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Sono iniziati i grossi cambiamenti in casa Universal Music. La prima major del mondo ha ammesso di aver avviato un piano di ristrutturazione che prevede la soppressione di 1.350 posti di lavoro presso le sue unità.
L¿obiettivo: economizzare 200 milioni di dollari in un anno.
Universal ha adottato questa politica di riduzione dei costi a inizio anno, e ha già tagliato negli uffici che ha sparsi nel mondo circa 550 posti.
E prevede di licenziare altri 800 dipendenti, di cui 190 negli Stati Uniti entro dicembre e 610 nel resto del mondo.
Prima di avviare questo piano, Universal impiegava nel mondo 12.200 persone, una cifra che prevede di portare a 10.850.
Nel comunicato il Gruppo dichiara che ¿¿Come tutte le imprese responsabili, Universal Music Group tenta di gestire la propria attività al fine che rimanga la più efficiente e competitiva sul mercato¿.
Un portavoce della società ha detto inoltre, Universal sarà ¿più misura¿ nella promozione dei propri artisti.
Aggiungendo ¿bisogna tener conto della realtà di un mercato della musica in declino, e quindi razionalizzare la struttura dei costi dell¿impresa¿.
Il problema maggiore che riguarda il Gruppo, ma anche tutte le case discografiche del mondo, è la crisi del mercato del disco. Le vendite infatti continuano ad abbassarsi in modo preoccupante.
Secondo il comunicato della RIAA riguardante i primi sei mesi del 2003, la distribuzione musicale negli Usa è calata complessivamente del 15,8% in termini di quantità e del 12% in dollari. Cifre da crisi terminale, soprattutto considerato che fanno seguito a un calo del 7% nel 2003.
Il fatturato della filiale di musica di Vivendi Universal ha perso il 24,5% a 2,16 miliardi di dollari nel primo semestre 2003, gettando in rosso l¿utile operativo che è stato di 42 milioni di euro, dopo quello di 169 milioni di euro dell¿anno prima.
Come i suoi competitor, quindi, e nonostante sia la major numero uno del settore, Universal non sfugge alla crisi del mercato.
Le vendite mondiali sono scese dell¿11% nel primo semestre, entrando così nel terzo anno consecutivo di recessione economica.
La causa di questa larga crisi è dovuta essenzialmente alla pirateria di CD.
Le copie false vendute per strada e il download gratuito di musica da Internet hanno determinato dal 2000 a oggi, una caduta delle vendite stimabile secondo alcuni esperti tra il 20 e il 30%.
A questo però va ad aggiungersi anche il prezzo dei CD considerato da giovani e meno troppo alto.
In questo senso Universal ha deciso di ridurre del 25% il prezzo dei suoi CD al dettaglio, portandoli a 12,98 dollari.
Decisione che al momento riguarda solo il mercato statunitense, ma che presto potrebbe estendersi in altri Paesi.
La decisione è stata giudicata rivoluzionaria dalle società concorrenti. “Con questo passo cambieranno per sempre le regole del settore ¿ aveva commentato un anonimo dirigente al Wall Street Journal – è una mossa davvero coraggiosa, proprio ciò che ci voleva”.
Le altre quattro major del mercato – Warner Music, BMG, EMI e Sony ¿ stanno tentando di arginare il problema avviando trattative di fusione tra loro.
Warner Music con la casa discografica inglese EMI, mentre BMG (Bertelsmann) sta portando avanti il suo piano per la costituzione di una joint venture paritetica nel settore musicale.
Universal al momento mantiene la propria indipendenza e resta fuori da colloqui di questo tipo.
Dopo un periodo di incertezza in cui si parlava di una possibile cessione dell¿asset, sembra che adesso Vivendi Universal e il suo presidente Jean-René Fourtou vogliano mantenere la major nel perimetro del Gruppo, in attesa di tempi migliori.