Italia
di Luigi Prosperetti
Riportiamo di seguito la traccia dell¿intervento del Prof. Luigi Prosperetti al convegno ”La costruzione del mercato delle telecomunicazioni fisse e mobili: il bilancio dell”era Open Network Provision (ONP) e le prospettive del nuovo quadro regolamentare della UE”, organizzato dall¿Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Napoli 22-23 marzo 2004.
1. Nel dibattere il tema assegnato, occorre evitare tre pericoli principali:
scambiare i nostri desideri con la realtà, dimenticando in particolare gli economics del settore;
guardare solo all¿Italia, dimenticando l¿Europa e gli USA;
ignorare che il driver fondamentale del cambiamento nelle TLC ¿ la tecnologia ¿ non è andato in pensione, ma continua a girare a pieno ritmo;
2. Le economie di scala, le indivisibilità, ed in alcuni casi le barriere regolamentari, forniscono solidi motivi economici perché nelle telecomunicazioni prevalga (tranne che in alcuni segmenti) una grande dimensione produttiva, ed i mercati siano molto concentrati.
3. Infatti, anche in Paesi ove la liberalizzazione ha una storia antica, gli incumbent mantengono quote di mercato elevate, ed i mercati sono molto concentrati. Ad esempio, negli USA:
dopo 18 anni dal break up di AT&T (vedi scheda), quest¿ultima aveva ancora, nel 2001, il 37,4% del mercato long distance, nel quale le prime tre imprese detengono una quota cumulata del 70%;
le ILECs (ovvero le Baby Bells) avevano nel 2001 circa l¿85% degli accessi di rete fissa, ed il 95% delle chiamate terminate transitavano, almeno in parte, sulla rete degli incumbent. Com¿è noto, vi sono stati forti concentrazioni tra ILECs, che si sono ormai ridotte da otto a quattro (1).
4. Ma anche in Europa nel 2003, a cinque anni dalla full competition, la somma della quota di mercato dei primi cinque operatori di telefonia fissa era pari almeno al 90% in tutti i Paesi maggiori, ad eccezione della Gran Bretagna (ove però la liberalizzazione era cominciata molti anni prima). La quota di fatturato degli incumbent era ancora pari all¿81% nella telefonia locale, al 70% per la lunga distanza, al 62% per l¿internazionale. Le quote di Telecom Italia sono allineate a quelle degli altri incumbent: 77% nella telefonia locale, 69% per la lunga distanza, 64,5% per la telefonia internazionale (2).
5. Dobbiamo quindi accettare che, nella maggior parte dei casi, le forme di mercato prevalenti nelle telecomunicazioni saranno quelle che (giustamente) preoccupano la pubblic policy: monopolio, impresa dominante, oligopolio concentrato. Per analizzare in qualche dettaglio, bisogna però passare dal mercato ai mercati delle TLC, disaggregando opportunamente l¿analisi. Esaminiamo qualche esempio.
6. Alcune aree di monopolio sono inevitabili nell¿accesso residenziale, e saranno da regolare per sempre, a meno di rivolgimenti tecnologici (probabili: vedi sotto). La regolazione, come ben sappiamo, non è certamente facile, ed il nuovo quadro regolatorio presenta varie criticità: ma abbiamo molta esperienza nella regolazione dei monopoli, per evitare che essi sfruttino i consumatori o precludano l¿entrata.
7. In altre ancora (telefonia vocale su rete fissa) la forma di mercato teorica che meglio approssima la realtà è quella dell¿impresa dominante con la quale coesistono imprese “di frangia”, ma in molti altri casi il modello prevalente è con ogni probabilità quello dell¿oligopolio, spesso concentrato (Eli Noam parla di oligopolio naturale) (3).
8. Deve questo preoccuparci? Credo di sì, ma non nel senso di cercare di mutare a forza la struttura del mercato, quanto in quello di sollecitarci ad esercitare una vigile attenzione antitrust, ed a spianare la strada alle nuove tecnologie.
9. Gli oligopoli non sono infatti necessariamente un male. Certo quelli collusivi lo sono, ma sono illegali, e le Autorità antitrust hanno ormai una grande esperienza nel combatterli, anche con multe molto significative. Gli oligopolisti potranno dunque colludere, ma saranno, con ogni probabilità, puniti.
10. L¿oligopolio competitivo può senza dubbio raggiungere equilibri nei quali i prezzi siano molto superiori a quelli (teorici) che prevarrebbero in un mercato concorrenziale. Ma vari tipi di equilibrio sono possibili, ed in ogni caso la stabilità di questi equilibri è garantita nei libri di testo da tecnologie statiche e domande prevedibili, ovvero da condizioni assai poco frequenti nella realtà delle comunicazioni elettroniche. Non abbiamo dunque, nel caso degli oligopoli competitivi alcun rationale forte che possa giustificare forme di regolazione ex ante, o di condanna per se.
11. Ma naturalmente anche l¿intervento antitrust contro i comportamenti abusivi può essere validamente impiegato nei confronti degli oligopoli sui mercati delle telecomunicazioni, nei quali assai di frequente ricorrono le condizioni per la sussistenza di una ¿ dominanza congiunta¿.
12. Per questo trovo particolarmente errato (ad esempio) ricorrere ad espedienti difficili da giustificare economicamente quali quello di definire la terminazione su una singola rete come mercato rilevante (4), al solo fine di poter dire che un oligopolista è in realtà un monopolista, e va dunque urgentemente tariffato.
13. Parimenti, trovo di limitato interesse pratico l¿idea che occorra imporre una separazione strutturale obbligatoria della rete di accesso. Il dibattito sul tema credo abbia convinto i più che ai costi, certi, di una tale separazione si contrapporrebbero benefici certi per i concorrenti, ma assai incerti per la collettività.
14. Insomma, davanti alla public policy non ci sono allentanti scorciatoie, ma un¿attività onesta, poco eccitante forse, ma in pratica utilissima alla collettività, di regolazione e di intervento antitrust.
15. Il brivido, se ci sarà, verrà ancora una volta dalla tecnologia (ricordiamoci che il Telecommunications Act americano del 1996 non contiene la parola ¿Internet¿). Ci sono ¿ almeno ¿ due incognite affascinanti: a quando le offerte commerciali di servizi Voice over IP? (in USA sono partite su ampia scala). E quali gli effetti del WiMax sul monopolio dell¿accesso? Ma i tecnologi ne stanno cucinando certamente di nuove.
16. Uno dei compiti principali della policy sarà dunque di far sì che queste tecnologie vengano adottate rapidamente, e lasciate esplicare i loro effetti ¿ sperabilmente rivoluzionari ¿ sui mercati delle telecomunicazioni.
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1.: Dati tratti da R.Litan-R.Noll, The uncertain future of the telecommunicationsindustry, Brookings, 2003
2.: Si veda il nono Implemetation Report della Commissione Europea, novembre 2003.
3.: Restoring network dynamism, presentazione al seminario “Remedies for telecom recovery“, CITI, Ottobre 2003.
4.: Nel nuovo quadro regolatorio.