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Telecomunicazioni, competizione e diritto comunitario

Italia



di Donatella Boccali

Per garantire la libert&#224 di stabilimento, la libera prestazione di servizi alle aziende operanti nel settore delle telecomunicazioni e per assicurare la liberalizzazione dello stesso settore, laComunit&#224 europea ha adottato, tra le altre, la direttiva n. 97/13/Ce (sostituita dalla n. 2002/21) che concerne una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazioni.

La direttiva non limita il numero di licenze individuali che gli Stati membri possono concedere, salvo che ci&#242 sia necessario per assicurare un uso efficiente delle frequenze radio o l¿esistenza di numeri sufficienti. Le imprese hanno un diritto a ottenere le licenze senza essere sottoposte a condizioni non indicate nella direttiva.

Gli Stati membri sono obbligati a evitare ogni misura apparentemente compatibile con il quadro comunicativo, ma di fatto contrastante con la liberalizzazione, oltre al divieto di oneri non necessari e volti a ostacolare la liberalizzazione nelle telecomunicazioni.

Nella normativa comunitaria per garantire la liberalizzazione nel settore, i procedimenti di autorizzazione e gli oneri ad essi legati non devono costituire un ostacolo e bloccare l¿ingresso sul mercato di nuove societ&#224: ¿¿la corresponsione di diritti od oneri di imposta alle imprese nell¿ambito dei procedimenti di autorizzazione deve basarsi su criteri obiettivi, non discriminatori e trasparenti¿¿, come richiesto nel dodicesimo considerando della direttiva.

L¿art. 11 della direttiva n. 97/13 in relazione alle licenze individuali, ha stabilito che gli Stati possono richiedere alle imprese per le procedure di autorizzazione unicamente contributi intesi a coprire i costi amministrativi sostenuti per il rilascio, la gestione, il controllo e l¿esecuzione delle relative licenze individuali, disponendo che tali oneri siano proporzionati al lavoro che l¿amministrazione svolge.

Si richiama anche l¿art. 6 della direttiva, il quale dispone che, fatti salvi i contributi finanziari per la prestazione del servizio universale , gli Stati membri fanno s&#236 che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano intesi a coprire esclusivamente i costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all¿attuazione del relativo sistema di autorizzazione generale.

Emerge che il sistema italiano non &#232 in linea con queste disposizioni perch&#233 il contributo richiesto alle imprese non &#232 legato allo svolgimento di alcuna attivit&#224 dell¿amministrazione ed &#232 considerato in base al fatturato delle aziende, elemento che invece nella direttiva non viene in rilievo. Emerge sostanzialmente la mancanza di corrispettivit&#224 tra attivit&#224 svolta e contributo che &#232 alla base della richiesta di oneri pecuniari secondo la direttiva.

La Corte di giustizia delle Comunit&#224 europee &#232 intervenuta con la sentenza del 18 settembre 2003, cause riunite C-292/01 e C-293/01.

Nella fattispecie, due societ&#224 italiane, Albacom e Infostrada, titolari di licenze per lo sfruttamento di reti di telecomunicazioni, erano state costrette a pagare allo Stato un contributo annuo, cos&#236 come tutte le altre aziende titolari di analoghe licenze, calcolato in base al fatturato. Le societ&#224 avevano presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il decreto ministeriale che aveva imposto tale prestazione. A seguito della richiesta di parere al Consiglio di Stato da parte del Ministro del Tesoro, il Tribunale amministrativo ha presentato un ricorso in via pregiudiziale alla Corte di giustizia.

Secondo il Governo italiano un onere pecuniario quale il contributo controverso non &#232 contrario all¿obiettivo della direttiva 97/13, e che deve persino considerarsi consentito, in relazione alla formulazione dell¿art. 11, n. 2, di tale direttiva, e dal momento che tale disposizione permette agli Stati membri di imporre oneri supplementari nel caso di risorse rare, come la scarsa quantit&#224 di numeri disponibili o di radiofrequenze, al fine di assicurare un¿utilizzazione ottimale di tali risorse, deve essere loro consentito di imporre oneri supplementari destinati a contribuire agli investimenti intrapresi per assicurare la liberalizzazione in generale del settore delle telecomunicazioni.

Questa interpretazione del Governo italiano non &#232 stata seguita dallo stesso legislatore nazionale laddove, nel Nuovo codice delle comunicazioni elettroniche del 1° agosto 2003, nell¿art. 34 ha previsto i contributi delle imprese per i soli costi amministrativi.

Secondo la Corte, gli Stati non possono imporre alle societ&#224 di telecomunicazione prestazioni contributive che non corrispondono strettamente al rimborso dei costi sostenuti dall¿amministrazione per il rilascio di licenze individuali.

L¿obbligo di un contributo rapportato al fatturato, stabilito dall¿art. 20 e dal decreto di attuazione del Ministro del Tesoro del 21 marzo 2000, &#232 incompatibile con la direttiva europea perch&#233 di fatto introduce un onere non legato ad alcuna prestazione da parte dello Stato e il contributo di ciascuna azienda &#232 calcolato in modo automatico sul fatturato.

La Corte di giustizia ha definitivamente chiarito le caratteristiche che un onere pecuniario deve possedere per essere considerato compatibile con la normativa europea: gli oneri patrimoniali ammissibili devono essere calcolati su criteri obiettivi, non discriminatori e trasparenti e , in ogni caso, non devono impedire la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione e rendere la direttiva n. 97/13/Ce priva di ogni effetto utile.

Le imprese titolari di licenze individuali non possono essere gravate di oneri tributari supplementari calcolati in base al fatturato annuo perch&#233 tale onere, analogo a un canone di concessione, non corrisponde a quanto previsto dalla direttiva che ammette prestazioni patrimoniali in base ai costi subiti dall¿amministrazione, nel caso di uso di risorse scarse e per la prestazione del servizio universale.

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