Italia
di Paolo Nuti
Associazione Italiana Internet Providers (AIIP)
Tali criticità sono anzi sostanzialmente cresciute. E anche per gli utenti le cose sono assai meno rosee di quanto non lascino intendere dichiarazioni anche autorevoli.
La prospettiva degli ISP
Gli ISP avevano chiesto che le ordinanze di take-down fossero indirizzate ai soli fornitori di servizi di hosting escludendo quelli di accesso.
Per tutta risposta verrebbe ora cancellata ogni differenziazione di ruoli.
Dalla padella, nella brace.
E¿ viceversa indispensabile che il legislatore abbia presente la differenza tra utente e cliente e tra fornitore di servizi (p.e. di hosting) e fornitore di accesso. Se una ordinanza tesa ad impedire l¿accesso a contenuti protetti illegalmente distribuiti da un utente venisse diretta ad un ¿prestatore di servizi della società dell¿informazione¿ che opera come fornitore di servizi di accesso, la mancata differenziazione comporterebbe l¿interruzione del servizio di accesso ad internet a tutti gli utenti serviti dal cliente dell¿ ISP. Per esempio, tutti i posti di lavoro di una azienda servita tramite un unico indirizzo pubblico, tutti i clienti di hosting di un cliente di accesso o di housing, tutti i componenti di un intero nucleo familiare, etc.
Il coinvolgimento nell¿interruzione del servizio di terzi non responsabili dei comportamenti che si vogliono sanzionare, comporta evidenti danni , rischi di contenzioso con la clientela e rappresenta una violazione della ¿libertà ¿ di ogni ¿ forma di comunicazione¿ espressamente prevista dall¿articolo 15 della Costituzione. Nel caso di clienti di housing che a loro volta operano come fornitori di hosting è altresì evidente la spinta a spostarsi su fornitori non italiani.
Nel testo dell¿emendamento, resterebbe poi in vita la possibilità che le ordinanze di cui sopra possano essere emesse non solo dal magistrato, ma anche dal ¿Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell¿interno¿.
Ancora una volta in deroga all¿articolo 15 della Costituzione.
In aggiunta, il nuovo testo estenderebbe ora le sanzioni previste dall¿articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni (¿¿reclusione da sei mesi a tre anni e multa da cinque a trenta milioni di lire¿¿) a chiunque ¿¿in violazione dell¿articolo 16, a fini di lucro, diffonde al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un¿opera dell¿ingegno protetta dal diritto d¿autore, o parte di essa¿¿.
Purtroppo, l¿articolo 16 delle L. 633/41 utilizza il termine diffusione per indicare l¿attività di trasmissione svolta, tra l¿altro, attraverso una rete di telecomunicazioni, mentre l¿operato del soggetto che decide di mettere a disposizione del pubblico un¿opera protetta dal diritto di autore è definito ¿comunicazione¿.
L¿uso del termine ¿diffonde¿ estende quindi l¿applicabilità della norma proprio agli operatori di rete.
Nonostante tutto questo fosse stato ben evidenziato nel corso delle audizioni informali, il nuovo articolato continua ad utilizzare il termine ¿diffonde¿, in luogo di ¿comunica¿ assegnando così una specifica responsabilità al provider, per il contenuto ¿diffuso¿ attraverso la sua rete benché immesso, ovverosia comunicato al pubblico, da un suo utente.
Poiché nel fornire ¿a fine di lucro¿ un servizio di accesso, il provider immette ¿in sistema di reti telematiche¿ anche i contenuti protetti che l¿utente eventualmente immette nella rete del provider, dobbiamo di conseguenza ritenere che il legislatore intenda mantenere in vita quella insostenibile ¿responsabilità penale oggettiva del provider¿ che avevamo espressamente chiesto di escludere, non fossaltro in quanto, art. 27, incostituzionale.
Sempre secondo le indicazioni raccolte, nel nuovo testo è stata eliminata la (incostituzionale) previsione di un controllo della attività dei clienti, ma resta in vita l¿obbligo per i provider di informare, quando ne siano venuti a conoscenza, le autorità di pubblica sicurezza circa la presenza di contenuti lesivi del diritto di autore.
Il che, in buona sostanza, si traduce nell¿inviare alle autorità le sempre più numerose segnalazioni ricevute dalle associazioni di tutela delle opere.
Non si capisce perché quest¿onere di ¿segreteria¿ sia demandato ai provider, laddove potrebbe essere più celermente e quindi efficacemente svolto dai titolari dei diritti.
La prospettiva del cliente
Per concludere, ancorché non riguardi direttamente gli Internet Provider, giova sottolineare che la soddisfazione da più parti espressa per uno supposto alleggerimento delle sanzioni a carico degli utenti Internet che si dilettano nello scambiarsi via internet opere protette dal diritto di autore è fuori luogo.
Infatti, la ventilata soppressione del comma 2 dell¿art. 1 del DL 72/04 (che prevedeva una multa di 1.500 Euro, il sequestro del computer e la pubblicazione della sentenza su due quotidiani ed un periodico), lascia comunque in vita le sanzioni previste dalla legge 633/41 a carico di chi (articolo 171) ¿diffonde¿ in pubblico senza averne il diritto un¿opera protetta e di chi (articolo 174 ter) ¿abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo¿ tale opera.
L¿articolo 171 della Legge 633/41 e successive modificazioni punisce ¿¿con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo¿¿ quindi anche non a scopo di lucro ¿¿diffonda¿un¿opera altrui..¿ senza averne diritto.
Tale disposizione colpisce quindi anche chi diffonde (in ¿upstream¿) l¿opera a mezzo programmi di file-sharing.
L¿articolo 174ter, che il nuovo testo espressamente richiamerebbe, prevede per chiunque [non a fine di lucro] ¿¿abusivamente utilizza, anche ¿ via cavo.. opere o materiali protetti [dal diritto di autore] ¿ la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e ¿ le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale¿. Sanzioni che in caso di recidiva o ¿fatto grave per la quantità delle violazioni¿ sono aumentate ¿ sino ad euro 1032,00¿ e prevedono anche ¿la confisca degli strumenti e del materiale ¿ la pubblicazione del provvedimento su due o più giornali quotidiani a diffusione nazionale o su uno o più periodici specializzati nel settore dello spettacolo¿.
In sostanza, chi scambia frequentemente materiale protetto rischia una sanzione di 3.097 euro (2.065 per l¿upload più 1.032 per il download), la confisca del computer, e la pubblicazione della sentenza su due quotidiani nazionale ed una rivista specializzata.
Preso atto del ritorno ad una (modesta) gradualità delle sanzioni, appare quindi del tutto ingiustificata e pericolosamente distorta ogni dichiarazione inneggiante ad una supposta liberta di file-sharing che coinvolga anche opere protette.
Conclusioni
Secondo le anticipazioni raccolte, le obbligazioni in capo agli Internet Service Provider sono incongrue, insostenibili, incostituzionali.
Le sanzioni per gli utenti restano quelle, pesantissime, già oggi previste dalla 633/41.
In altre sedi, cominciano ad emergere dubbi sulla legittimità, nel contesto europeo, del provvedimento.
Tenuto conto che in sede di recepimento della nuova direttiva sulla proprietà intellettuale sarà indispensabile introdurre delle modificazioni alla 633/41 tese ad armonizzarla con il contesto europeo, sarebbe meglio emendare il provvedimento cancellando in toto l¿articolo 1.
Cosi come subito suggerito da AIIP.
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