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Direttive europee e televisione: alcuni interventi costituzionali

Italia



Avv. Donatella Boccali


Nel 2002 si sono registrati numerosi interventi in materia radiotelevisiva ai pi&#249 elevati livelli istituzionali. La Corte Costituzionale, che ha tradizionalmente svolto un ruolo primario nella individuazione delle regole fondanti del settore radiotelevisivo, ha adottato ben tre sentenze.La sentenza n. 155/2002 si concentra sul pluralismo connesso con il diritto di informazione garantito dall¿art. 21 Cost. e distingue fra ¿pluralismo esterno¿ legato alla pluralit&#224 dei soggetti che forniscono comunicazione e informazione, e pluralismo interno, vale a dire l¿obbligo di ciascun soggetto concessionario ¿ pubblico o privato ¿ a garantire nelle sue trasmissioni il rispetto del pluralismo stesso. La sentenza pone in rilievo che la sola presenza dell¿emittenza privata non &#232 sufficiente a garantire la completezza e l¿obiettivit&#224 della comunicazione politica, ove non concorrano ulteriori misure sostanzialmente ispirate al principio della parit&#224 di accesso delle forze politiche. In tale prospettiva sono individuati nella Legge Gasparri quali princ&#236pi generali dell¿informazione radiotelevisiva: la presentazione leale dei fatti e degli avvenimenti nei telegiornali e nei giornali radio, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni, l¿obbligo di effettiva trasmissione dei notiziari e la garanzia dell¿accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parit&#224 di trattamento e di imparzialit&#224, nelle forme e secondo le modalit&#224 indicate dalle legge (art. 6).

La sentenza n. 284/2002 ha dovuto affrontare nuovi profili di pretesa incostituzionalit&#224 del canone. La Corte ha rilevato come non vi sia ¿alcuna incompatibilit&#224 tra il carattere di interesse generale del servizio pubblico radiotelevisivo e l¿imposizione di una prestazione economica, nella specie collegata alla detenzione di apparecchi radiotelevisivi, diretta a finanziare detto servizio¿.

Nella sentenza viene ricordato innanzitutto che &#232 l¿art. 1 della l. n. 223 del 1990 e non l¿art. 1 della l. n. 103/1975 a qualificare l¿attuale posizione della concessionaria pubblica. Tale disposizione individua (comma 2) i principi fondamentali propri dell¿attivit&#224 radiotelevisiva da chiunque esercitata, consistenti, a fronte del ¿ carattere di preminente interesse generale¿, nel pluralismo, nell¿obiettivit&#224, nella completezza e nell¿imparzialit&#224 dell¿informazione, nonch&#233 nell¿apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose nel rispetto delle libert&#224 e dei diritti garantiti dalla Costituzione.

Tali principi, ha sottolineato sempre la Corte, vengono realizzati con il concorso di soggetti pubblici e privati. Viene quindi evidenziato nella sentenza, come il servizio pubblico sia chiamato ad attuare i principi richiamati in forma diversa qualitativamente rispetto ai soggetti privati.

Ultimo intervento in materia radiotelevisiva della Corte Costituzionale &#232 la sentenza n. 466/2002 e dichiara illegittimo l¿art. 3, comma 7, della l. n. 249/1997 in quanto non prevede un termine certo e non prorogabile entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti che eccedono i limiti di cui al comma 6 dello stesso articolo 3 (limiti volti a soddisfare le disposizioni contenute nella sentenza n. 420/1994) devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo. La stessa sentenza fissa questo limite di tempo al 31 dicembre 2003, nell¿attesa che il Parlamento vari prima di quella data una nuova normativa che sani le attuali carenze. Si tratta della definizione quantitativa e temporale di limiti antitrust da applicare alla parte privata del settore televisivo.

La Corte ha sottolineato che la ¿ liberalizzazione del sistema radiotelevisivo italiano si &#232 realizzata attraverso l¿occupazione di fatto delle frequenze al di fuori di qualsiasi regolamentazione¿.

A livello comunitario, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato nel 2002 quattro direttive aventi ad oggetto le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, al fine di istituire un quadro normativo comune a livello europeo, volto a regolamentare la convergenza tecnologica tra i settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell¿informazione.
Questo quadro normativo, offerto dalle Direttive comunitarie e dalle chiare indicazioni della Corte Costituzionale &#232 stato richiamato anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel messaggio al Parlamento in data 23 luglio 2002 in materia di pluralismo e imparzialit&#224 dell¿informazione. Il contenuto di queste Direttive &#232 in sintonia con la Carta dei diritti fondamentali dell¿Unione Europea che, nel 2° comma dell¿art. 11, sancisce espressamente il rispetto del pluralismo e la libert&#224 dei media.

In particolare, nella Direttiva 2002/21/CE viene specificato che ¿la politica audiovisiva e la regolamentazione dei contenti perseguono obiettivi di interesse generale, quali la libert&#224 di espressione, il pluralismo dei mezzi di informazione, l¿imparzialit&#224, la diversit&#224 culturale e linguistica, l¿inclusione sociale, la protezione dei consumatori e la tutela dei minori; si fa obbligo agli Stati membri di garantire l¿indipendenza delle autorit&#224 nazionali di regolamentazione in modo da assicurare l¿imparzialit&#224 delle loro decisioni; &#232 riservato grande spazio all¿assetto del mercato e all¿esigenza di assicurare un regime concorrenziale.

La nuova legge di sistema, oltre agli interventi giurisprudenziali elencati che inducono a ¿rivisitare¿ i principi costituzionali che presiedono all¿attivit&#224 radiotelevisiva individuando i vari profili del valore costituzionale del pluralismo informativo, e verificandone la concreta applicazione nell¿attuale sistema radiotelevisivo, deve tener presente, per quanto riguarda la radiotelevisione, il ruolo centrale del servizio pubblico.

Il Trattato di Amsterdam, che vincola tutti i Paesi dell¿Unione europea, muove dal presupposto che “il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri &#232 direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all¿esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione¿.

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