Italia
Intervista a cura di Raffaella Natale
Oltre a essere è il principale sostenitore italiano di EITO, Smau è il più importante promotore dell¿incontro tra domanda e offerta del mercato ICT italiano.
Per queste ragioni Key4biz.it ha chiesto una valutazione in chiave prevalentemente nazionale ad Antonio Emmanueli, presidente Smau, con riferimento alle più recenti cronache dell¿industria di settore.
K4B. Presidente Emmanueli, come valuta complessivamente l¿anno che si è appena chiuso per il mercato dell¿ICT?
R. Indubbiamente, la valutazione è preoccupante, perché il 2003 ha segnato il punto di minimo dal dopoguerra in termini di andamento del mercato dell¿ICT e in particolare per il settore che è più collegato alla capacità competitiva del sistema economico e cioè l¿IT.
Le previsioni iniziali sono state, purtroppo, contraddette dallo svolgimento dell¿anno. Abbiamo quindi accusato, di fatto, un risultato negativo di crescita. Una decrescita netta, per il secondo anno consecutivo, ma ancor più grande rispetto all¿anno precedente.
E questo deve generare preoccupazione nel quadro complessivo dell¿economia italiana, in cui si discute se l¿IT sta declinando o se sta solo cercando di chiarirsi le idee su dove sviluppare nuovi settori di attività.
K4B. Come pensa stia reagendo il mercato italiano alla crisi finanziaria che ha colpito il settore ICT, specie dopo il caso Finmatica?
R. Innanzitutto, penso che si sia ancora in una fase di comprensione, poi distinguerei. Indubbiamente, il caso Finmatica porta ulteriori elementi di preoccupazione su quella che è stata l¿esperienza complessiva, o parziale, del Nuovo Mercato italiano.
Bisogna dire che, seppure la New Economy ha creato elementi di euforia in molte economie e ha generato elementi concreti di nuova imprenditorialità, è anche vero che questo in Italia si è verificato in maniera limitata.
La ristrutturazione in atto del concetto di Nuovo Mercato e le esigenze, da più parti avvertite, di avere una migliore valutazione nei contenuti effettivi e nei business model presentati dalle start-up, testimoniano come ci sia una valutazione preoccupata di un mercato che è nato, sì, con molti entusiasmi, ma che ha già messo insieme un certo numero di ritiri o di fallimenti.
Questo è un problema complessivo per tutta l¿Italia, nel senso che un Paese povero di materie prime, con una struttura manifatturiera chiaramente in ritirata e con nessun ruolo agricolo, proprio nel settore del cosiddetto ¿intangibile¿, cioè quello reso possibile dalle nuove tecnologie multimediali e dalla digitalizzazione, avrebbe potuto trovare nuove aree, nuovi centri di competenza, nuove vocazioni per alcuni distretti geografici specifici.
K4B. E il ruolo delle banche in questo contesto?
R. La crisi del sistema bancario complicherà ulteriormente la situazione, non solo come è già avvenuto per il caso Finmatica, ma anche per altri casi eccellenti come quello Parmalat.
Oggi il sistema bancario è chiaramente in una situazione di fibrillazione rispetto ai criteri con cui assegna denaro, dà i fidi ecc. Questo aspetto non potrà che procurare ulteriori difficoltà all¿insieme della struttura imprenditoriale italiana, in una situazione in cui già la struttura delle piccole e medie imprese soffre una generalizzata rigidità dei fidi e del credito.
Un fenomeno, questo, che verifichiamo, in particolare, nelle aree innovative dove una più difficile comprensione delle opportunità determinate dalle nuove tecnologie da parte delle Banche, che normalmente non hanno una piena conoscenza di questi mercati, crea ancora problemi.
A maggior ragione, è auspicabile un intervento maggiormente concertato, non solo governativo ma anche delle istituzioni e associazioni che contribuiscano a tenere alta l¿attenzione sulla centralità di questo settore.
K4B. Diverse società del mercato dell¿ICT hanno recentemente accusato la stampa di operare nei loro confronti un¿azione di contrasto. Lei si sente di condividere questo pensiero?
R. Quello che mi sembra di riscontrare è che, in generale, i media italiani affrontino il tema dell¿innovazione, e delle relative tematiche, con un livello di approfondimento molto basso, quasi sempre con un¿ottica limitatamente nazionale, per non dire provinciale, della situazione.
Di conseguenza, si è più alla ricerca dell¿aspetto ¿micro¿ della singola azienda, se non addirittura del gossip, piuttosto che a un discorso di posizionamento complessivo di un¿azienda sul mercato.
Questo fatto, a seconda della risonanza che un organo di stampa o un altro medium danno a una cosa o a un”altra, può riverberarsi in termini molto negativi per la società, così come, in altri momenti, in termini eccessivamente positivi.
C¿è bisogno di studiare di più, a mio avviso.
C¿è bisogno di maggior competenza.
Quando noi diciamo che il sistema italiano è arrivato alle tematiche della società digitale con un approccio un po¿ dilettantesco, trascinato dalla grande ondata dei telefonini, ma capendo poco delle piattaforme, della loro integrazione e delle grandi opzioni che una società di fatto postindustriale aveva, intendiamo riferirci al modo in cui questa società viene rappresentata assieme a tutte le sue criticità.
K4B. Una posizione severa la sua¿
R. Realista, direi. Sono assolutamente convinto che in certi momenti leggiamo le notizie più stravaganti, secondo cui grandi colossi dovrebbero chiudere nel giro di poco tempo e tali notizie vengono riverberate con grande superficialità, soprattutto quando poi il discorso vede un mercato italiano non più capace di attrarre investimenti stranieri. E questo è un problema.
Generare uno scarso livello di fiducia – al di là di alcune vicende oggettive ¿ fa sì che non arrivino poi i quattrini dall¿estero. Il confronto fra il livello del Mibtel ed il livello degli altri indici azionari europei indica chiaramente che Milano sta andando a una velocità più bassa. C¿è un problema di fiducia generale che probabilmente, una visione di più ampio respiro, anche supportata da professionalità eccellenti nel campo dei media, potrebbe rafforzare.
K4B. Secondo lei, anche alla luce delle recenti vicende, si pone un problema di etica anche per le imprese dell¿ICT?
R. Indubbiamente. Sotto questo punto di vista, gli ultimi anni sono stati devastanti, non solo in un ottica italiana, ma in un ottica planetaria, tanto più se si pensa che l¿avvio delle manifestazioni patologiche è stato dato proprio dalle grandi Corporation americane, che in passato si erano distinte per premi sul total quality management, sull¿accuratezza, sulla certezza dei processi.
Quando si è visto che la via di uscita rispetto agli squilibri determinati dalla bolla speculativa, era quello dell¿¿aggiustare¿ i conti di bilancio, della manomissione, esempio che si è immediatamente propagato in maniera abbastanza diffusa, si è generata una crisi di valori fondamentali. Si tratta di quei valori fondamentali che sono l¿ossatura nella vita di un¿impresa: i valori della managerialità, il valore del ruolo del dirigente, il valore dell¿azienda che ha un ruolo sociale nei confronti degli stakeholders, e non solo, ma anche dei clienti e dei cittadini della società civile in cui l¿azienda opera.
Quindi, nella generale crisi di valori che ha determinato negli ultimi anni l¿indebolimento dei grandi riferimenti planetari, trascinandosi dietro la positività dell¿intraprendere, che è stata indubbiamente colpita.
Per questo motivo, le aziende devono quindi mettere in atto delle azioni assolutamente significative per recuperare il valore positivo, progressivo di stimolo nei confronti della società in cui operano, della funzione sociale che indubbiamente svolgono nell¿essere imprenditori.
K4B. Alla luce dei dati EITO 2004, cosa possiamo prevedere per l¿Italia nell¿anno in corso? È vero che la rivoluzione sarà tutta wireless?
R. Nel complesso, i dati indicano un leggero miglioramento, nel senso che i tassi di crescita del mercato in generale tornano positivi.
La positività però è così contenuta che sarebbe sbagliato soffermarcisi troppo. Essendo l¿ICT un elemento abilitante di tutti i settori in generale, ha bisogno di essere sostenuto in termini di incentivazione della domanda.
Certo, trainano di più i settori in cui la novità è più evidente e quindi lo zoccolo di utilizzatori evoluti immediatamente si sensibilizza.
Il wireless, da questo punto di vista, rappresenta senz¿altro una frontiera a cui molti di quella minoranza, che sono gli utilizzatori evoluti nel nostro Paese, guardano con interesse per aumentare il loro grado di mobilità da un lato, piuttosto che la confortevolezza dell¿uso dall¿altro.
Quindi, da questo punto di vista, i dati relativi alla crescita del wireless mi sembrano particolarmente importanti perché rispondono a un esigenza sentita da una domanda già battuta.
Il problema reale è come portare a sostenere in generale la crescita dell¿ICT per quell¿80% degli italiani, che ha invece ancora una dimestichezza piuttosto modesta con queste tematiche.
K4B. Parliamo di Internet, quindi. Come siamo a tasso di penetrazione e cosa è possibile prevedere?
R. Secondo i dati EITO 2004, l¿Italia, tra tutti i Paesi dell¿Europa Nord-Occidentale, presenta il minor numero di navigatori per 100 abitanti. Cosa che non si registrava l¿anno scorso. Nel 2003 l¿Italia aveva 39,6 navigatori su cento e la Spagna ne aveva 25,8. Quest¿anno la Spagna è passata a 62,2 e l¿Italia che pure è cresciuta molto è a 58,8, cioè ancora all¿ultimo posto.
È chiaro che se il Wi-Fi cresce, lo fa spinto dall¿aristocrazia dell¿utilizzo, ma il problema del Paese rimane la diffusione dell¿utilizzo stesso.
Quindi, è più rilevante il dato che mette in evidenza una crescita troppo lenta nella diffusione dell¿IT tradizionale (numero di pc, fasce sociali, ecc.), piuttosto che il dato positivo relativo al suo utilizzo da parte di quella frangia che è comunque sempre all¿avanguardia.
EITO rappresenta nel 2004, un mondo italiano che si muove, sì, ma a una velocità relativa ancora troppo bassa rispetto alle economie con cui deve concorrere.
K4B. Banda larga, uno scenario ancora lontano? Al di là di Fastweb, pensa che ci sarà qualche operatore che comincerà a investire nella Tv via Adsl, un settore già in forte crescita in Europa e anche nei Paesi asiatici?
R. Parlare di banda larga e Tv via Adsl è ancora troppo presto in Italia? Provocatoriamente, io vorrei sperare che invece non sia troppo tardi.
Perché, in effetti stanno avvenendo nel mondo macro-fenomeni di portata gigantesca.
Pensiamo a quello che sta succedendo in Oriente, in Cina, in Corea, o in Taiwan. In questi Paesi non ci sono solo i bassi salari, di cui noi ci lamentiamo e a cui attribuiamo il fatto che perdiamo quote di mercato in settori tradizionali. La Cina ha il più altro numero di laureati nel mondo ed è il secondo Paese al mondo in termini di accessi a Internet. La Corea ha più connessioni a banda larga, di tutta l¿Europa messa assieme.
Cosa significa questo, assieme al dinamismo asiatico in tutti i settori dell¿industria, da quello manifatturiero a quello dell¿elettronica?
Significa che in Asia si sta indubbiamente formando un nuovo polo di competenza e di sviluppo industriale che, se all¿inizio è stato determinato dalla delocalizzazione da parte degli Occidentali, ha poi recuperato autonomia fino a sottrarre, esemplare il caso del Giappone a questo proposito, settori importanti all¿economia occidente.
In questo senso, la modernizzazione generale del nostro modo di relazionarci passa attraverso l¿uso combinato di tutte le tecnologie: passa attraverso un cittadino che si sente in grado di utilizzare con la stessa familiarità un telefonino, una macchina digitale, una Tv digitale o un pc. Solo questa confidenza lo rende, nel momento in cui si trasforma in elemento produttivo, capace di competere in modo adeguato con i suoi concorrenti delle altre parti del mondo.
Il fatto di procedere con questa lentezza, dimostra che molto spesso non ci sia la consapevolezza della classe dirigente in generale: a livello delle associazioni imprenditoriali o degli enti locali, salvo alcune eccezioni, non sono stati prodotti risultati di cui oggi si possa andare fieri.
Lo sforzo del governo, pur se più focalizzato, è stato timido.
Pur essendoci oggi un Ministro dell¿Innovazione, il suo ministero non è mai stato adeguatamente finanziato dai ministri che detengono le risorse.
La piccola e media impresa, che da sola non può prendere iniziative di innovazione di processo, investe solo in maniera modestissima a scapito di una maggiore leggerezza operativa, minor capitale circolante richiesto, miglior capacità di gestione di magazzino e dei clienti.
Quindi più che chiedersi se è troppo presto per investire in nuove tecnologie, bisognerebbe chiedersi se non sia troppo tardi.
Riprendendo la parole del Presidente Ciampi: ¿ Basta con il discorso dei tagli e del declino¿, mi chiedo se tutto questo non vada integrato con un piano d¿azione specifico, che lo sostanzi non solo i termini di esortazione psicologica, ma anche in termini di condotta pratica sul territorio nei vari distretti, nelle varie regioni, nei vari comparti industriali.
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