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Questa settimana ricorre un anniversario, che non in molti vorranno festeggiare. Già, perché i virus informatici compiono 20 anni.
20 anni costellati da problemi alla sicurezza dei network, causati da virus via via sempre più invasivi e dannosi.
Il primo esempio documentato di virus informatico risale al novembre 1983, quando uno studente americano, Fred Cohen, creo il primo programma capace di ¿infettare altri programmi, modificandoli in modo da includere una¿versione di se stesso¿.
Cohen inserì il virus in un programma di grafica chiamato VD, progettato per il mini computer Vax della IBM. Tempo 5 minuti, l¿applicativo deato da Cohen raggiunse e infettò ogni parte del Pc, che andò KO in meno di un¿ora.
Fred Cohen condusse i suoi test con vero e proprio rigore scientifico e presentò i risultati a un seminario sulla sicurezza organizzato dalla University of Southern California.
La costernazione seguita alla dimostrazione pratica della capacità distruttiva di simili programmi fu tale che ogni ulteriore sperimentazione venne vietata.
Cohen, però, proseguì, dimostrando che il software avrebbe tranquillamente potuto creare problemi a qualsiasi sistema operativo. Nei suoi documenti profeticamente dichiarava: ¿¿(i virus) possono diffondersi attraverso le reti informatiche allo stesso modo in cui si diffondono in una singola macchina e rappresentano perciò una tangibile e immediata minaccia per molti degli attuali sistemi¿.
Sono passati 20 anni da quei primi esperimenti e i timori palesati da chi avrebbe voluto impedire successive ricerche si sono rivelati più che fondati. Inizialmente, la diffusione avvenne attraverso i floppy, unico modo ¿all¿epoca ¿ di trasferire dati da Pc a Pc. Il primo esempio fu il virus ¿Brain¿ che fece la propria apparizione nel 1986, in Pakistan ed era apparentemente compilato per aiutare i suoi creatori a monitorare la pirateria dei programmi informatici.
La creazione di Brain aprì la strada ad una vera e propria invasione di varianti, come Lehigh, Jerusalem, Cascade e Miami.
Ma è con l¿avvento di Microsoft e del sistema operativo Windows che i virus cominciano a causare vere e proprie epidemie e compaiono sulla scena i cosiddetti macro virus, capaci di nascondersi dietro i file di testo che iniziavano a essere scambiati sulle reti interne delle aziende .
E più le versioni del sistema operativo venivano aggiornate, più i ¿writer¿ riuscivano a tenersi al passo con le evoluzioni tecnologiche.
Nel 1999 e fa la sua apparizione il virus Melissa, il primo capace di inserirsi nella cartella contatti di Outlook e di auto inviarsi attraverso la posta elettronica.
Il successo di Melissa fu favorito dal boom che Internet stava vivendo in quel periodo, ma da qual momento, ogni anno, esce fuori un virus capace di gettare nel panico la Rete.
A oggi, sono stati individuati oltre 60.000 virus dai nomi più fantasiosi: Love Bug, SoBig, Slammer, MSBlast. Ed è come se il fenomeno più odioso dell¿epoca Internet non conoscesse rivali.
L¿ultimo tentativo per arginarli arriva proprio dal colosso informatico di Bill Gates, che ha messo una taglia di 500 mila dollari sulla testa degli autori dei due virus più dannosi degli ultimi anni: Blaster e Sobig che lo scorso agosto hanno paralizzato migliaia di computer in tutto il mondo, sfruttando proprio una falla del sistema operativo Windows, che da allora è nell¿occhio del ciclone a causa della scarsa affidabilità dimostrata.
A nulla sono valsi infatti, i numerosi software anti-virus in circolazione, dal momento che i creatori di worm sembrano essere sempre scaltri delle società multinazionali che cercano di contrastarli.
L¿ultimo virus in ordine di tempo si nasconde dietro le mentite spoglie di un misterioso James, che invita i destinatari a consultare le sue foto ¿strettamente private¿, scattate in una calda serata. James si spaccia per un interlocutore familiare, che usa il nome del dominio che sceglie di infettare ma basta semplicemente cliccare due volte sull¿allegato (“photos.zip”) al messaggio ¿our private photos¿, perché il virus si propaghi sui Pc.