Italia
di Marco Maria Gazzano
Cosa si può intendere per ¿cinema¿ oggi?
Nell¿epoca delle tecnologie avanzate, dell¿intreccio sempre più stretto ¿ e produttivo, dal punto di vista sia industriale che creativo ¿ tra media e linguaggi espressivi di origine tecnologica: nell¿epoca degli scambi sempre più stretti fra lingue, culture, nazioni, immagini e suoni?
Che cos¿è il ¿cinema¿, oggi, nel passaggio dall¿epoca ¿ mirabilmente definita da Walter Benjamin nel ¿36 ¿ della sua riproducibilità tecnica a quella che è stata detta della sua riproducibilità elettronica? Non più solo film, evidentemente: e proprio a causa della storia straordinaria della pellicola, dell¿irrinunciabile patrimonio di esperienza che l¿immagine chimica e la cinematografia meccanica e ottica hanno accumulato in più di cento anni di tradizione e che ci consegnano sul piano linguistico e narrativo come su quello produttivo e comunicativo.
L¿irruzione dell¿elettronica nella formazione e nella trasmissione delle immagini, anche di quelle sonore, lo spostamento progressivo dall¿analogico al numerico sia al momento delle riprese che in quello del montaggio e della distribuzione, le esperienze sempre più complesse di interattività tra spettatori e programma, autore ed opera, produttori e pubblico, sono tutti elementi che ci obbligano probabilmente a ripensare la nozione stessa di cinema. A non considerare più questa come una forma espressiva e produttiva incatenata per sempre alle sue prime matrici ¿ la fotografia, il film ¿ quanto piuttosto come ad un¿articolata famiglia di tecniche.
Una famiglia di dispositivi percettivi e linguistico-comunicativi analoghi tra loro anche se per molti versi specifici: una famiglia nella quale convivono ¿ estendendo reciprocamente le implicazioni estetico-produttive di ciascuno ¿ la pellicola ed il video, il montaggio numerico non lineare e la moviola, il cd-rom e internet, la computer-image e il teatro di posa, il set e la virtual-reality, la sala di proiezione e la tele-visione, magari via satellite. Dispositivi di produzione e di percezione, e modalità di scrittura diverse tra loro, le quali si riconoscono tuttavia in un unico, decisivo, denominatore comune: quell¿essere il ¿cinematografo¿, ¿¿una scrittura di immagini in movimento e suoni¿¿, come annotava Bresson a caratteri maiuscoli nel suo quaderno di appunti negli anni ¿50.
In effetti un¿opera audio-visiva oggi ¿ dai prodotti d¿autore a quelli a intenzione dichiaratamente commerciale ¿ difficilmente è debitrice di un solo dispositivo tecnologico o di una sola tradizione espressiva: sempre più spesso si tratta di intrecci tra tecniche, linguaggi, media diversi. Con una conseguenza rilevante: che nel caso delle opere audiovisive oggi, sempre più difficilmente si può parlare di video o di film o di computer image.
Tecniche, effetti speciali, modalità di scrittura si intrecciano reciprocamente e a volte ¿ se provocati dagli artisti o dai grandi artigiani del cinema ¿ si estendono reciprocamente (nel senso che esaltano reciprocamente le diverse possibilità espressive). Non è infatti solo una razionalizzazione economica il passaggio della pellicola alla elettronica al digitale e viceversa che in qualunque produzione cinematografica odierna si verifica anche più di una volta nel corso della lavorazione di uno stesso film; può essere un¿esperienza di valorizzazione estetica, di scoperta di nuovi linguaggi e/o di nuove e più efficaci modalità comunicative.
E ¿ a mezzo secolo dalla nascita della tv, che all¿inizio è parsa dividere anziché unire i vari ambiti delle cinematografia ¿ ciò oggi è vero sia per il film che per il video: né l¿uno né l¿altro più integralmente puri, né tecnologicamente né linguisticamente. E per fortuna.
Perché così ¿ godendoci questi film che non sono più film e questi video che non sono più video e queste animazioni computerizzate nelle quali non è l¿immagine, ma il movimento a prevalere (magari in 3D o nel ritmo dei colori) ¿ possiamo finalmente valorizzare la cinematografia come vicenda unitaria: vitale, affascinante e di indubbio futuro, dalla fotografia al film all¿immagine numerica.
Così possiamo finalmente cogliere ¿ senza dimenticare, oltre al denominatore comune, eredità e differenze che pure sussistono tra tecnica e tecnica ¿ tutte le ¿storie¿ di una ¿storia del cinema¿ a questo punto ben più che centenaria; e tutti gli artisti che dall¿epoca del muto a quella del sonoro fino alla videoarte hanno scelto il cinema come ambito privilegiato dalla loro esplorazione: coscienti di doversi confrontare sempre non con un supporto o un dispositivo (il film, il video, il computer), ma con il cinematografo tout court. Come diceva Bresson, ¿¿con un modo nuovo di scrivere, dunque di sentire¿.
In questo contesto ¿ una storia ¿aperta¿, dai molti, possibili ed anche contraddittori sviluppi come tutte le storie della modernità ¿ le esperienze degli artisti che dagli anni ¿60 in poi hanno esplorato il video e l¿elettronica con la stessa passione ed inquietudine dei loro omologhi dei decenni precedenti la pellicola e la macchina da presa, acquistano un particolare rilievo.
Così la videoarte, oltre che un¿esperienza decisiva dell¿arte e della comunicazione contemporanea, può essere intesa come un laboratorio essenziale per il cinema. Un laboratorio di idee, forme narrative, nuove immagini, relazioni audio-logo-visive inedite, effetti speciali (ma tutti gli effetti rivoluzionari del cinema, a partire dal primo piano, sono stati all¿inizio speciali¿) tanto più utili al cinema quanto consoni alle nuove tecniche e potenzialmente aperti a quelle future, come gli ipertesti o le reti telematiche.
Di queste storie di specificità e di intrecci, di memorie e di radicali novità di questo cinema che nel suo diventare elettronico da trent¿anni fugge e ritorna a sé e si ritrova giovanissimo e vivace e con un gran desiderio di raccontare i nuovi mondi e le nuove emozioni e i nuovi approfondimenti della coscienza di sé che va scoprendo, queste giornate proposte e organizzate dal Dipartimento Comunicazione letteraria e Spettacolo dell¿Università Roma Tre (una delle più autorevoli sedi di ricerca e studi sul cinema in Italia), non sono che un saggio. O, piuttosto, non sono che un invito alla lettura di questa possibile e ancora largamente inesplorata e affascinante ¿cinegrafia¿ (come la chiamava Germaine Dulac) elettronica: presentata chiamando a confrontarsi da tutta Europa alcuni dei maggiori studiosi dell¿argomento, così come ¿ nella Rassegna ¿ alcuni degli autori più sorprendenti e in alcune delle produzioni esplicitamente ed espressivamente pensate per il grande schermo o per i nuovi intrecci linguistici della futura arte intermediale.
L¿intervento del prof. Marco Maria Gazzano lancia il Convegno Cinema e Arti Elettroniche, che si terrà a Roma dal 10 al 14 dicembre 2003, Teatro Palladium, Piazza Bartolomeo Romano.
Previsti gli interventi di Guido Fabiani, Gianni Borgna, Walter Veltroni, Carlo Lizzani, Carlo Maria Gazzano, Alberto Abruzzese, Gaetano Stucchi, Gianni Amelio, Giacomo Mazzone, Peppino Ortolleva, Giovanni Profita, Francesco Maselli, Gianni Toti, Lino Micciché, Alessandro Amaducci, Silvia Bordini, Lorenzo Cuccu, Sandra Lischi, Adriano Aprà, Paolo Berretto, Pietro Montani, Jean Paul Fargier, Matteo Bittanti, Gianni Canova, Peter Del Monte, Giampiero Gamaleri, Simonetta Cargioli, Valentina Valentini, Patrice Vivancos, Vincenzo Vita, Carlo Quartucci, Carla Tatò, Louis Nero.