Italia
Avv. Donatella Boccali
Con le sentenze nn. 302 e 303 la Corte Costituzionale ha rispettivamente annullato le norme del regolamento sulla qualificazione (Dpr 34/2000) e ha bocciato il Dlgs 198/2002 relativo alla creazione di installazioni di nuova generazione.
Con la sentenza n. 303 del 2003 la corte costituzionale ha definito i giudizi di legittimità costituzionale promossi da una pluralità di regioni relativamente alla legge n. 443 del 2001 (Delega al Governo in materia di infrastrutture e interventi produttivi strategici e altri interventi per il rilancio delle attività produttive) e ai decreti legislativi delegati emanati in sua attuazione: il decreto legislativo n. 190 del 2002 e del Dlgs n. 198 del 2002 ( Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese).
Sul piano concreto l¿esito del giudizio ha determinato:
- l¿illegittimità costituzionale dell¿articolo 1, commi 3, ultimo periodo, e 3-bis della legge 443/2001. Con la prima disposizione si autorizza il Governo a integrare e modificare il regolamento in materia di lavori pubblici ci cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, per renderlo conforme alle nuove disposizioni contenute nella legge 443/2001 e ai decreti legislativi emanai in sua attuazione. Con la seconda si attribuisce alle regioni un ruolo meramente consultivo, nell¿ambito della procedura alternativa di approvazione dei progetti definitivi delle opere individuate nel programma governativo, procedura che si conclude con l¿approvazione a mezzo di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
- l¿illegittimità costituzionale degli articoli 15, commi 1 a 4 e 19, comma 2, del decreto legislativo 190/2002. Nel primo caso si autorizza il Governo a integrare, abrogare e modificare le disposizioni di tutti i regolamenti emanati in base alla legge 109/1994. Nel secondo caso, la disposizione che demanda la valutazione di impatto ambientale a una commissione speciale istituita con decreto del Presedente del Consiglio dei ministri, è stata considerata illegittima nella parte in cui ¿ per le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, non prevede che la commissione speciale Via sia integrata da componenti designati dalle regioni o province autonome interessate¿;
- l¿illegittimità costituzionale dell¿intero Dlgs 198/2002, stante il vizio di eccesso di delega.
Al fine di esaminare le questioni sottopostole, la Corte costituzionale è partita dal quesito di ¿appurare se il legislatore nazionale abbia titolo per assumere e regolare l¿esercizio di funzioni amministrative su materie in relazione alle quali esso non vanti una potestà legislativa esclusiva, ma solo una potestà concorrente¿.
Con riferimento al caso specifico la Corte costituzionale nega che la materia dei lavori pubblici, non espressamente indicata come tale né tra le materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, né tra quelle affidate alla legislazione concorrente, debba intendersi quale materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva delle regioni.
Secondo la Corte costituzionale, ¿i lavori pubblici costituiscono ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell¿oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti¿.
La Corte costituzionale rinviene il potere dello Stato di emanare norme in materie che non sono attribuite alla sua potestà legislativa esclusiva nell¿articolo 118 della Costituzione e, in particolare, nei principio di sussidiarietà e di adeguatezza che devono guidare l¿allocazione delle funzioni amministrative. La potestà legislativa dello Stato si estende al di là delle ¿sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principi nelle materie di potestà concorrente.¿
In questo contesto, la circostanza che l¿articolo 118 della Costituzione consente di allocare funzioni amministrative , generalmente attribuite ai comuni, a un livello di governo diverso ¿per assicurarne l¿esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza¿, comporta conseguenze ¿sull¿esercizio della funzione legislativa, giacché il principio di legalità, il quale impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge, conduce ad escludere che le singole regioni, con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere ad un compito siffatto¿.
La Corte costituzionale precisa che se ¿non può negarsi che l¿inversione della tecnica di riparto delle potestà legislative e l¿enunciazione tassativa delle competenze dello Stato dovrebbe portare ad escludere la possibilità di dettare norme suppletive statali in materie di legislazione concorrente, non dimeno essa, se pur comporta una temporanea compressione della competenza legislativa regionale ¿deve ritenersi non irragionevole, finalizzata com¿è ad assicurare l¿immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettività¿.
La Corte circonda l¿esercizio di potestà normativa statale in materie non espressamente attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, di una pluralità di condizioni e limiti:
- sul piano sostanziale o di contenuto, si afferma che l¿assunzione di funzioni amministrative da parte dello Stato deve essere subordinato a una valutazione di ragionevolezza. Secondo la Corte ¿ i principi di sussidiarietà e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell¿interesse pubblico sottostante all¿assunzione di funzioni regionale da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la regione interessata¿. Al fine di valutare se una legge statale sia invasiva delle attribuzioni regionale o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza ¿diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un¿intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l¿operatività della disciplina¿;
- sul piano delle fonti utilizzabili, la Corte ribadisce che lo Stato, per la disciplina delle funzioni amministrative dallo stesso esercitate , non può ricorrere a fonti regolamentari, ed afferma che ¿se alla legge statale è consentita l¿organizzazione e la disciplina delle funzioni amministrative assunte in sussidiarietà, va precisato che la legge stessa non può spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminando i principi che orientano l¿esercizio della potestà regolamentare, circoscrivendone la discrezionalità¿.
Il punto fondamentale della decisione è rappresentato dalla ricostruzione delle competenze legislative, ripartite tra Stato e Regioni e province autonome, una ricostruzione che non si limita alla lettura e all¿interpretazione dell¿articolo 117 Cost., ma legge questa disposizione unitamente all¿art. 118 Cost. sull¿attribuzione delle funzioni amministrative.
Per la Corte l¿attrazione allo Stato, per sussidiarietà e adeguatezza, delle funzioni amministrative determina anche l¿attrazione delle correlative funzioni legislative. Peraltro afferma che ¿non può negarsi che l¿inversione della tecnica di riparto delle potestà legislative e l¿enumerazione tassativa delle competenze dello Stato dovrebbe portare ad escludere la possibilità di dettare norme suppletive statali in materia di legislazione concorrente¿.
Per la Corte costituzionale l¿indicazione delle materie attribuite alla potestà legislativa statale è ¿tassativa¿; lo Stato non può emanare normativa di dettaglio in materie attribuite alla legislazione concorrente; tale esercizio di potestà legislativa è possibile solo come conseguenza di una attribuzione allo Stato di funzioni amministrative ai sensi dell¿art. 118 della Costituzione.
Dalla lettura della sentenza della Corte si evidenziano alcuni punti.
In primo luogo non risulta chiaro la natura e le conseguenze dello spostamento delle attribuzioni costituzionalmente definite. La Corte afferma che ¿occorre riconoscere una vocazione dinamica della sussidiarietà che consente ad essa di operare non più come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribuzioni stabilite e predeterminate, ma come fattore di flessibilità di quell¿ordine in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie¿. Lo spostamento di competenze legislative consegue all¿attribuzione allo Stato di unzioni amministrative in virtù del principio di sussidiarietà e del principio di adeguatezza.
A fronte di una flessibilità nel giustificare l¿intervento legislativo statale, in deroga all¿art. 117 Cost, pur giustificata dalla ragionevole applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza nell¿attribuzione di funzioni amministrative, la Corte resta rigidamente ancorata all¿affermazione secondo la quale ¿neppure i principi di sussidiarietà e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacità che è estranea al loro valore, quella cioè di modificare gli ordinamenti regionale a livello primario¿.
Il principio per cui lo Stato non può esercitare potestà regolamentare e tanto meno ricorrente alla delegificazione, in materie diverse da quelle attribuite alla sua potestà legislative esclusiva , si trova in precedenti decisioni.
La Corte riferisce l¿intera ricostruzione delle attribuzioni legislative ¿alla valutazione dell¿interesse pubblico sottostante all¿assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato¿.