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Yahoo!, uno dei maggiori portali Internet mondiali, darà ai propri utenti stressati dallo spam, la possibilità di creare degli indirizzi ¿fantasma¿ di posta elettronica.
Gli indirizzi esca potranno essere utilizzati quando un sito ¿sospetto¿ richiede di fornire un account email: per esempio, se si vorrà acquistare un libro si potrà creare un account del tipo ¿user-bookclub@yahoo.com¿. Ogni messaggio inviato all¿indirizzo posticcio verrà dirottato su quello personale dell¿utente, che potrà immediatamente cancellarlo nel caso cominciasse a ricevere posta non sollecitata.
Il portale, che ha anche lanciato un centro anti spam a cui gli utenti possono rivolgersi se sommersi da posta spazzatura, ha preso molto a cuore il dilagare del fenomeno più fastidioso dell¿era Internet. Lo spam invade quotidianamente le caselle elettroniche di milioni di utenti che non hanno altro da fare se non cambiare indirizzo, perdendo magari preziosi contatti. A nulla sono valsi, infatti, i vari tipi di filtri messi in commercio per aiutare gli utenti nella lotta contro questo tipo di comunicazioni commerciali, dietro cui, molto spesso, si nasconde l¿industria della pornografia o poco convincenti compagnie finanziarie o paramediche.
Si calcola che il 40 per cento del traffico di posta elettronica sia costituito da spam e che i danni provocati a ISP, email provider e imprese da quella che è considerata ormai una ¿minaccia fantasma¿ ¿ la maggior parte delle compagnie segnalate fa capo a nomi fittizi o indirizzi elettronici temporanei ¿ si aggirino intorno ai 10 miliardi di euro. Yahoo, inoltre, ha dichiarato di avere registrato un aumento del 40% nello spam da gennaio ad agosto, e di avere ora una media di 700.000 annunci spazzatura al giorno.
Lo scorso aprile, l¿esasperazione provocata dal non riuscire ad arginare il fenomeno, ha portato i tre big di Internet, Yahoo, AOL e Microsoft – acerrimi rivali in altri campi – a unire le forze per combattere il fenomeno su tutti i fronti con misure di prevenzione, intervento e standardizzazione comuni, ma anche con strumenti individuali.
I dirigenti Microsoft ¿ che bloccano almeno 22 mail al giorno per utente – credono che la causa sia da ricercarsi nei bassi costi di invio (1.000 eMail hanno il prezzo di 5 dollari, un milione di indirizzi alla settimana costa 40 dollari al mese ndr) che ne fanno un business profittevole anche se a rispondere è una vittima su 100.000.
La prima eMail spazzatura risale al 3 maggio 1978, quando Gary Thuerk, venditore della DEC (colosso dell”informatica oggi assorbito da Hp) inviò a tutti gli utenti di Arpanet un invito a partecipare alla presentazione del nuovo computer della sua azienda scatenando le proteste degli utenti.
Lo scorso anno, AOL ha vinto una prima causa contro un¿azienda accusata di spamming: La sentenza è stata emessa dal tribunale del distretto Est dello Stato della Virginia, contro la CN Productions, colpevole d”aver inviato agli abbonati dell¿ISP quasi un miliardo di eMail non richieste di promozione di siti pornografici. AOL ha ottenuto un risarcimento da 7 miliardi di dollari.
Anche un altro ISP americano, EarthLink, ha vinto una causa contro uno spammer, condannato a versare all¿azienda 16,4 milioni di dollari comprensivi di danni e interessi. Howard Carmack, conosciuto come “Buffalo Spammer“, è stato condannato per aver inviato, dal marzo 2002, circa 825 milioni di eMail commerciali, a utenti di cui aveva ottenuto gli indirizzi ricorrendo a mezzi illegali, usando identità multiple.
Negli Stati Uniti, dove il fenomeno è molto più diffuso che da noi, ancora non si è trovata una soluzione legislativa adeguata e le associazioni industriali e dei consumatori chiedono a gran voce di seguire l¿esempio dell¿Europa.
Dal 31 ottobre, infatti, gli stati appartenenti all”Unione Europea dovranno adeguarsi alla Directive on Privacy and Electronic Communications (2002/58/CE ) che vieta l¿invio di messaggi a privati cittadini in tutta la Ue, a meno che non ci sia un consenso esplicito espresso per iscritto.
L¿Italia ha già provveduto al recepimento della direttiva con l¿emanazione del Codice della protezione datidel 30 giugno scorso. Al momento gli unici stati Ue dotati di una norma in materia sono Italia e Inghilterra, ma da più parti si sta dando corpo alla necessità di un”estensione globale della normativa, affinché una rigida regolamentazione interna non venga vanificata da eventuali pericolose anarchie esterne.