Italia
Un anno duro e travagliato per l¿economia, per la pubblicità e per la vita di tutti noi. La guerra si è risolta ma la gran parte dei problemi permane.
Nonostante il rapido successo angloamericano, continuiamo a vivere in una situazione di prevalente incertezza con un orizzonte che non presenta alcun segnale di rapida ripresa dell¿economia internazionale, contrariamente a quanto molti prevedevano o almeno speravano.
Lo stesso presidente della FED, Alan Greenspan, che governa l¿economia americana e di fatto anche quella mondiale, ha parlato di un avvio lento della ripresa per gli Stati Uniti nella seconda metà del 2003.
Questo vuol dire, come del resto si ritiene nelle più qualificate sedi internazionali, che per l¿Europa il 2003 sarà un anno di crescita molto limitata. E¿ difficile dire se ancora una volta l¿economia europea si riavvierà al traino di quella americana, come è quasi sempre successo, o se invece le due aree potranno riprendersi in maniera concomitante.
Quello che si può prevedere è che difficilmente si potrà verificare una ripresa vigorosa nella seconda metà di quest¿anno, almeno nella nostra vecchia Europa. In Italia poi il quadro non è più favorevole. Il clima sociale rimane molto teso, ricominciano le tornate elettorali, permangono le tensioni tra maggioranza e opposizione. Il quadro politico appare alquanto frantumato e litigioso e non si può certo pensare che tutto questo possa aiutare gli imprenditori in un momento di incertezza e di stagnazione che colpiscono un po¿ tutti i settori.
Nella seconda metà degli anni novanta vedevo con chiarezza i presupposti di crescita per l¿economia e la pubblicità, quest¿anno, come del resto ho fatto l¿anno scorso, devo essere molto realista e devo quindi esprimervi una certa preoccupazione sia sul versante dell¿economia italiana che su quello dell¿economia internazionale. Del resto su questa linea si sono pronunciati anche la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, e lo stesso Governo italiano, che hanno dovuto ridimensionare le loro previsioni di crescita, in alcuni casi quasi dimezzandole.
Non si discostano da queste valutazioni i più autorevoli esperti italiani e stranieri. E tutti noi, quindi, dobbiamo adottare una linea di prudenza. Naturalmente la stagnazione investe anche la comunicazione commerciale e la pubblicità. Ne soffriamo un po¿ tutti: Aziende, Agenzie di pubblicità, Concessionarie, Mezzi, professionisti della comunicazione. Nessuno però si deve fasciare la testa chiudendosi in un cupo pessimismo.
Un po¿ perché crediamo ragionevolmente che il peggio sia passato e un po¿ perché, a ben guardare, rispetto a tutto quanto è successo, il mercato della pubblicità è diminuito di pochi punti, che sono tanti rispetto alle nostre aspettative ma non poi così tanti se guardiamo al cumulo dei fattori negativi verificatisi in questi ultimi tempi: crisi dell¿economia internazionale, guerre di dimensioni inusitate, situazione esplosiva nel Medio Oriente, rischi petroliferi, inquietudini politiche e sociali, diffusione e timori per la Sars, ecc.
Alla fine di questa ¿gioiosa¿ elencazione possiamo forse dire che il calo degli investimenti pubblicitari delle nostre Aziende poteva essere di ben più ampia portata anche perché molti dei punti di diminuzione degli stanziamenti globali sono stati determinati dalla crisi della net economy che negli anni 1999-2000 era arrivata a influire per circa il 10%.
Mi sento quindi di poter dire che la sostanziale tenuta degli investimenti da parte delle Aziende di fronte a un cumulo così imponente di fatti negativi ha del prodigioso, anche perché non dobbiamo dimenticare come gli aiuti della mano pubblica a favore degli imprenditori non sono stati certo generosi.
Inoltre le Aziende in questi ultimi anni si sono trovate di fronte a clienti sempre più esigenti, consapevoli e selettivi e che al tempo stesso non sono disposti a pagare di più. Questo, in linea generale, può essere considerato un fatto positivo, un segno di maturazione che ha l¿effetto di stimolare le Aziende e di premiare le migliori. Ciò non toglie tuttavia che per i produttori di beni e di servizi si tratti di un impegno oneroso che si rinnova di giorno in giorno e che assorbe non poche risorse.
Quello delle Aziende è stato quindi uno sforzo eccezionale e coraggioso perché nonostante tante congiunture sfavorevoli e concomitanti, hanno ridotto i costi su altre voci piuttosto che sulla comunicazione ben sapendo che, una volta concluso il ciclo di crisi, sarà di gran lunga più agevole riprendere ad operare con successo sul mercato per chi ha continuato a spingere sul pedale dell¿acceleratore e a mantenere elevato il valore della marca.
Sempre con riferimento a questo ultimo periodo abbiamo notato un considerevole numero di lanci di nuovi prodotti operati con rilevanti stanziamenti proprio sul versante della comunicazione.
Tutto ciò senza contare che non poche Aziende in questi ultimi tempi hanno fatto notevoli passi avanti attraverso l¿attenzione sempre maggiore alla qualità del prodotto e del servizio oltre che con l¿introduzione di nuove e sofisticate tecnologie non disgiunte da profonde innovazioni nei processi produttivi e nei prodotti stessi, avvalendosi di quel principio secondo cui è più facile conquistare nuove quote di mercato quando altri azionano il freno rispetto ai periodi in cui tutti sono impegnati nella corsa.
Non poche imprese sono riuscite poi ad ottenere una considerevole riduzione dei costi fissi adottando criteri di maggiore flessibilità ed eliminando complesse strategie costruite a tavolino per favorire invece una formula che Elio Catania, presidente della IBM, in un recente convegno ha chiamato ¿business on demand¿.
Sono molti poi quelli che in questi ultimi anni sono riusciti a dare alla propria Azienda un valore aggiunto agendo non soltanto sul prodotto e sulla comunicazione ma anche sul coinvolgimento attivo di tutto il personale all¿interno e all¿esterno dell¿Azienda, sulla sua partecipazione agli obbiettivi aziendali e sul suo aggiornamento professionale.
Anche questi due anni di generale stagnazione dei consumi perciò non sono trascorsi invano per le imprese più preparate e più lungimiranti, che saranno pronte a ripartire velocemente.
Ma la ripresa dei consumi va incoraggiata e stimolata in tutti i modi possibili. Non possiamo aspettare passivamente. L¿UPA, come voi sapete, si è mobilitata a fondo in questo senso e ha coordinato una campagna di grandissima portata che è stata generalmente apprezzata.
Contemporaneamente ci stiamo impegnando, insieme con altre associazioni, per ottenere finalmente un provvedimento di de – fiscalizzazione degli investimenti pubblicitari, cosa che porterebbe le imprese ad investire di più in pubblicità, o a cominciare ad investire da parte delle imprese, soprattutto le piccole e medie, che alla comunicazione non si sono ancora avvicinate.
Come voi sapete, si tratta di un tentativo già intrapreso nel passato e cioè alla fine del 2001 quando la crisi era iniziata e quando i fatti tragici dell¿11 settembre di quell¿anno l¿avevano aggravata.
La totale indisponibilità di copertura finanziaria da parte del bilancio opposta in quel momento dal Ministero dell¿Economia ha impedito l¿approvazione di un emendamento alla legge Tremonti nel senso da noi richiesto.
Da parte del Governo tuttavia, in quell¿occasione, era stato dichiarato che, ove la crisi degli investimenti pubblicitari si fosse protratta molto a lungo, si sarebbe fatto uno sforzo per rimettere in cantiere la proposta, non più come emendamento alla legge Tremonti ma come disegno di legge autonomo.
A distanza di quasi due anni dobbiamo notare che la ripresa non c¿è stata. Siamo quanto mai convinti che essa potrà verificarsi solo quando ricomincerà la crescita dei consumi e degli acquisti. E il miglior modo per sollecitare questa ripresa è rappresentato dalla intensificazione degli stimoli nei confronti dei consumatori attraverso la comunicazione e la pubblicità.
In poche parole siamo persuasi che si potrà così azionare una sorta di circolo virtuoso in cui la pubblicità farà da propulsore del sistema economico che riprenderà a crescere determinando benefici tangibili per le attività industriali, commerciali e distributive e via via per tutta l¿economia, dando luogo a sua volta ad un¿ulteriore ripresa degli stanziamenti in comunicazione.
Ci siamo perciò coordinati con le principali associazioni interessate per sollecitare un disegno di legge il cui iter contiamo possa essere molto rapido perché urgente è una spinta che risvegli un contesto impigrito e stagnante.
Dobbiamo anche ricordare che la pubblicità ha un effetto psicologico positivo e, attraverso i suoi messaggi e le sue molteplici proposte, stimola in maniera efficace e insostituibile l¿atteggiamento del consumatore e lo smuove dalla sua pericolosa abulia.
Non dobbiamo poi dimenticare la forza di traino e di stimolo rappresentata dalla marca con la sua continua capacità di innovazione e il suo favorevole rapporto tra qualità e prezzo.
I dati ci dicono che nel settore grocery riferito alla grande distribuzione, nell¿ultimo anno i prodotti di marca hanno presentato un aumento di prezzi sempre al di sotto della media. Anche per quanto riguarda la pubblicità le aziende di marca sono andate
contro corrente, dal momento che nel 2002 esse hanno investito il 4,2 % in più rispetto all¿anno precedente.
Il ritorno a livelli fisiologici della crescita degli investimenti pubblicitari gioverebbe molto anche alle agenzie di pubblicità, ai mezzi e alle loro concessionarie. Agenzie e centrali media stanno soffrendo in silenzio. Molte si sono ristrutturate e sono riuscite a ridurre notevolmente i costi. E¿ in corso un processo di razionalizzazione e di assestamento che in molti casi dà luogo a fusioni o a concentrazioni.
La riduzione del numero dei protagonisti sul campo non ha tuttavia attenuato la concorrenza ma anzi la ha forse acuita. E questo è senz¿altro positivo.
Sono subentrati tuttavia alcuni problemi che riguardano soprattutto la qualità e l¿efficienza del servizio che in qualche caso hanno risentito, oltre che della stagnazione e della riduzione degli investimenti, anche delle vicissitudini di riorganizzazione e di cambiamento.
Qualche nube le Aziende l¿hanno notata anche sul versante della creatività. Un buon numero di campagne sono innovative, fresche e piene di forza mentre altre appaiono un po¿ appesantite da un intento spasmodico di essere nuove e originali con qualche vulnerabilità però sotto l¿aspetto dell¿efficacia.
Un vecchio problema che si sta riaffacciando in un momento in cui le esigenze di assestamento coincidono con un periodo di crisi del mercato.
Credo sia opportuno fare queste osservazioni non tanto per una volontà di critica ma al contrario come stimolo per tutti i professionisti della comunicazione, anche perché molti dei miei colleghi mi hanno chiesto di intervenire in maniera chiara sul problema
dell¿esigenza di una qualità eccellente. Sulla qualità ho avuto modo di intrattenermi altre volte, anche di recente. Sono convinto che le nostre agenzie e i nostri creativi siano in grado di fare molti passi in avanti. Altre volte ho detto che avremmo dovuto guardare agli altri Paesi e trarne ispirazione.
Questo è stato fatto in maniera egregia e in molti casi anzi la creatività italiana ha elaborato formule innovative e originali che qualche volta hanno dato spunto ad altri Paesi.
Ma credo si possa fare molto di più e molto meglio e sono certo che con la ripresa degli investimenti assisteremo anche a un rinnovato fermento creativo non circoscritto a pochi casi ma esteso e generalizzato. I presupposti ci sono tutti.
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