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Se chiamate la banca britannica HSBC o il Gruppo americano IBM, vi risponderanno dall¿India.
Più di cinquanta multinazionali hanno, infatti, deciso di spostare i loro call center verso Paesi asiatici.
Tra questi aziende figurano i grandi marchi americani dell¿Informatica, Dell, Intel, HP, ma anche Accenture, numero uno a livello mondiale per la consulenza alle imprese, la banca britannica Lloyds TSB, i Gruppi di telecomunicazioni BT (ex-British Telecom), l¿americana AT&T, gli assicuratori britannici Aviva e Prudential, la società di revisione Ernst & Young e molti altri.
Queste società hanno spostato in India i loro ¿desk di relazione con i clienti¿ o call center, attirati dalla disponibilità di mano d¿opera a buon mercato, ma anche per il gran numero di diplomati di lingua inglese: è il secondo Paese al mondo dopo gli Stati Uniti.
La situazione ha creato una importante quanto indefinita protesta a livello europeo.
L¿estate scorsa, il sindacato britannico Communication Workers Union (CWU) aveva manifestato a Londra davanti agli uffici di BT, dopo la decisione del Gruppo di Tlc di aprire dei call center a Bangalore (India). Secondo la CWU, circa 200.000 impiegati britannici rischierebbero di perdere il loro lavoro nel corso dei prossimi cinque anni.
Le aziende, dalla loro, si giustificano adducendo la necessità di economizzare i costi.
Prudential, che ha trasferito a Bombay il suo call center, ha realizzato un risparmio annuale di 22,5 milioni di euro.
In India, Paese che registra un alto tasso di disoccupazione, secondo alcune cifre ci sarebbero più di 20 milioni di senza impiego, i piani di dislocamento delle aziende occidentali vengono visti come delle grosse opportunità di lavoro.
Gli impiegati di questi call center lavorano per un settimo del salario dei loro colleghi europei, ma guadagnano otto volte il reddito annuale medio degli indiani, che è di 450 dollari.
Arleen Tony, 24 anni, diplomata in psicologia, ha lasciato l¿insegnamento per un posto al call center della ICICI Onesource a Bangalore, che lavora per una ventina di società straniere.
La Tony ha seguito dei corsi di dizione e raddoppiato il suo stipendio. Non ha avuto bisogno di cambiare nome, Tony è sufficientemente occidentale.
Il suo collega Aksash Amin è, diventato Jason Berkley; Urmila Murthy è Rachel Green e Avinash Kartik, Keith Blackwill.
¿Riceviamo 700 curricula in media al giorno”, ha calcolato Bharathwaj, uno dei responsabili del call center 24/7 Customer.
Randeep Sudan, responsabile dell¿APFIRST, società di consulenza per gli investimenti nella tecnologia, spiega che sicuramente gli impiegati dei Paesi occidentali non sono contenti di perdere il loro lavoro, ma per le aziende si tratta di una scelta dettata dalla necessità di economizzare sui costi, ¿per cui la scelta sembrerebbe obbligata¿.
La società, prima nel suo settore in India, stima in circa 1,3 milioni il numero degli impieghi americani che saranno dislocati tra il 1003 e il 2010.
Ma aggiunge che, per 100 dollari investiti all¿estero per un call center, 143 dollari ritornano negli Stati Uniti sotto forma di profitto e di crescita in termini di fatturato.
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