Ecco il regalo di Bush ai broadcaster americani: alzato il limite dei tetti antitrust

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La News Corporation e Viacom possono dirsi soddisfatte.

La loro campagna di lobbying ha dato i suoi risultati. Alcuni giorni fa il Congresso americano ha votato un Decreto che autorizza i broadcaster a possedere emittenti che raggiungono al massimo il 39% delle case nella stessa citt&#224, precedentemente il tetto era fissato al 35%.

Per questi due colossi dei media, si tratta di una gran vittoria. A furia di fusioni e acquisizioni, avevano sfondato il tetto consentito dalle normative antitrust.

Secondo il nuovo decreto i giganti non dovranno cedere alcune emittenti per rientrare nei limiti consentiti dalla legge.

Quanto agli altri Gruppi di comunicazione rimasti al di sotto della soglia del 35%, potranno dirsi soddisfatti, ottenendo un sostanziale margine di crescita sul territorio americano.

E¿ dunque una bella vittoria, quella che hanno portato a casa i fautori della liberalizzazione del mercato dei media. O sarebbe meglio dire una bella rivincita, visto che si tratta di una questione che andava avanti da tempo ormai.

Circa un anno fa, in effetti, la FCC (Federal Communication Commission), l”agenzia federale che regola le comunicazioni, aveva suggerito di alzare il limite al 45%.

Ma l¿estate scorsa, questa proposta si era dovuta scontrare con il rifiuto del Senato e del Congresso.

Sembrava ormai che la riforma dei media fosse definitivamente compromessa, ma non si era tenuto conto del Presidente Usa George W. Bush.

Nonostante la ferma opposizione del partito Repubblicano, tradizionalmente contrario alla deregulation, il Presidente ha posto il suo veto alla decisione del Congresso.

Bush era visibilmente interessato a questa riforma che interessava alcuni Gruppi di potere a lui cari, quelli dei media per intenderci, specie ora che gli Usa sono in campagna elettorale. Il Presidente &#232 andato anche contro la met&#224 dell¿opinione pubblica americana che, secondo un recente sondaggio effettuato dal Centro di ricerca Pew, era convinta che il provvedimento della FCC, per consentire una maggiore concentrazione dei media nelle mani di poche societ&#224, avrebbe avuto un effetto negativo sul Paese.

D”altronde il Ddl gi&#224 approvato dal Consiglio della FCC prevede la possibilit&#224 per i Gruppi mediatici di possedere, in via combinata, emittenti televisive, radiofoniche e giornali nella stessa citt&#224 oltre a rendere plausibile, per un network televisivo, il controllo di reti locali (fino al 39%) tanto da potere raggiungere la quasi totalit&#224 della platea nazionale di telespettatori.

Ma come evidenzia il Center for Responsive Politics l¿industria audiovisiva ha dato sempre un gran sostegno ai candidati alla presidenza.

Tra il 2002 e il 2004, Viacom e News Corp hanno versato 2,3 milioni di dollari per finanziare campagne elettorali, secondo quanto riportato dall¿Associated Press. E speso 5,5 milioni di dollari, tra gennaio 2002 e il 30 gennaio 2003, per fare pressione sui deputati e convincerli della necessit&#224 di alzare i tetti antitrust.

Resta che, la battaglia per la deregulation dei media negli Stati Uniti &#232 ben lontana dall¿essere chiusa, nonostante la modifica dei tetti antitrust.

Tutte le altre misure proposte attualmente dalla FCC, come quella che mira a facilitare la propriet&#224 incrociata di giornali e televisioni, non passeranno cos&#236 facilmente.

Nel settembre scorso, infatti, la Corte d¿Appello federale di Philadelphia (Pennsylvania) ha ordinato la sospensione del progetto di riforma.

Al momento, gli oppositori alla liberalizzazione, che contano tra le loro file nomi importanti del mercato mediatico, come Ted Turner, il fondatore della CNN, o Barry Diller, magnate hollywoodiano, non pensano proprio di mollare la presa.

La strada &#232 ancora lunga e non &#232 detto che la riforma di questo settore, che &#232 ancora regolamentato da disposizioni adottate negli anni ¿70, riesca a farsi cos&#236 facilmente. Sono troppi gli interessi incrociati, che sicuramente aumenteranno durante questa campagna elettorale.

Raffaella Natale

Per ulteriori approfondimenti, leggi:

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