Italia
di Francesco Siliato
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STUDIO FRASI
Mezzo milione di ascolto in meno. E¿ questo il risultato del confronto fra l¿ascolto medio di prima serata della scorsa settimana e quello prodotto dalla stessa settimana del 2002. Si tratta di un dato che va a confermare, incrementandolo, l¿andamento di tutte le settimane dall¿inizio della stagione televisiva e del periodo di garanzia pubblicitaria, 21 settembre, ad oggi.
La perdita di mezzo milione di ascolti, inoltre, conferma un valore già presente nei dati consolidati dell¿intero mese di settembre, quando fra le venti e trenta e le ventidue e trenta l¿audience non è arrivata a ventiquattro milioni contro i ventiquattro milioni e mezzo del settembre 2002.
La stampa ed i suoi operatori sono sempre molto attenti a questi dati; durante il lungo periodo di crisi degli ascolti fra il settembre del 2001 ed il marzo del 2002 non vi fu testata che non ne scrivesse.
La notizia fu lanciata dal quotidiano specializzato PuntoCom, che oggi riannuncia la propria uscita da parte di quell¿editoria incline più ai sussidi che alla qualità il che poco di buono lascia presagire, e riproposta da tutte le testate.
L¿attenzione dell¿editoria a stampa agli ascolti televisivi è motivata dalla constatazione che l¿ammontare degli investimenti pubblicitari nel nostro Paese va per il 55,4% (dati Nielsen gennaio-agosto 2003) al comparto televisivo dove due concessionarie di pubblicità raccolgono, da sole, il 53,3% di tutti gli investimenti pubblicitari destinati ai mezzi classici.
A così ben motivata attenzione da parte degli editori non sembra corrispondere altrettanta attenzione da parte degli operatori, e delle operatrici, di agenzie e centrali media, che oggi anzi si mostrano stupefatti di fronte ad un mancato calo del consumo di Tv, calo che non è affatto mancato, esiste e viene registrato dai dati diffusi dalla Auditel s.r.l. ma senza conseguenze di rilievo nel luogo in cui Auditel acquisisce il suo vero senso e che ne determinò l¿esistenza, il mercato pubblicitario.
La televisione viene abbandonata quattro giorni su sette e specialmente il mercoledì ed il sabato, giorno nel quale il valore della fuga arriva a superare i novecentomila individui nella seconda serata, dopo le ventidue e trenta, ma che presenta dati calanti sin dalle nove del mattino. Nell¿insieme dei giorni feriali, viceversa, la seconda serata è l¿unica a mostrare segni di incremento e la maggior fuga, superiore al mezzo milione, avviene nella fascia preserale, fra le diciotto e trenta e le venti e trenta, al tempo dei Tg.
A ridurre il consumo di televisione sono i target dei grandi consumatori del medium. Sono del resto gli unici che possano dare peso a dati assoluti di rilievo. Trecentomila donne mancano all¿appello del consumo televisivo da prima serata, valore che rappresenta il -2,2% di donne; mentre bastano cinquantamila ventenni in meno per produrre un ¿5% sul proprio target. Nel Sud peso assoluto e valore percentuale ritrovano armonia, con un abbattimento del consumo da parte di trecentomila individui, per un valore del ¿5%.
L¿elemento che offre la possibilità di calcolare il consumo di un mezzo e che è a fondamento del patto commerciale di compravendita, esistente fra le imprese televisive ed i propri consumatori, è il tempo. Dei centoventi minuti di prima serata ne sono consumati meno della metà dall¿insieme della popolazione, mentre gli over 64 ne consumano settantacinque, due minuti meno che lo scorso periodo omogeneo; le donne anziane e sole trascorrono davanti alla Tv settantasette dei 120 minuti di prima serata, ne passavano 81.
E i giovani?
Quelli con età compresa fra i venti ed i ventiquattro anni appena trenta minuti; i tre quarti di quanto emesso dalle reti viene da loro ignorato.
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