Italia
di Angelo Zaccone Teodosi
Presidente
IsICult – Istituto italiano per l”Industria Culturale
Il decreto legge Urbani (decreto legge 22 marzo 2004, n. 72, ¿Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo¿ (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 marzo) ha provocato una marea di contestazioni, provenienti da una pluralità di fronti, nel grande oceano della rete: pesci grandi e pesci piccoli, grossi gruppi di telecom e piccoli service provider, associazioni industriali e di consumatori¿
Le critiche sono arrivate dalla quasi totalità degli operatori del settore, e finanche dallo stesso Esecutivo, sebbene con la diplomazia che caratterizza queste ¿contraddizioni interne¿ della compagine governativa: senza ombra di dubbio, sia il Ministro Stanca sia il Ministro Gasparri hanno preso le distanze dall¿¿atto di forza¿ di Urbani.
In estrema sintesi, questi sono i punti-chiave di criticità (tralasciando questioni alte, come i profili di legittimità costituzionale ¿ a partire dalla violazione della privacy ¿ o ¿basse¿, come il senso di una multa di 1.500 euro per il ragazzino che magari scambia con un amico un file di dubbia provenienza¿):
il decreto legge ha avuto una gestazione troppo interna all¿Amministrazione, senza una adeguata consultazione dei molti ¿player¿ che hanno interessi rispetto alla delicata materia: d¿altronde, la situazione è stata ritenuta ¿emergenziale¿ sia dal Ministro Urbani sia dello stesso Presidente del Consiglio Berlusconi, che hanno voluto dare un segnale esplicito, forte, finanche duro, ma forse si sono lasciati prendere dal loro stesso entusiasmo;
il decreto presenta alcune contraddizioni, di sostanza e di forma (e, talvolta, in un testo normativo, i due livelli si intrecciano): per esempio, tende a confondere due figure che non sono necessariamente coincidenti, come il ¿fornitore di connettività¿ ed il ¿fornitore di servizi¿ (assegnando ad entrambi responsabilità che sono differenti) e sostanzialmente ignora il ¿fornitore di contenuti¿ (un problema in qualche modo simile, si registra nella Gasparri, che confonde i ¿fornitori di contenuto¿ con i ¿produttori di contenuto¿);
nel tentativo di ¿far bene¿, il decreto tende a strafare: va oltre quel che la direttiva europea in materia prevede (reprimere la pirateria commerciale-industriale, ma non criminalizzare un uso personale senza fini di lucro o di profitto), e finisce per provocare effetti-paradosso, anche a livello degli stessi processi di indagine e di repressione del fenomeno, correndo il rischio di far intasare le procure della Repubblica dell¿intero Paese e di paralizzare le forze dell¿ordine, distraendole da problematiche socialmente più prioritarie.
E¿ anche vero che il decreto legge non ha goduto di un buon supporto comunicazionale, e ciò ha contributo a stimolare anche criticità forse immeritate.
Va segnalato, però, che il Ministro Urbani non ha mostrato resistenza tetragona rispetto alle critiche, e, anzi, si è dichiarato disponibile ad effettuare le opportune corrigende.
Il ¿nucleo duro¿ del Ministero ¿ ovvero il Capo di Gabinetto Raffaele Squitieri, il Capo del Legislativo Mario Luigi Torsello, il suo Vice Salvatore Nastasi ¿ stanno studiando ed elaborando la documentazione che è stata prodotta da più soggetti (lo stesso Key4biz è una fonte ormai primaria), e seguiranno con grande attenzione l¿iter del provvedimento, che inizia il suo percorso in Commissione Cultura della Camera dei Deputati martedì prossimo 30 marzo.
Relatrice del provvedimento è Gabriella Carlucci, Responsabile Spettacolo di Forza Italia, che sta già effettuando – d”intesa con il Presidente della Commissione Ferdinando Adornato e con il suo collega Antonio Palmieri (Responsabile Innovazione Tecnologica di Fi)- una serie di audizioni informali con i maggiori ¿player¿ del sistema (dalla Siae all¿Aiip), e che cercherà di fare in modo che un provvedimento che ha avuto senza dubbio una gestazione troppo affrettata possa divenire uno strumento razionale (ed intelligente, e, soprattutto, realista) di prevenzione dei reati, ma non di repressione di uno sviluppo della rete che è ormai fondamentale per la stessa crescita socio-economica del nostro Paese.
D”altronde, proprio in questi giorni, vengono sbandierate dal Governo statistiche entusiasmanti sulla diffusione della “banda larga” in Italia (sia consentito nutrire dubbi sulle metodologie e sull”affidabilità di queste stime, ma la crescita – senza dubbio – c”è). Infine, stupisce che la Casa delle Libertà possa mostrare vocazioni così a rischio liberticida, e comunque proibizioniste: nessuno degli elettori italiani ha certamente dimenticato la promessa (elettorale) berlusconiana di uno sviluppo del sistema-Paese basato sulle”3 i” (inglese, internet, impresa). Ed iltitolo stessodel convegno promosso da Palmieri una settimana fa presso la Camera dei Deputati era univoco: “Più internet, più opportunità per tutti”.
Si segnala – per comprendere le dimensioni di massa del fenomeno – che esiste addirittura un sito (http://no-urbani.plugs.it) che raccoglie firme per una petizione per impedire che il decreto legge Urbani divenga definitivamente legge: secondo i promotori, al 25 marzo 2004, i firmatari sarebbero stati addirittura23.496 persone. Si legge sul sito stesso che “il decreto si riferisce solo alla condivisione dei Divx. Se questo provvedimento dovesse produrre effetti positivi nel mercato cinematografico sarà esteso anche alla musica”. E qui si apre un”altra contraddizione, delle varie del decreto Urbani: perché esso è limitato alla sola pirateria cinematografica? E la musica, che è il vero “core business” dei pirati telematici? Anche su questo, si ha ragione di credere che Urbani accoglierà la tesi di Carlucci, per un”estensione della norma (rivista e corretta) all”intero spettro delle opere dell”ingegno.
A questo punto, il superamento delle contraddizioni è indispensabile: che sviluppo della rete sia, e senza proibizionismi.
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