Italia
di Andrea Piersanti
Presidente
ISTITUTO LUCE
Cӏ una nuova generazione di consumatori che interessa (e molto) il mercato della televisione. Sono i giovani dal pollice svelto, che navigano senza problemi sul web e che sparano a raffica milioni di sms dai loro telefonini iper-colorati.
Per questi nuovi consumatori però la televisione non esiste. I tentativi non sempre felicissimi e spesso un po¿ goffi della tv di intercettare questo pubblico dimostrano infatti come il broadcasting sia rimasto indietro.
Attaccata in modo convulso al pubblico over cinquanta (quando non si tratta del pubblico over sessanta), la televisione del sabato sera e della domenica pomeriggio non riesce più a comunicare con il resto della società. Non riesce più a comunicare soprattutto con il pubblico dei cosiddetti ¿responsabili degli acquisti¿: con il pubblico dei giovani (grandi consumatori di tutto) e degli adulti di mezza età. La situazione, dal punto di vista del linguaggio, è ormai diventata paradossale. I format televisivi sono tarati su spettatori molto anziani (che sono gli unici a far impennare gli indici dell¿Auditel). La pubblicità che va in onda in televisione è invece pensata in gran parte per un pubblico di fascia generazionale diversa: giovani e adulti di mezza età, appunto. I pubblicitari sanno bene che sono loro gli unici in grado di far lievitare gli indici dei consumi.
Così la televisione italiana soffre ormai di una grave forma di schizofrenia parossistica. Su diversi fronti.
Su quello del linguaggio, tanto per cominciare. Come una persona con il singhiozzo o, peggio, balbuziente, la televisione generalista comunica a corrente alternata. I giovani vengono attirati dagli spot e guardano con disgusto i ¿programmi da vecchi che interrompono la pubblicità¿.
A proposito, come mai a nessuno è venuto ancora in mente di fare un canale televisivo monotematico sulla pubblicità televisiva? Una overdose continuata, 24 ore al giorno, di spot pubblicitari da tutto il mondo, condita da video clip musicali (che sono gli spot dell¿industria discografica). Potrebbe essere un ¿caso¿! Con gli schermi ultrapiatti, potrebbe diventare l¿arredo permanente e permanentemente in evoluzione di molti uffici e case trendy.
I più anziani invece guardano con interesse affettuoso le fiction infinite e gli ormai sempre più deliranti talk show ma rifiutano categoricamente la pubblicità. E ne approfittano per andare al bagno, telefonare ai parenti, ecc.
La televisione è schizofrenica anche nell¿elaborazione delle strategie generali. I politici, con la piacevole compagnia di alcuni affermati giornalisti, si affannano a ipotizzare scenari da incubo. Saremo schiacciati dal ¿pensiero unico¿, ripetono come Cassandra. I televisionari, da parte loro, alimentano, magari involontariamente, questa paranoia collettiva e si copiano l¿uno con l¿altro con una maniacalità ossessiva degna di miglior causa.
Come cantava De Gregori: non ti piace il programma che stai vedendo ma, che strano, non lo puoi più cambiare con il telecomando. Esempio ¿poetico e sintetico¿ di questa sindrome millenaristica della ¿minaccia del pensiero unico¿.
Ma il pubblico dei consumatori comincia decisamente ad riorientarsi in direzioni completamente diverse ed eterogenee. La rappresentazione della realtà nei mass media (cinema, televisione, giornali e web, soprattutto) è parcellizzata nelle mille infinite possibili interpretazioni dei protagonisti della comunicazione. Più che a un sistema globalizzato e omogeneizzato su un pensiero unico, il mondo dei mass media assomiglia sempre di più ad una infuocata riunione di condominio. Dove ognuno strilla la propria opinione.
Sul web, d¿altra parte, la moda del momento è il ¿blog¿, il sito internet fai da te. Alcuni editori, particolarmente svegli, hanno deciso di andare oltre il forum e la chat, e permettono agli utenti di costruirsi un proprio sito dove raccontare al mondo tutto quello che vogliono, ma proprio tutto. Un modo molto scaltro di intercettare una nuovissima voglia per una comunicazione fortemente personalizzata, quasi in un rapporto ideale ¿uno a uno¿. Un¿idea che però è lontanissima dal modo tradizionale di intendere la televisione generalista: da uno al mondo.
Aridatece Carosello, si grida dopo aver visto il film di Steven Spielberg ¿Minority Report¿ (uscito nel 2002). Il mondo della comunicazione (e della pubblicità) è una delle fissazioni degli autori di fantascienza. I registi che traggono ispirazione dai loro romanzi non sfuggono alla regola. Anche Spielberg ha riempito il suo nuovo film di fantastiche descrizioni delle possibili evoluzioni para-tecnologiche dei mass media. Nel film interpretato da Tom Cruise, i giornali e i settimanali hanno copertine e titoli animati che sembrano aggiornarsi in tempo reale. Le pubblicità murali sono come delle gigantesche proiezioni multimediali che, però, hanno il potere di ¿borseggiarti¿, dice uno dei protagonisti del film. Nei negozi, uno scanner ti legge la retina, ti identifica, ti dà il benvenuto, consulta i propri archivi e, ad alta voce, ti ricorda l¿acquisto più recente o più ripetuto. Pensa che imbarazzo se hai acquistato cose che vorresti nascondere ai vicini o se, l¿ultima volta, hai comprato qualcosa di compromettente ma non per la donna che ti accompagna in quel momento. Aridatece Carosello! Anche perché il film di Spielberg, come succede sempre più spesso ad Hollywood, è pieno zeppo di pubblicità subliminale.
I marchi di aziende contemporanee si sprecano, dai telefonini alle automobili, dai vestiti ai computer. Ma la vera novità tecnologica del film di Spielberg è, per la prima volta, la totale assenza della televisione. Computer fantastici che si comandano grazie a guanti wireless di realtà virtuale; pubblicità murali parlanti e animate (e borseggiatrici); telefoni delle dimensioni dei nostri attuali auricolari; automobili teleguidate. Ma televisione niente. Al di là della trama del film, sono queste le cose che alla fine rimarranno impresse nel subconscio dello spettatore. E su queste è il caso di fermarsi a riflettere un momento. Se il massimo esponente della più potente industria della comunicazione del mondo, Steven Spielberg, comincia a dire a milioni e milioni di persone (che nel pianeta hanno visto il suo film) che la televisione potrebbe non appartenere per forza alla visione del nostro possibile futuro, allora il gioco si fa pesante.
Intendiamoci. Non piangiamo per la scomparsa prematura di uno dei più diffusi media del mondo. No, non è questo il problema. Ci interessa invece capire perché la più grande emittente di informazione globalizzata del pianeta comincia a dirci che la comunicazione del futuro potrebbe non essere più come l¿abbiamo intesa fino ad adesso. L¿informazione interattiva che parla singolarmente ad ogni individuo chiamandolo per nome è un sogno della fantascienza (pensate alla fatica che si fa oggi anche solo per restringere un target a qualche milione di persone!). Ma la prospettiva che ci viene proposta a livello subliminale è interessante. È come se Spielberg stesso ci dicesse: il cinema globale, la televisione generalista e di massa, cioè gli strumenti che mi hanno fatto diventare ricco, sono ormai sorpassati. Noi, qui a Hollywood, abbiamo cominciato a pensarci e a disegnare visioni. E voi?
Quello che manca alla discussione generale sul futuro della televisione è, insomma, un po¿ di umiltà. La televisione italiana sta effettivamente cambiando ma nessuno ci ha ancora spiegato cosa stia accadendo. Si parla molto di tecnologia (il digitale terrestre) ma non si parla dell”offerta dei contenuti che la nuova televisione proporrà al pubblico.
L¿Osservatorio Tutti Media presieduto e animato da quella locomotiva della comunicazione che è Giovanni Giovannini, sta cominciando a studiare l¿idea di un convegno autunnale dove parlare di – Tutto quello che avreste voluto sapere sulla rivoluzione (TV) d”ottobre ma che nessuno vi ha ancora spiegato – Televisione prossima ventura: modelli di consumo e modelli di business -.
I consumi sono determinati dall”incontro fra domanda e offerta. L”evoluzione dei mezzi di comunicazione ha dimostrato che raramente le scelte tecnologiche sono poi in grado di determinare i consumi. Il “caso” del successo travolgente degli Sms dimostra come l”offerta tecnologicapossa esserescavalcata dalla domanda.
La legge Gasparri, il digitale terrestre, l”arrivo di Skye la telefonia (di tipo televisivo) di nuova generazione sono gli elementi più appariscenti di una annunciatissima “Rivoluzione televisiva d”ottobre“. Ma sono solo la punta di un iceberg.
La sensazione diffusa, a livello internazionale, è che la televisione interattiva (sui televisori con set box, sui computer collegati al web, sui telefonini attrezzati per la videofonia, ecc.) possa avere vita difficile se non saranno presto individuate le killer applications e cioè le offerte di contenuto in grado di sollecitare la domanda del pubblico.
In altre parole, dietro al dibattito sulle norme e sulla tecnologia, apparentemente non c”è niente altro. Si dovrebbe invece sollevare il velo. Nasce spontanea l¿esigenza di capireCOSA verrà offerto dalle nuove tecnologie e di discuterequindidei modelli di consumo che verranno sperimentati nei prossimi mesi.Videogiochi, eLearning, eGovernment, medicina a distanza, ecc.: COSA vedremo (e faremo) in televisione nei prossimi anni?
Dalle risposte che saremo in grado di suscitare potremo allora passare alla parte più consistente dell¿analisi.
Capire COME si svilupperà la televisione prossima ventura diventerà infatti un obbligo per tutti. Saranno infatti i modelli di consumo a determinare i modelli di business. Quando Berlusconi, negli anni Ottanta, costruì il suo impero televisivo, perfezionò un modello di business (la tv commerciale) che era già entrato nel Dna del pubblico italiano con le prime tv e radio private e che era stato già abbondantemente sperimentato negli Usa. Succederà così anche per la tv del futuro? Gli imprenditori che saranno in grado di intercettare i nuovi modelli di consumo emergenti diventeranno i protagonisti dei modelli del nuovo business televisivo? COME sarà costruito il sistema televisivo dei prossimi anni?
Sarà interessante capire, per esempio,CHI saranno i protagonisti di questo nuovo mercato. Se saranno editori o fornitori di servizi. Oppure se saranno i proprietari delle reti.
Sarà interessante capire anche come questa rivoluzione televisiva interagirà con il sistema dei media esistente. Se ci saranno integrazioni o se ci saranno terremoti. La Rai sarà in grado di tenere il passo? Il monopolio pubblicitario di Mediaset sarà ancora così determinante? E come reagiranno i mercati della pubblicità, delle edicole e delle librerie? E il tradizionale mercato dell”homevideo sarà sostituito dalla distribuzione virtuale per via telematica?
Il Rapporto sulla Televisione Digitale Terrestre di key4biz.it