Italia
Avv. Donatella Boccali
Recente è una decisione della sesta sezione del Consiglio di Stato (n. 4847/2002) in tema di telecomunicazioni, secondo la quale “gli impianti di telefonia mobile e relative opere accessorie vanno qualificati come opere private di pubblica utilità, con la conseguenza che è possibile riguardo a essi utilizzare lo strumento espropriativo (con commisurazione dell¿indennità al valore venale) e con esclusione dell¿applicabilità dell¿art. 1 della legge 1/1978″.
La vicenda contenziosa origina dalla individuazione di un determinato numero di siti idonei alla collocazione degli impianti operata dal comune di Salsomaggiore Terme. Il comune ha approvato il progetto relativo ad alcuni siti attrezzati per la collocazione delle antenne , adottando la relativa variante urbanistica ai sensi dell¿art. 1 della legge 1/1978. E¿ stata prevista l¿espropriazione delle aree occorrenti per i siti attrezzati di cui si è detto, con mantenimento delle loro proprietà in capo al comune e concessione delle stesse aree, a titolo oneroso, ai gestori degli impianti di telefonia mobile.
Con ricorso al TAR il proprietario di una delle aree oggetto del progetto approvato dal Comune, impugnava gli atti sopra indicati.
Il TAR di Parma nell¿accogliere il ricorso, ha rilevato che gli impianti di telefonia mobile non sono opere pubbliche, in difetto di soggettiva appartenenza alla pubblica amministrazione, ma opere di proprietà privata di interesse pubblico, e che il comune deve esercitare in modo appropriato le proprie importanti funzioni di mera pianificazione territoriale e urbanistica e di coordinamento delle richieste di autorizzazione dei diversi gestori secondo quanto dispone la legislazione regionale dell¿Emilia Romagna ( legge regione Emilia-Romagna n. 30/2002), ma non può ingerirsi con un intervento diretto al fine di divenire proprietario delle aree utilizzando poteri espropriativi senza una specifica disposizione in tal senso che l¿autorizzi.
Di qui l¿appello del comune di Salsomaggiore Terme.
La decisione di appello riforma la pronuncia di primo grado, ritenendo la sesta sezione del Consiglio di Stato consentita nel caso di specie l¿espropriazione delle aree a opera del Comune.
Le opere in questione sono opere private poichè sono opere realizzate da privati e destinate alla gestione di un servizio con criteri sicuramente imprenditoriali. Ma vi è qualcosa di più rispetto all¿opera privata in senso stretto: pur escludendo in capo al comune la sussistenza del potere di espropriare le aree interessate, le opere in questione sono qualificate opere di ¿interesse pubblico¿.
La ¿pubblica utilità¿ è un quid pluris che importa l¿applicazione di un diverso regime giuridico.
Il servizio di telefonia mobile è da considerarsi pubblico servizio (art. 2, comma 1, del Dpr 19 settembre 1997 n. 318). Se ai sensi della citata norma, l¿installazione e l¿esercizio di reti di telecomunicazioni sono considerati ¿attività di preminente interesse generale¿, allora anche gli impianti di telefonia mobile sono impianti di interesse generale, pur gestiti da privati con criteri imprenditoriali.
Viene richiamata al riguardo anche la disciplina dettata dal Dlgs 198/2002 in tema di infrastrutture di telecomunicazioni. Mentre per quelle strategiche è posta la qualificazione di infrastrutture di interesse nazionale, per l¿installazione di infrastrutture per impianti radioelettriche l¿installazione di torri, tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di telecomunicazione, di stazioni radio base per reti di telecomunicazioni mobili Gsm/Umts, è prevista la compatibilità con qualsiasi destinazione urbanistica e la loro realizzabilità in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici.
A tali opere viene esclusa la qualificazione di opere di urbanizzazione, primaria o secondaria in ragione della mancata ricomprensione delle infrastrutture di telecomunicazione, a opera del testo unico sull¿edilizia, nell¿elenco previsto delle opere di urbanizzazione, fatta eccezione per i cavedi e i cavidotti.
Non sono qualificabili come opere pubbliche perché necessitano di un atto di autorizzazione da parte degli enti locali, previo accertamento, da parte dell¿Arpa o dall¿organismo indicato dalla regione, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità stabiliti a livello nazionale in relazione a quanto disposto dalla legge n. 36/2001 e relativi provvedimenti di attuazione; ai sensi dell¿art. 7 del TU edilizia, questa autorizzazione non è prevista per le opere pubbliche.
I giudici di appello individuano altre due disposizione che ribadiscono la natura di opere di pubblica utilità per gli impianti di telefonia mobile: l¿art. 3 della legge 166/2002 secondo il quale a decorrere dallo scorso 1° luglio, data di entrata in vigore del testo unico sulle espropriazioni, l¿autorità espropriante può procedere, ai sensi dell¿art. 43 del medesimo testo unico, disponendo con oneri di esproprio a carico dei soggetti beneficiari, l¿eventuale acquisizione del diritto di servitù al patrimonio di soggetti , privati o pubblici, titolari di concessioni, autorizzazioni o licenze o che svolgano, anche in base alla legge , servizi di interesse pubblico nel settore delle telecomunicazioni.
Viene richiamato anche l¿art. 231 del testo unico del 1973 in materia postale secondo cui ¿gli impianti di telecomunicazioni e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti, semprechè siano esercitati dallo Stato o dai concessionari, per i servizi concessi a uso pubblico, hanno carattere di pubblica utilità¿.
Il comune poteva espropriare le aree destinate alla realizzazione di siti su cui ubicare gli impianti di telecomunicazione, ma il comune non poteva avvalersi del procedimento di variante urbanistica di cui all¿art. 1 della legge n. 1/1978 che riguarda solo le opere pubbliche o quelle di pubblica utilità che fruiscono di finanziamento pubblico.