), definiti come le pratiche tradizionalmente esercitate dagli utenti.
Digital Enabled Usages (DEU), definiti come le pratiche, possibili e non, considerate nell¿ambito analogico.
Digital Media Business Models (DMBM), definiti come un set di TRU e DEU uniti per raggiungere un obiettivo.
L¿eventuale uso delle specifiche DMP deve confrontarsi al fatto che ogni Paese è solito stabilire le proprie policy relative all¿accesso e all¿uso dei media, poiché queste sono largamente influenzate dalla storia.
Perciò il DMP intende produrre un documento ¿ chiamato Recommended Action ¿ che descrive il processo di conversione dei TRU in obblighi tecnicamente sfruttabili. Questo dovrebbe facilitare l¿adattamento delle piattaforme e dei dispositivi agli ambienti che regoleranno il loro uso in giurisdizioni specifiche.
Lo stesso tipo di documenti sarà prodotto anche per le altre 3 questioni di strategia.
Il DMP svilupperà Pratiche Raccomandate per la Conformità End-to-End (EEC) a cui i protagonisti della catena di valore potranno fare riferimento nei loro accordi di business da eseguire sui dispositivi e le piattaforme interoperabili.
Il piano di lavoro del DMP prevede la pubblicazione di una specifica per ¿dispositivi audio e video portatili¿ nell¿aprile del 2005, per IDP e IED nell¿ottobre 2005 e per EEC nel luglio 2006.