Italia
di Angelo Zaccone Teodosi
Presidente
IsICult – Istituto italiano per l¿Industria Culturale
La kermesse convegnistica promossa dalla Fondazione Rosselli a Roma stimola una riflessione sul ¿senso¿ di queste iniziative.
La domanda di base è: il dibattito sui media, sulle telecomunicazioni, sulle politiche culturali e le politiche industriali in materia di contenuti e reti è adeguato ai fabbisogni del Paese, del ¿sistema-Paese Italia¿, da tanti retoricamente decantato, ma da pochi concretamente costruito?
La domanda non è oziosa: qual è lo stato dell¿arte del policy making in queste materie, nel nostro Paese, se rapportato ad altre nazioni europee (e lasciamo da parte gli Usa, che sono, giustappunto, un discorso a parte)?
Lo stato dell¿arte, se analizzato in chiave comparativa, è debole, carente, fragile.
Chi ¿scrive¿ le leggi in Italia?!?
La domanda ¿ vogliamo precisarlo esplicitamente ¿ non ha intenti sarcastici, e prende spunto solo ironicamente dal tormentone infinito sui ¿veri¿ autori (ancora ignoti, almeno ai più¿) della tormentata ¿legge Gasparri¿.
Se si osservano le dinamiche del dibattito (politico, parlamentare, sociale, giornalistico¿) sviluppatosi in altri Paesi in occasione delle gestazioni normative in materia di media e tlc, una differenza appare evidente: prevalgono ¿ per usare una vetusta ma sempre valida formula ¿ i ¿fatti¿, sulle ¿opinioni¿. I Ministri, i ministeri, agenzie governative, authorities indipendenti, finanche i partiti di opposizione promuovono ricerche, prima di dibattiti, studi prima di convegni. Giustappunto ¿fatti¿ prima delle (pur fondamentali e indispensabili) ¿opinioni¿. Dopo, solo dopo gli studi e le ricerche, intervengono gli uffici legislativi dei partiti, del Parlamento.
In Italia, avviene spesso il contrario: è addirittura un singolo parlamentare a farsi promotore di iniziative normative, che spesso, alle spalle, non hanno uno straccio di fondamento analitico.
Si finisce spesso per ¿legiferare¿ così come un dilettante cerca di comporre canzonette: e, notoriamente, l¿Italia è un Paese di musici, canzonettieri, esperti di calcio, e, da qualche anno, di psicologi resi dotti dalla fruizione del ¿Grande Fratello¿ o dai master della De Filippi e /o D”Eusanio¿
All¿estero, non in Italia, le ricerche, sul versante economico così come su quello normativo, sono numerose, ricche, abbondano di dati e di scenari. Esistono anche, in parallelo alle strutture di ricerca (pubbliche, private), veri e propri ¿think thanks¿, laboratori di ideazione e discussione e elaborazione anche normativa.
Basta osservare, toccare con mano, le dimensioni quali-quantitative del dibattito promosso nel Regno Unito negli ultimi due anni rispetto al Communications Bill approvato pochi mesi fa (una legge di sistema non meno importante della Gasparri), per maturare un¿opinione, sconfortante, sulla povertà del dibattito italiano: sulla Gasparri, certamente, ma anche rispetto alle iniziative per la diffusione della banda larga, di cui ¿ tra l¿altro ¿ una lobby come Federcomin si è fatta alfiere da anni.
In questo contesto, sul quale sarebbe opportuna una riflessione (auto)critica da parte del Governo, dell¿opposizione, del sistema delle imprese, delle lobbies italiane, dell¿università, un quesito si incardina: ¿servono¿ i non pochi convegni che, a cadenza quasi settimanale, si tengono in Italia, su media, tlc, spettacolo, cultura?!? E, se servono, a chi servono? Qual è la loro reale ricaduta nel ¿vissuto¿ dei ¿policy maker¿? Qual è il contributo reale ad una migliore elaborazione di leggi?
Con le dovute eccezioni, l¿impressione che si registra è una prevalenza di ¿convegni passerella¿, simpatiche ¿parate¿ ove ministri ed amministratori delegati si concedono ad una platea in verità ¿affamata¿ di idee e di proposte: spesso, però, da queste occasioni convegnistiche, ¿l¿illuminazione¿, l¿idea originale, la proposta ponderata, il progetto che può divenire legge (o che alla gestazione della legge può contribuire seriamente) non esce.
Tra gli astanti, i più se ne escono inevitabilmente con un deprimente ¿e allora?!?¿; la seconda domanda è ¿cosa ho tratto da queste ore di chiacchiericcio?!?¿.
Gli accademici coinvolti in queste occasioni, poi, sono spesso ¿utili idioti¿ (ci sia consentita l¿espressione brutale, e sia chiaro che si tratta di tutt¿altro che idioti) che stanno a rafforzare la presunta ¿scientificità¿ della passerella, senza un contributo tecnico ad hoc (la lusinga del promotore: ¿non ci sono i soldi, sai, ma l¿occasione è prestigiosa anche per la tua università e certamente per la tua cattedra¿¿). Senza studi e ricerche, a conferma che si tratta di ¿mondi¿ (quello universitario, quello imprenditoriale, quello politico) isolati, che poco e male si parlano. I ¿professori¿ finiscono per puntellare, spesso per narcisismo, un edificio costruito su basi fragilissime.
Questi convegni finiscono per essere strumenti di ri-produzione dell¿esistente, di consolidamento di posizioni di potere: in rare occasioni, in rarissime occasioni, si registra un dibattito vero, a tesi contrapposte, come è indispensabile (il sonno della ragione continua a produrre mostri: il conformismo ed il consociativismo non sono certo le vitamine di un sistema democratico vivo). Prevale un torpore ideologico e culturale complessivo.
Precisiamo, in chiusura, che queste critiche non sono dirette specificamente al ¿Summit sulla comunicazione¿ promosso dalla Fondazione Rosselli, che è solo l¿ultima delle iniziative convegnistiche su media e tlc sul quale si concentra inevitabilmente l¿attenzione in questi giorni, e certamente si tratta di una delle iniziative più serie: in questo caso, stupisce solo la ¿dimensione¿ quantitativa dell¿evento, due giornate intere. Ma come si può pensare che un professionista, o, peggio, un imprenditore possano dedicare due giorni della propria esistenza a simili eventi?!? Un laureando, forse, per interesse intellettuale (¿); un giornalista, forse, per dovere d¿ufficio. Qual è la conseguenza? Che la gran parte dei relatori ed intervenienti (che, pure loro, qualcosa da fare hanno) assiste solo a segmenti del convegno, e, quindi, il dibattito viene inevitabilmente parcellizzato, frammentato, polverizzato.
Con l¿eccezione di pochi convegni squisitamente professionali (che pure hanno una barriera all¿ingresso costituita da un costo che li rende inevitabilmente iniziative elitarie), l¿Italia mostra un panorama deprimente, in materia di confronti pubblici ove le tesi si presentino forti di serie analisi tecniche e ben dialetticamente contrapposte.
Eppure ¿ crediamo ¿ lo spazio virtuale, le premesse ideologiche, il bisogno latente, per occasioni di un serio confronto dialettico e tecnico e politico, ci sono. Anche in Italia.