Italia
di Raffaele Barberio
In queste ore sta prendendo corpo nel nostro Paese una impostura, una grande impostura, forse senza precedenti, con gravi conseguenze istituzionali, industriali, sociali e culturali.
Key4biz.it può oggi anticipare gli esiti dell¿iter del Dl Urbani al Senato.
Non è frutto di chiaroveggenza, ma semplicemente la consistenza e l¿autorevolezza delle voci che da qualche ora girano sull¿argomento.
Le abbiamo raccolte.
Dietro una facciata di apparente apertura e disponibilità da parte della Commissione Cultura del Senato al confronto con gli attori della filiera, che addirittura dovrebbero essere invitati nei prossimi giorni ad audizioni-farsa, i giochi sono già fatti.
Al Senato il Dl Urbani andrà in aula protetto da una particolare blindatura che renderà impossibile qualsivoglia azione di modifica.
Si può perciò ragionevolmente anticipare che il testo di legge definitivo sarà quello approvato alla Camera qualche giorno fa ed anticipato da Key4biz.it.
In tal caso verrebbero ribadite anche le sanzioni approvate alla Camera per l¿uso personale, ovvero reclusione sino a4 anni e multe sino a 15.437 euro.
L¿Italia deciderebbe così di trasformarsi in un Califfato dove le leggi verrebbero fatte in palese controtendenza rispetto al resto d¿Europa e dei Paesi che ci sono più vicini (Stati Uniti compresi). Gli altri Paesi non si sono ancora posti questi problemi sullo sviluppo di internet.
Alle origini di tutto ciò un decreto legge nato male, violentemente imposto con procedure di decretazione che non avevano e non hanno ancor oggi alcuna giustificazione. Modificato alla Camera, prima in Commissione cultura poi in Aula, con azioni migliorative nate da un ruolo attivo del relatore Gabriella Carlucci e da uno spirito bipartisan dei parlamentari tutti (o quasi). Passato al Senato con l¿impegno, di tutti (o quasi), di voler ulteriormente migliorarne il testo e la volontà di trovare un punto di mediazione tra tutti i legittimi interessi manifestati.
Nulla di tutto ciò.
Un altro aspetto inquietante riguarda l¿atteggiamento della stampa, in primis le grandi testate nazionali, che su un tema così scottante hanno deciso di non spendere una sola riga.
Perché?
Allora resta da vedere cosa fare.
Se l¿Italia vuole restare in linea con gli sviluppi della larga banda. Se l¿Italia vuole continuare la marcia verso lo sviluppo della società dell¿informazione, allora vanno promosse azioni che siano capaci di invertire il corso degli eventi. Che impediscano che l¿impostura sia consumata sino in fondo. Che guardino con rispetto alle esigenze di sviluppo industriale, economico e sociale, piuttosto che ai piccoli interessi di bottega di una minuscola lobby di settore.
In questo senso forse l¿unica (o la più affidabile) opportunità appare essere quella di rivolgersi all¿Europa, di guardare ad un sistema di regole soprannazionali che impone armonizzazioni a tutti gli membri.
Ma per far ciò è necessario che qualcuno se ne faccia carico a Bruxelles.
La Commissione europea ha già inviato una pesante lettera sul decreto Urbani all¿indirizzo del governo italiano. Perché tale procedura cammini speditamente o corra è necessario che qualcuno se ne faccia carico, che i partiti con rappresentanza a Strasburgo chiedano ai propri eletti di bussare costantemente agli uffici di Bruxelles perché la procedura non si fermi, perché lo chiedono i cittadini e consumatori italiani, perché lo chiedono le imprese di innovazione, perché lo chiede il buon senso di chiunque voglia rimanere in Europa e non essere relegato ad una periferica bidonville istituzionale.
Non ci pare di intravedere altre strade.
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