Europa
di Vanna Araldi
(2a Parte) – «Regardez bien au fond du flacon d¿où est sortie la bulle Internet. Vous verrez qu¿il y reste encore beaucoup de savon» («Guardate bene in fondo alla bottiglia da cui è uscita la bolla di Internet. Vedrete che resta ancora molto sapone»).
Così, un anno fa¿, il Primo ministro Raffarin, nell¿accordare il suo sostegno a quelle iniziative che avrebbero consentito di far arrivare l¿alta velocità in tutte le case francesi.
Negli infiniti interstizi lasciati scoperti da una televisione digitale terrestre, ancora potenziale, è riuscita ad insinuarsi una tecnologia che rappresenta l¿immediata incarnazione di ciò che, da tempo, si definisce convergenza.
Se il tipo di rete utilizzato non condiziona più il tipo di utilizzo che se ne può fare, il telefono fisso può tornare di moda, lasciarsi attraversare da un vecchio filo di rame che moltiplica le innovazioni ed inoltrare voce, dati ed immagini. Nasce la televisione su ADSL: una soluzione avveniristica, fruibile là dove le parabole satellitari arrivano con difficoltà o da quei segmenti di popolazione non raggiunti, o mal serviti, dal cavo, che offre l¿opportunità tecnica di distribuire un melting pot di contenuti audiovisivi, con la qualità del DVD.
In un Paese in cui non si aspettano le decisioni della politica con lo stesso atteggiamento fatalistico con cui si attendono la pioggia o il sole, gli operatori tv, tlc ed informatici iniziano a competere, sul filo della concorrenza più spinta, per prendere la loro fetta e non far capitalizzare alcun vantaggio agli avversari, nonostante precorrere i tempi, in fatto di tecnologia, costringa ad un impegno politicamente difficilissimo: darsi regole in corsa, anziché in previsione.
Ad aprire le danze, promettendo di portare la televisione su Internet, è il fornitore d¿accesso Free. TPS e France Télécom, Canal+ con Cegetel e LDCom nutrono, invece, il proposito di far arrivare, nei prossimi mesi, la televisione a pagamento, via cavo telefonico, nei principali agglomerati urbani. Ciò che dovrebbe blandire una clientela dotata di modem e di decoder compatibili, un bouquet di programmi tv e servizi pay attraenti come il VOD.
Al diavolo ogni scetticismo, gli operatori che scommettono sul telefono, per dare un futuro alla tv, intendono dimostrare, non solo che l¿ADSL risponde ad un preciso modello economico, ma che tale gioiello di tecnologia non è affatto uno di quei ghiribizzi incapaci di far incassare l¿adesione dei clienti.
Ma, poiché ciò che è tecnicamente possibile è lungi dall¿essere giuridicamente organizzato, distribuire programmi audiovisivi sul filo di rame porta ad interrogarsi, tanto sulle condizioni di una convergenza che così si realizza, quanto sui rischi di vederla trasformarsi in collisione.
Per non scoprire quanto sia pericoloso confinarsi in un¿esclusiva dimensione tecnica senza presidiare le zone di campo più prettamente giuridiche, corre l¿obbligo di rilevare che i promotori della tv via ADSL beneficiano di un¿opportunità eccezionale: il silenzio del diritto.
Poiché un accidente della vita politica francese ha impedito che il pacchetto di Direttive CE, in materia di comunicazioni elettroniche, venisse recepito entro il termine previsto, il quadro legislativo nazionale attuale conforta l¿inadeguatezza di una disciplina che, non instaurando il principio della ¿neutralità tecnologica¿, non sottomette, i servizi televisivi, allo stesso regime.
In attesa della trasposizione, il periodo transitorio da gestire pone non poche difficoltà agli operatori del settore, costretti a convivere con diversi e specifici status giuridici.
Tra coloro che, più di tutti, avvertono la minaccia di questa nuova modalità di diffusione, vi sono i competitors del cavo.
Dopo aver sopportato anni di deficit, dopo aver fatto investimenti importanti nella banda larga, aver lanciato ed animato il mercato di Internet ad alta velocità, questi reclamano – di fronte ad una nuova sfida – non solo una concorrenza sana, trasparente ed equilibrata, ma la possibilità di non sopportare più costrizioni giuridiche, oramai ingiustificate, che non gravano su alcun¿altra piattaforma.
Essi, in effetti, sono sottoposti ad un duplice regime di autorizzazione (dei comuni per la posa del cavo; del CSA per la gestione della rete); svolgono un¿attività di distribuzione di servizi, sottomessa ad obblighi che attengono, perlopiù, alla volontà del legislatore di garantire il rispetto del pluralismo (per l¿Authority si tratta di esercitare un controllo ¿qualitativo¿ sulla composizione del bouquet dei canali distribuiti); tollerano disposizioni di legge che impediscono alleanze e restringono il limite del numero massimo di abbonati (una stessa società non può servire più di 8 milioni di persone). Last but not least, attendendo la TDT, i cavo-operatori attendono anche di sentirsi gravare dell¿obbligo del must-carry.
Con la tv via ADSL, graziosamente destinata ad entrare nel cuore delle zone cablate, il tentativo di evitare che l¿intero sistema trasudi nuovi conflitti, impone certezza, affinché, ad accompagnare la convergenza tecnica, vi sia ben altro che non divergenza giuridica.
Chiaro deve risultare che i testi che disciplinano la distribuzione dei servizi tv via cavo non sono stati concepiti per essere applicati alle telecomunicazioni, ora chiamate a liberare contenuti audiovisivi. Chiaro deve essere che chi, oggi, propone tv su ADSL, appartiene alla categoria degli operatori tlc, la cui disciplina scaturisce dal relativo Codice, senza che nessun obbligo, supra citato, possa trovare applicazione in capo ad essi. Chiaro deve apparire, tanto come, soltanto in sede di recepimento del pacchetto di Direttive CE, il CSA potrà estendere la propria competenza a tutti i supporti, quanto che, fino ad allora, l¿ART (Autorité de Régulation des Télécommunications) potrà, con assoluta legittimità, stabilire di non incidere sul quadro tariffario, considerato il carattere innovativo dell¿offerta ed il mercato emergente su cui essa grava.
La necessità di sottrarre alla barbarie del vuoto giuridico, la televisione veicolata sul filo di rame, fa emergere fino a che punto sia audace la tesi di quegli operatori (Free e TPS in testa) che pretendono di non violare il Codice della proprietà intellettuale, nel riprendere e distribuire prodotti i cui diritti sono già stati acquisiti per la diffusione via cavo.
Poiché la speranza di un ravvedimento operoso dovrebbe essere sempre l¿ultima a morire, si può star certi che il tessuto di un valido vestito normativo, per la tv su ADSL, verrà imbastito prima che tocchi dimostrare quanto sia malizioso ragionare su di essa.
Aspettando la TDT. Convergence oblige: gli operatori tv francesi appesi al tele
(1a Parte)
Consulta anche:
Il Rapporto sulla Televisione Digitale Terrestre di key4biz.it