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Importanti movimenti all¿interno della società pioniera del cinema digitale d”animazione in 3D, Pixar.
Dopo la rottura del contratto di partnership che legava il Gruppo di Steve Jobs, alla società Disney dal 1995, le indiscrezioni sul futuro di questo Gruppo sembrano proprio susseguirsi.
E se da casa Topolino, il Direttore generale aggiunto Bob Iger, ha fatto sapere che non c¿è nessuna intenzione di riprendere le discussione per un nuovo accordo di distribuzione, i rumors su altre possibili operazioni si stanno succedendo.
Venerdì scorso, le azioni Pixar guadagnavano oltre il 6% (+6,14%) a 69,85 dollari, sulla scia di voci secondo le quali Sony sarebbe interessata all”acquisto della società di animazione. L”offerta dovrebbe consistere in 75 dollari per ogni azione Pixar.
In realtà, all¿indomani della notizia della rottura dell¿accordo con Disney, si era già parlato della possibilità che altri operatori del mercato mediatico potessero avanzare la loro offerta.
¿Abbiamo ricevuto delle sollecitazioni almeno altri quattro grandi studios che si sono detti molto, molto interessati¿, aveva sottolineato Steve Jobs ai giornalisti immediatamente dopo la notizia dell”avvenuta separazione con la casa di Topolino.
E a parte Sony, pare che gli altri interessati a un”eventuale operazione di collaborazione siano Warner Bros, 20th Century Fox, e Universal.
Una torta che potrebbe diventare ancora più interessante se si realizzasse l”alleanza di cui si è già parlato nei giorni passati: un accordo con la Marvel Comics per la produzione, da parte di Pixar, di una serie di lungometraggi in computer grafica basati sui personaggi creati della Casa delle Idee (si parla di Fantastici Quattro, Capitan America, Sub Mariner).
¿Pixar avvierà le discussioni a marzo, con l¿unico obiettivo di concludere un nuovo accordo antro l¿autunno prossimo¿, aveva detto Jobs.
Pixar era nata come laboratorio per gli effetti speciali computerizzati all”interno della LucasFilms. Alla metà degli anni ottanta George Lucas, che aveva bisogno di soldi in seguito al divorzio, vendette il ramo d”azienda a Steve Jobsle. Dopo parecchi anni di sperimentazioni e il tentativo di trasformare Pixar in un”azienda produttrice di computer specializzati in computergrafica ci fu il primo accordo con Disney per la realizzazione di Toy Story.
Dopo l”uscita del film Pixar fu quotata in Borsa rendendo milionario Steve Jobs (sull”orlo del fallimento a causa del cattivo andamento della azienda di informatica, Next). In seguito Jobs avrebbe venduto Next alla Apple, al timone della quale avrebbe ritrovato il successo come imprenditore, pur restando anche proprietario di Pixar.
Pixar ha prodotto film di una certa rilevanza che nascono dall¿impiego degli strumenti tradizionali del cinema e dal ricorso a quelli nuovi che permette l¿informatica.
La società è stata nominata (ancora una volta) tra i cinque film d”animazione che sono in lizza per vincere l”Oscar del miglior film nella sua categoria, per Alla ricerca di Nemo.
Pixar aveva finora rilasciato i suoi migliori lungometraggi grazie ad un accordo di distribuzione con Disney, un accordo che ha portato così tanti soldi nelle casse del Gruppo di Topolino, che si è mormorato in diversi ambienti che sia stata l”unica ancora di salvezza del gigante, in pesante deficit per tutte le sue altre attività.
Intanto in casa Mickey Mouse, le cose si stanno muovendo. Dopo il rifiuto dell¿offerta da 66 miliardi di dollari da parte di Comcast altri movimenti riguardano l¿interno del Cda, dopo che ormai diversi consiglieri hanno lamentato la cattiva conduzione della società da parte del presidente Michael Eisner.
In prima linea in questa battaglia, si trovano gli ex consiglieri Stanley Gold e Roy Disney. Ma l¿attacco a testa bassa sferrato nei confronti di Eisner, rischia di trasformarsi in un pericoloso boomerang per il nipote di Walt e le sue ambizioni.
I due – dimissionari nello scorso dicembre per protesta nei confronti della gestione Eisner – hanno iniziato una campagna contro la rielezione del manager alla testa del Gruppo definendo la guida della società negli ultimi tempi come deficitaria, poco incline al rispetto della tradizione Disney e responsabile dell”allontanamento di Pixar.
Secondo il Wall Street Journal, si tratta di accuse pesanti di cui gli investitori di Disney e gli azionisti dell” azienda potrebbero iniziare a chiedere conto ai due contestatori.
I due, infatti, erano parte integrante di un Cda chiamato a condividere o bocciare le scelte di Eisner (in carica dal 1984) e, se proprio la gestione del manager appariva così negativa, non hanno fatto nulla per frenarla.
Sul noto quotidiano finanziario si ricorda anche che Gold faceva parte della Commissione paghe tra il 1995 e il 2002: anni in cui sono state garantite ad Eisner buste paga di rilievo.
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