Italia
di Raffaele Barberio
Nei giorni scorsi abbiamo parlato a più riprese del temuto dl del ministro Urbani, lanciando un allarme nel timore che, con la sua approvazione, l¿Italia si allontanasse dall¿Europa.
Oggi quel timore è realtà.
Il Consiglio dei Ministri lo ha approvato oggi, 12 marzo.
Il ministro Urbani, come ricorderete, polemicamente non si presentò al Consiglio dei Ministri dello scorso venerdì 5 marzo e noi tirammo un sospiro di sollievo, nella speranza che ciò inducesse Urbani e il suo staff ad un ripensamento, ad una nuova considerazione della materia.
La internet generation vince in Europa, ma non Italia
Infatti, ironia della sorte, proprio qualche giorno dopo, il 9 marzo, a Strasburgo l¿europarlamento approvava a larga maggioranza la modifica alla proposta di Direttiva, così come era stata riconfigurata dopo un lungo processo di mediazione tra lo schieramento della Fourtou, relatrice del provvedimento e portatrice della linea dura e indiscriminatamente persecutoria nei confronti degli utenti della rete, ed il fronte in cui sono confluiti il popolo della rete, le associazioni degli utenti, gli ISP, gli operatori, tutti mobilitati dal timore fondato che misure indiscriminate avrebbero bloccato lo sviluppo della rete, la spinta propulsiva dell¿economia, il lento affermarsi della società dell¿informazione.
Key4biz.it e Puntoit hanno rappresentato sin dallo scorso autunno l¿importanza della posta in gioco all¿attenzione di tutti gli addetti ai lavori italiani, in linea con il grande dibattito in materia che si è svolto in tutta Europa, coinvolgendo istituzioni e rete, imprese e cittadini.
La proposta di Direttiva approvata qualche giorno fa a Strasburgo, che riguarda anche internet specifica, tra l¿altro, che, in materia di utilizzo delle opere, le misure di legge ¿¿dovrebbero tenere conto degli interessi dei terzi inclusi, segnatamente i consumatori ed i privati che agiscono in buona fede¿, una espressione un po¿ criptica che l¿ufficio stampa dell”Europarlamento ha tradotto chiarendo che ¿¿significa che gli atti commessi in buona fede dai consumatori – come lo scaricare musica da Internet ad uso personale – non saranno perseguibili¿.
L¿Italia si allontana dall¿Europa e criminalizza gli utenti internet
Ora il ministro Urbani, con l¿approvazione del suo decreto va ufficialmente in direzione opposta.
Così là dove Strasburgo intende perseguire chi lucra sulle opere, e quindi sulla pirateria, dando luogo ad una azione di sfruttamento commercial illecito, il ministro Urbani intende perseguire (con sanzioni da 1.500 €) anche i semplici consumatori, i cosiddetti utenti Peer-to-Peer che scaricano ad esempio musica per scopi personali.
Una misura ideata e portata a termine pensando esclusivamente al cinema.
Ma la soddisfazione espressa in conferenza stampa ha poi spinto il ministro ad anticipare che le misure potrebbero essere estese anche al settore musicale.
In questo caso, chiunque di noi rischierà di essere considerato come un malfattore per il solo fatto di aver duplicato una copia del Concerto di Colonia di Keith Jarrett (che è sul player nel nostro studio) alla moglie o al figlio che vuole ascoltarlo da solo (sul player in camera sua o nel soggiorno o in macchina).
Di cosa stiamo parlando?
Ora dobbiamo capire bene ciò di cui stiamo parlando.
Chi critica il Decreto Urbani non è a favore della pirateria.
La pirateria come industria sommersa dell¿illecito è una piaga che danneggia l¿industria, arreca un danno allo Stato perché sottrae un gettito fiscale di non poco conto, salda le proprie attività dappertutto con la criminalità organizzata.
Una piaga, che va combattuta con strumenti adeguati, innanzitutto di tipo normativo, come questo.Ne sanno qualcosa le forze dell¿ordine che hanno ormai organizzato unità specializzate in questo genere di indagini.
Questo è ciò che va fatto.
Va perseguito il crimine organizzato.
Altra cosa è l¿uso personale di materiale musicale o audiovisivo.
Avranno avuto ben chiaro ogni aspetto della questione in Europa e ci sarà una ragione se hanno deciso una linea di attacco contro lo sfruttamento commerciale illecito, decidendo di trascurare l¿uso personale.
Le istituzioni, il processo decisionale ed il metodo democratico
Decidere non è un atto d¿imperio.
E¿ una responsabilità che, nel caso di coloro che occupano ruoli pubblici o addirittura operano nelle istituzioni, deve essere fatto con la delicatezza ed il rispetto dei ruoli e dell¿interesse pubblico.
Riconosciamo nel ministro Urbani, persona colta e integra, e per questo ci lascia di stucco la procedura da lui adottata.
In Europa il processo decisionale è rafforzato dalla prassi ormai considerata ordinaria delle pubbliche consultazioni. L¿istituzione sente i pareri e le ragioni di tutti gli attori sociali o della cosiddetta filiera, come si usa dire con un termine sempre più brutto.
Tanto più quando le parti in causa coinvolgono industria e consumatori.
Naturalmente questo accade anche nei singoli Paesi.
Il britannico OfCom usa promuovere pubbliche consultazioni su quasi tutte le materie di sua competenza. E lo fa pubblicamente, raccogliendo anche i pareri via internet.
Ascoltare le ragioni di tutti non significa rinunciare alle proprie prerogative o, peggio, alle proprie responsabilità.
Significa avere elementi più pregnanti per decidere meglio.
In questi ed in altri casi, internet, la rete, viene usata come strumento insostituibile per comunicare in tempo reale i risultati delle consultazioni, ma anche per consentirne la divulgazione capillare e pubblica.
Una divulgazione a disposizione di tutti, in tutte le ore del giorno e comodamente a casa propria o nel proprio ufficio.
E la stessa rete viene usata per raccogliere le reazioni o i commenti.
Insomma aiuta a trovare piccoli errori, oppure a individuare superficialità di dettato o la mancanza di consultazione di un soggetto.
Ovvero permette di migliorare il processo decisionale che così diventa un processo dal basso, efficace ed efficiente.
In sostanza, esattamente quello che il Commissario Erkki Liikanen ha definito alla recente conferenza europea sull¿eDemocracy come una sorta di ¿¿azione di debugging per individuare i virus, per cosi dire, che ostacolano il processo democratico di definizione delle leggi¿¿.
In questo modo, chi dovrà decidere, potrà decidere meglio.
E il risultato è una legge più forte ed una democrazia più matura e consapevole.
Allora verrebbe voglia di chiedersi chi il ministro Urbani abbia deciso di sentire.
Ha sentito le associazioni dei produttori cinematografici? Bene.
E chi altri?
Vi è traccia di queste consultazioni?
Sono stati ascoltati i rappresentanti dell¿industria della rete, i consumatori e le loro associazioni?
E¿ possibile avere evidenza pubblica di tali consultazioni?
Come si fa nel resto d¿Europa?
Ma vorremmo chiedere al ministro anche un¿altra cosa.
E¿ proprio così sicuro che il suo decreto sia in linea con l¿Europa?
Ha sottoposto il testo del decreto ad un esame preventivo a Bruxelles?
Se non lo ha fatto, perché non lo ha fatto?
Abbiamo apprezzato la dichiarazione del ministro Gasparri, secondo cui ¿non si debba criminalizzare la rete, ma combattere l”illegalità¿.
E a proposito di Gasparri va sottolineato come il complesso Codice delle Comunicazioni approvato nella scorsa estate fu, non a caso, sottoposto ad un accurato esame preventivo a Bruxelles, proprio per avere la certezza che non si trovasse in contrasto con gli orientamenti ed i dispositivi europei.
Le dichiarazioni di Ciampi
Nell¿occasione del suo intervento alla chiusura della cerimonia di consegna dei Premi “Vittorio De Sica“, svoltasi al Quirinale, il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ha invitato l¿Ue a difendere dalla pirateria il cinema e le opere dell”ingegno in generale.
“Va combattuta la pirateria in tutte le sue forme (…) sottrae risorse economiche – ha detto Ciampi, sottolineando che – ¿gli interventi devono essere studiati a livello nazionale e ancor più a livello europeo”.
“La difesa della proprietà intellettuale è nell”interesse di tutti, perché dà valore economico alla cosa più preziosa, l”ingegno, che è alla base della nostra società libera“, ha aggiunto il capo dello Stato.
Strumentalizzare queste affermazioni per usarle in soccorso dell¿approvazione del decreto legge in questione appare francamente, non irrispettosa, semplicemente una piccola trovata strumentale dettata da esigenze di politica non proprio alta.
Aiutare il cinema?
Vogliamo scherzare? E chi ne dubita.
Tutti amiamo il cinema, per le emozioni che ci dà e per il modo con cui accompagna tutti o quasi i nostri sentimenti.
Una cosa alta e nobile.
Ma anche un¿industria.
Gli americani fanno da sempre magnifico cinema e ottimi risultati al botteghino.
In Europa ed in Italia, in particolare, il successo di pubblico è quasi una cosa che involgarisce, che riguarda solo le pellicole di cassetta, ad alta vocazione commerciale e a vocazione artistica nulla.
E così quando un film italiano si trasforma in un fiasco qualche volta ci sentiamo dire: certo era un bel film, elegante, colto, bello, un¿opera d¿arte non poteva avere successo.
Il risultato, in un contesto culturale del genere è agghiacciante: film artistici non graditi da nessuno, film pessimi amati da tutti.
Non può essere così.
Allora vorremmo chiedere perché, ministro Urbani, si continuano a finanziare con soldi pubblici, nell¿ordine di miliardi di vecchie lire, film che poi riescono a far staccare in tutto (attenzione: in tutta Italia) anche meno di cinquanta biglietti.
Una cosa è sostenere il cinema promuovendo la diffusione della cultura cinematografica, altra cosa è fare assistenza pubblica ad imprese cinematografiche che hanno dimostrato di non sapere stare sul mercato.
Quando un imprenditore è perdente nel suo mercato, è bene che cambi mestiere. Non può dire di maneggiare opere d¿arte che hanno bisogno di essere sostenute.
Qualche sera fa in una notturna di Porta a Porta, il ministro Urbani ad una domanda mal posta dalla giornalista (che ripeteva erratamente una affermazione di Dustin Hofman, a Sanremo, secondo il quale il cinema italiano ha poche risorse) ha risposto: ¿¿ Hofman ha proprio ragione, il cinema italiano ha bisogno di aiuti maggiori¿.
Peccato che Dustin Hofman avesse affermato esattamente il contrario, dicendo che ¿¿il cinema italiano è stato grande proprio quando aveva due lire, con i Rossellini e con il neorealismo¿¿.
In compenso il cinema italiano sta rinascendo, lanciando nuovi talenti e raccogliendo riconoscimenti di pubblico significativi.
Finalmente.
Intanto il decreto Urbani passa ora all¿esame delle Commissioni.
Ha 60 giorni di tempo per essere trasformato in legge.
Speriamo che in queste settimane prevalga la riflessione ed il buon senso, per arrivare a sostanziali modifiche, per allinearci all¿ Europa.
Quanto alla Direttiva europea, è ormai cosa fatta ed indica una precisa direzione.
I governi dei singoli Stati membri avranno due anni di tempo per la ratifica.
© 2004 Key4biz.it
Allegato:
Relazione sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure e alle procedure volte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (Relatrice Janelly FOURTOU, PPE/DE, F)
Per approfondimenti, consulta:
Archivio delle news sul Decreto Urbani, la Direttiva Europea e la Proprieta¿ intellettuale
Oggi a mezzogiorno tutta Europa osserverà tre minuti di silenzio per ricordare le vittime di Spagna e testimoniare la condanna di ogni terrorismo.
Anche Key4biz.it si fermerà per tre minuti.
L”Ict non è un”isola separata dal mondo.