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La crociata dell¿industria americana del disco contro la pirateria digitale ha provocato una presa di coscienza nell¿opinione pubblica, ma il cammino per far rispettare la legge rimane ancora molto lungo da fare.
I pirati, che si dedicano al file-sharing di file MP3, hanno veramente intenzione di voler passare alle offerte a pagamento di musica online?
La pubblicazione di uno studio dell¿istituto no-profit Pew Internet, la scorsa settimana, ha aperto una grossa polemica, visto che sostiene vi sia stata una riduzione del 50% dei pirati dalla primavera 2003, e un successo crescente per il sito a pagamento Napster o l¿ ¿iTunes Music Store¿ di Apple.
Il metodo dei ricercatori, che hanno posto quesiti telefonici sull¿uso di Internet da parte degli utenti, è stato al centro del dibattito.
“E¿ ridicolo! E¿ come se doveste rispondere a qualcuno che per telefono vi chiede se avete frodato il fisco¿, ha risposto Wayne Rosso, presidente del produttore di software spagnolo Optisoft, la cui tecnologia peer-to-peer viene utilizzata dai siti di file-sharing gratuiti Blubster e Piolet.
Sicuramente la ¿campagna del terrore¿ avviata dall¿associazione americana dell¿industria del disco (RIAA ¿ Recording Industry Association of America) ha avuto una larga eco, e ha proseguito, ¿Nessuno vuole ammettere oggi l¿uso di una rete P2P¿.
Secondo Rosso, le centinaia di denunce depositate dalle major discografiche (Universal, Sony, Warner, EMI, BMG) “sono sicuramente alla base del calo del 10%¿ delle pratiche illegali tra gli internauti americani. Ma non hanno avuto l¿ ¿impatto devastante¿ di cui parla Pew Internet nel suo studio.
La Rosso chiarisce che la nuova strategia adottata dalle major discografiche per intimorire gli utenti che scaricano musica gratuitamente da Internet, non sortisce in realtà questi grossi risultati.
¿E¿ vero che le denunce hanno fatto cadere da 55 milioni a 54 il numero degli internauti colpevoli di downloadare. Ma si tratta di un calo molto limitato. ¿ e aggiunge la Rosso ¿ Su Blubster, il 70% dei download avvengono negli Stati Uniti. E¿ questa non è la prova che gli americani hanno paura¿.
Eric Garland, patron della società di misurazione dell¿audience BigChampagne, specializzata nel P2P, stima che si è avuto ¿uno cambio nella percezione¿ del download di musica.
¿Questo non cambia la realtà dei fatti, lo scambio di file rimane molto diffuso ma le persone sono meno disposte a parlarne¿, ha detto Garland.
Nei calcoli di BigChampagne, il supposto calo di accessi ai siti gratuiti non è così percettibile, specie tra quelli più noti al pubblico giovane di Internet, cioè i siti che funzionano con la tecnologia Fasttrack come KaZaA, Grokster o iMesh.
Nel quarto trimestre 2003, quindi dopo le prime denunce di settembre, questi siti sono stati visitati da 2,87 milioni di utenti mensili in media solo negli Stati Uniti, contro i 2,4 milioni dei tre mesi precedenti.
¿Se il ritmo di crescita è più lento, il fenomeno è in sviluppo costante¿, ha ggiunto Garland.
Il colosso Internet Yahoo! Ha tra l¿altro rivelato alla vigilia del nuovo anno che, il nome KaZaA si è classificato come il primo tra i termini cercati in Rete attraverso il suo motore di ricerca, ¿prima anche di Harry Potter e Britney Spears”.
Questa è la prova più schiacciante che la musica è il contenuto più cercato in Internet e che la lotta si annuncia ancora lunga per fare rispettare i diritti d¿autore delle etichette.
Il 19 dicembre, la RIAA ha visto un nuovo ostacolo frapporsi sul suo cammino, quello dell¿arresto deciso dalla Corte d¿Appello di Washington.
Secondo i termini di questa sentenza, che potrebbe fare giurisprudenza, l¿operatore telecom e l¿Isp Verizon non erano tenuti a divulgare l¿identità dei suoi abbonati sospettati di pirateria.
Adesso i siti di musica gratuita statunitensi, accusati di depredare gli artisti dei diritti di proprietà intellettuale, reclamano un sistema di licenze obbligatorie per uscire dall¿illegalità, e essere considerati ¿come i network radiofonici¿, spiega Wayne Rosso.
Il Digital Millenium Copyright Act (la legge del 1998 che regolamenta la protezione dei diritti d¿autore all¿epoca del digitale) offre a un¿impresa privata un grosso potere davanti alla giustizia federale che non ha né le FBI, né la polizia. Nessuna impresa privata dovrebbe avere questo diritti, ha detto ancora Rosso.
E per far rientrare nei limiti legali le reti P2P la soluzione è veramente semplice.
Quello che ora chiedono i siti di musica gratuita, è un sistema di licenze obbligatorie esteso a tutto il settore. ¿Dovremmo essere trattati tutto sommato come le radio, che versano una piccola percentuale delle loro entrate ai detentori dei diritti di proprietà intellettuale. Se, per esempio, i fornitori di accessi Internet chiedessero due dollari supplementari ogni mese ai 60 milioni di internauti americani che praticano il download dalla Rete, 120 milioni di dollari andrebbero ogni mese all¿industria¿.