Italia
In una situazione alquanto particolare come quella attuale, parlare di guerra crea sconcerto e solleva sentimenti contrastanti, che possono andare dall¿interrogarsi sulle ragioni di una simile scelta, a quelle un po¿ più profonde del come può essere vivere in un una condizione simile.
Quello che immediatamente si pensa, per chi fa il mestiere di scrivere, è il valore della verità, quando di verità diventa difficile parlare, quando le motivazioni che stanno dietro un conflitto, si ingarbugliano a tal punto che è davvero problematico trovare il bandolo della matassa.
Giancarlo Bocchi ha deciso di trattare il tema in un film, che uscirà nelle principali sale italiane il 7 maggio.
Nema Problema – La verità è la prima vittima della guerra, è questo il titolo di un film che sicuramente farà riflettere.
Diretto e prodotto da Bocchi, al film partecipano Zan Marolt, Labina Mitevska, Vincent Riotta, Fabrizio Rongione.
Il film è stato realizzato con la partecipazione di TelePiu¿, poi Sky Italia, con il supporto della Direzione Generale per il Cinema. La distribuzione sarà invece curata dall¿Istituto Luce.
Il regista Bocchi, definisce Nema Problema un viaggio, ¿una corsa nel tempo non per fuggire, per cercare¿.
¿E¿ già accaduto ¿ dice Bocchi – da Spalato a Sarajevo, da Khujand a Duschanbe, da Kerki a Mazar e Sharif, da Pristina a Jakova¿.
E la domanda per il regista è spontanea, ¿In questi mondi senza pace¿ qual¿è la verità? Esiste forse il diritto alla verità ?¿.
Per poi arrivare a dire che: Se la propaganda, dalla disinformazione alla falsificazione sono elementi presenti di ogni guerra, qui non si possono scindere dalle comuni necessità della sopravvivenza, nel vedere solo quello che si vuole vedere, per rinchiudersi in un privato dominato ¿dalla finzione appassionata¿.
Bocchi entra poi nel particolare per spiegare che ogni volta che tornava da un Paese in guerra, si sforzava di spiegare come le storie, le testimonianze, le esperienze raccolte ¿non erano fuori dal mondo, ma erano tutte del nostro mondo¿.
¿Vedevo incredulità in quelli che non potendo più rispondere ¿non sappiamo..¿ sostenevano con forza ¿è colpa loro¿.
Bocchi arriva a usare molto forti: ¿un¿irrealtà, bugiarda e consolatoria ci ha resi inconsapevoli complici. Cecchini della visione¿.
Il regista spiega che ¿Vedere la verità costruita dalla disinformazione¿Vedere una verità mai condivisa, storica, filosofica, ma semmai ¿rivelata¿, è stato la prima intuizione per iniziare a lavorare a questo film¿.
E Bocchi racconta di quando il soldato dell¿Armjia Bosnia che lo accompagnava, ha preso la via più breve per scendere in città, quella esposta al fuoco degli assedianti.
¿Siamo diventati amici fraterni dopo tanti giorni passati insieme in trincea¿.
Il regista racconta che mentre era intento a riprendere con la telecamera la montagna di Zuc, un urlo lo blocca.
Il soldato sbraita a Bocchi di stargli accanto, di non allontanarsi. Forse teme che ci sia un cecchino. In quel prato, in discesa senza alberi o ripari, è impossibile proteggersi dai cecchini.
¿Mi chiedo ¿ pensa il regista – ho inquadrato qualcosa di segreto?¿Ma è impossibile¿.
Il soldato gli risponde quasi seccato: ¿ se mi stai vicino non ti sparano¿¿.
E¿ quest¿ episodio il primo fotogramma di Nema problema .
¿Per giorni ho ripensato all¿ accaduto senza venirne a capo. Due mesi dopo ho scoperto cos¿era successo¿ Come ha detto un grande scrittore russo ¿la verità è talvolta inverosimile¿. Ma c¿è anche un¿ altra verità: il privilegio che avevo di poter andare e tornare, mi dava il diritto, seppur con qualche fatica e rischio, di poter scoprire la verità¿ Gli altri cittadini di Sarajevo, questo diritto non lo avevano¿.
Il regista definisce ¿impresa ardua¿, l¿aver descritto queste sensazioni che fanno rabbrividire, ¿questa complessità mimetizzata da un¿apparente semplicità¿.
Anche per questo, sono state innumerevoli le versioni della sceneggiatura.
Con Arturo Curà e Luigi Riva ¿ gli sceneggiatori ¿ il regista ha cercato una drammaturgia più scarna e asciutta possibile, lontana da ogni cedimento spettacolaristico e da ogni concessione al ¿genere¿, al ¿grottesco¿ e soprattutto al ¿d¿apres¿.
L¿intenzione è quella di non realizzare un ¿film di guerra¿ e tantomeno il ¿solito¿ film sulle guerre balcaniche. ¿Volevamo fare un film dentro la guerra¿.
Per quanto riguarda la trama del film, il protagonista Lorenzi, un inviato di guerra, si avventura con Aldo Puhar, un traduttore locale, in un territorio conteso tra diverse fazioni in guerra per scoprire l¿identità del ¿Comandante Jako¿, ritenuto l¿ autore della sparizione di un intero convoglio di profughi.
Per necessità si aggregano due giovani, Maxime, inesperto giornalista pieno di ideali, e Sanja, ragazza del posto alla disperata ricerca dei parenti dispersi.
Lorenzi, non riuscendo a raggiungere il suo scopo, pur di conservare immutata la sua fama d¿ inviato si inventa storie e notizie, facendo indignare Maxime, al quale Sanja confiderà le sue verità celate. I quattro, riescono fortunosamente ad entrare a Vaku, una città assediata.
Malgrado i pericoli e le vicissitudini vissute insieme, i quattro sono ormai irrimediabilmente divisi da incomprensioni e sospetti. Maxime scoprirà che le verità di Sanja non sono tali e gli hanno dato una fama immeritata ed effimera e Lorenzi, ormai vicino al suo obiettivo, il ¿Comandante Jako¿, rimarrà vittima delle sue stesse manipolazioni della verità.
Il film è senza eroi o vincitori, conclude Bocchi, una lunga sequenza di piccole verità e di grandi bugie che i protagonisti (i due ¿inviati¿, un pericoloso finto traduttore, una ragazza sbandata) conducono, sballottati qua e là da avvenimenti oscuri e tragici, rimanendo in perpetuo equilibrio precario tra ciò che è vero e ciò che è falso.
¿La verità è la prima vittima della guerra¿¿ hanno scritto . E¿ vero. Se non si ha il coraggio di cercarla fuori e dentro di noi.
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