Italia
In sintesi
La storia del nostro paese ha sempre visto le tematiche dell¿innovazione relegate in secondo piano, anche se la visione culturale della tendenza ad un modello di paese moderno cominciava a far breccia negli ultimi anni del centro-sinistra. Con il passare del tempo, si rafforza invece il dubbio sostanziale e legittimo che, al di là di sterili affermazioni di facciata, l¿attuale maggioranza abbia una visione del paese ispirata ad un modello fortemente insufficiente, debole e privo di vere prospettive strategiche nel campo dell¿innovazione, basata su un¿economia a bassa densità d¿innovazione, fuori delle grandi sfide sulle tecnologie avanzate ad alto valore aggiunto dell¿epoca che stiamo vivendo. Questa preoccupazione è esposta con chiarezza da Diana Bracco, Consigliere Incaricato per l”innovazione e lo sviluppo tecnologico di Confindustria: ¿Spiace costatare che il nostro governo non punta a sufficienza sull”innovazione, specialmente quella diffusa, che produce competitività, occupazione qualificata, benessere, mentre in Europa si seguono strade ben diverse. …¿.. Finché la capacità di ricerca e di innovazione rimarrà un obiettivo secondario, non vi saranno mai le risorse necessarie per rilanciare la competitività del Paese. Tuttavia sottovalutare l”impatto della ricerca significherebbe condannare l”Italia a tassi di crescita più bassi, ad un”occupazione minore e a livelli di reddito inferiori, rispetto a quanto potremmo avere. Le cose da fare sono ben chiare. Rimaniamo in attesa di vedere se esiste la volontà di farle.¿
4. Proposte per un¿inversione di tendenza nella politica dell¿innovazione
Dal quadro delineato si può nettamente affermare che esistono problemi strutturali del sistema paese che richiedono una sostanziale e radicale azione di rinnovamento.
Tale obiettivo non può in alcun modo riassumersi in una sterile contrapposizione e ¿resistenza¿ alle azioni della presente maggioranza di governo. In particolare occorre avere la coscienza (ed agire di conseguenza) dell¿esistenza di un legame indissolubile tra politica della ricerca pubblica, della formazione e le scelte a carattere industriale di lungo respiro che un governo intende portare avanti.
Occorre inoltre rendersi conto che la qualità dell¿innovazione è legata a diversi fattori:
definizione di una strategia coerente dei processi d¿innovazione;
reazione di meccanismi efficaci di regia delle iniziative messe in campo per perseguire gli obiettivi strategici definiti;
oculata e selettiva allocazione delle risorse economiche e umane.
È necessario che queste trasformazioni radicali siano realizzate rapidamente perché i tempi non ci consentiranno di rimanere in attesa, anche se non è corretto pensare, come alcuni vogliono sostenere, che in Italia abbiamo ormai ¿perso tutti i treni¿ e che quindi è preferibile non spendere in Innovazione. Val la pena di menzionare lo splendido esempio di ST Microelectronics che – credendo all¿importanza della Ricerca ed Innovazione – ha costantemente e tenacemente investito in tale campo in epoche in cui sembrava ormai fuori gioco, ottenendo negli ultimi anni il risultato di raggiungere il terzo posto mondiale nel settore della Microelettronica.
A tale proposito, occorre perciò operare per creare nel sistema Italia una cultura dell¿Innovazione che ponga enfasi sul fatto che essa è rischio, passione, almeno nella sua fase creativa. Una tale tensione è oggi completamente smarrita in Italia, mentre questo Paese ha potenzialmente in sé tutto quello che serve per fare e per eccellere. Si tratta di un vero grande problema di priorità: se il diminuire le tasse rendesse impossibile aumentare di uno 0,5% del PIL l¿investimento in Ricerca, bisogna avere il coraggio di dire alla gente che lo slogan di avere meno tasse come unica cosa alla quale veramente ci sentiamo interessati, non fa l¿interesse della collettività e del Paese. I modelli di vita presi a riferimento negli ultimi anni si sono costantemente ed inesorabilmente degradati: recuperare nuove visioni costituisce un notevole sforzo di trasformazione culturale.
Occorre inoltre fare scelte strategiche di temi sui quali il Paese scommette. La situazione del Paese non consente che s¿investa in maniera indiscriminata in tutti i settori. Occorre fare alcune selezioni fondamentali e mettere in grado di competere seriamente a livello internazionale i settori sui quali si punta per un rilancio del Paese, all¿interno di un quadro che deve comunque avere un respiro europeo. Questo deve essere accompagnato da una seria politica industriale che favorisca i settori innovativi che saranno considerati e scelti come prioritari (applicazioni software, biotecnologie, materiali innovativi, ecc.).
Ciò premesso, il seguito del documento propone alcuni assi di meditazione e proposte specifiche da sviluppare per corrispondenti azioni politiche nel campo dell¿Innovazione.
5. Proposte per la Ricerca pubblica
L¿ipotesi di un modello della ricerca del sistema paese potrebbe basarsi sui seguenti punti:
– un¿ Agenzia con il compito di governare il processo e raccordarsi con il livello politico, come sotto definito;
– Centri Nazionali di Ricerca per quelle tematiche che rivestono rilevanza strategica per il paese e che richiedono investimenti e risorse non compatibili con le capacità delle singole Università o imprese;
– Centri Territoriali per il Trasferimento Tecnologico che vedano la partecipazione delle Università, dei Centri di ricerca, delle imprese e delle Associazioni imprenditoriali;
– attività diffuse di ricerca portate avanti dalle Università e dai Centri di ricerca privati.
Sulla base del precedente modello, le azioni da perseguire sono pertanto:
a) Istituire una ¿Agenzia Nazionale per la Ricerca¿ a livello di Presidenza del Consiglio dei Ministri, ad imitazione di quanto realizzato con notevole successo in altri paesi. Tale Agenzia deve sostituire il ruolo oggi parziale operato dal CNR ed operare a 360°, con una visione ed un¿influenza anche su ciò che nel campo dell¿innovazione sviluppano le imprese private.
L¿Agenzia Nazionale per la Ricerca deve essere governata da un ¿board¿ di grande prestigio (sia in campo scientifico che imprenditoriale) che costituisca la regia e la guida strategica di tutta la ricerca (non solo pubblica) del Paese, in armonia con le scelte a livello europeo. Un¿opportuna scelta dei meccanismi di designazione dei componenti del ¿board¿ dell¿Agenzia (ad es. con la presenza anche di scienziati stranieri) deve garantire l¿indipendenza, da un lato dal potere politico e, dall¿altro, dai giochi di potere interno. L¿agenzia dovrebbe essere organizzata in piccole divisioni operative cui affidare la gestione delle singole aree (sul modello NSF in USA), gestite sia da ricercatori pubblici distaccati per periodi a termine (2-3 anni) che da esperti del mondo dell¿industria. I processi d¿erogazione e gestione dei fondi di ricerca devono essere profondamente rinnovati per garantire tempestività, efficienza e selettività ai più meritevoli dei finanziamenti.
L¿ Agenzia deve infatti orientare, come conseguenza della strategia e delle priorità nazionali da essa decise, la più efficace distribuzione delle risorse finanziarie pubbliche destinate ai campi in cui il Paese ha la potenzialità di poter dare contributi significativi. Se ben gestita il suo operato non va considerato in contrasto con la necessaria libertà della Ricerca di base.
b) Affrontare, con coraggio, una rivoluzione strutturale nell¿organizzazione della “Ricerca pubblica” italiana e dei corrispondenti criteri di finanziamento con l¿obiettivo di ridurre gli sprechi e stimolare la crescita, migliorando l¿efficienza ed efficacia del sistema.
In particolare, nell¿ambito del modello della ricerca del sistema paese, occorre prevedere una articolazione organica delle strutture e degli enti ai quali viene demandata l¿attività di innovazione e ricerca. Bisogna superare la logica generalista dei cosiddetti ¿Centri di eccellenza¿ attuali, entità le cui missioni e finalizzazioni appaiono confuse. Bisogna puntare a coprire in maniera organica le diversi fasi dell¿attività di innovazione e ricerca, evitando sovrapposizioni, duplicazioni e dispersione delle risorse.
Come conseguenza dell¿applicazione del modello, appare evidente che bisogna ripensare in maniera radicale il numero e la natura dei vari Centri di Ricerca pubblica esistenti in Italia (CNR, INFN, ASI, ecc.).
In particolare, bisogna porre mano, specificatamente, ad una completa ristrutturazione del CNR. Per quanto riguarda il finanziamento e la valutazione dei risultati della ricerca, tali competenze passerebbero all¿Agenzia. Per quanto riguarda le strutture di ricerca vere proprie, esse dovrebbero essere ridistribuite sui diversi livelli introdotti in precedenza:
determinate strutture del CNR potrebbero confluire o costituire di per sé alcuni dei Centri Nazionali di Ricerca, ossia le grandi strutture di ricerca d¿interesse nazionale sopra menzionate. Ovviamente, per come sono state definite, tali strutture sono poche e incentrate su tematiche molto specifiche (per esempio, la fusione nucleare).
Altre strutture del CNR, in particolare
quelle già oggi vicine a problematiche del territorio, potrebbero trasformarsi con un transitorio più o meno lungo in Centri Territoriali per il Trasferimento Tecnologico.
Infine, le strutture di ricerca del CNR che non confluiscono nei Centri Nazionali o nei Centri Territoriali dovrebbero essere assorbite dalle Università, per tutto ciò che concerne la proprietà e/o gestione delle infrastrutture, l¿affiliazione del personale di ricerca e di supporto e le dotazioni finanziarie.
c) Garantire competiione, posizioni d¿eccellenza, autonomia nell¿ambito della ricerca universitaria. Occorre uscire dal mito che tutte le università sono uguali: col tempo (e con la progressiva autonomia) esse si orienteranno a trovare proprie specifiche missioni e propri ¿mercati¿. Occorre pertanto aprirsi a severi meccanismi di valutazione analoghi a quelli adottati nei paesi avanzati. È interesse del Paese che siano salvaguardate sia le punte di eccellenza già esistenti nella ricerca universitaria sia le nuove eccellenze che possono nascere ed affermarsi.
Per il primo aspetto bisogna riconoscere la necessità che i finanziamenti vengano in parte erogati in base ai risultati ottenuti (i ¿research record¿). Questo modo di procedere si potrebbe ispirare a quanto avviene nel sistema inglese in cui, attraverso un ¿assessment¿ a livello nazionale, si effettua una graduatoria di merito delle università per le diverse aree scientifiche e si erogano di conseguenza i relativi finanziamenti. Occorre però fare in modo che a ciò si affianchino meccanismi per finanziamenti nuovi sulla base dei quali tutti possano competere, per consentire a nuove forze di affermarsi, garantendo di conseguenza un ricambio nelle gerarchie d¿eccellenza.
Vanno contemporaneamente messi a punto meccanismi che aumentino il livello di autonomia delle Università e che introducano seri meccanismi di valutazione (brevetti nazionali e internazionali, pubblicazioni e indici internazionali, prototipi, ecc.) evitando l¿autoreferenzialità su cui si è adagiata l¿accademia. I due aspetti sono inscindibili.
Va anche stimolata la competizione interna ed esterna, con meccanismi di incentivazione che evitino i rischi di rigonfiamento delle posizioni inamovibili improduttive e gli appiattimenti delle carriere. Occorre eliminare tutti i vincoli e gli steccati che ostacolano la nascita d¿iniziative nuove, interdisciplinari e il collegamento con il mondo esterno. I rischi di eccessi che derivano dall¿assunzione di responsabilità derivanti dall¿autonomia possono essere solo corretti a seguito di una seria valutazione dei risultati conseguiti (di qui la ribadita centralità di una seria politica della valutazione).
d) Aumentare progressivamente i contributi pubblici alla Ricerca almeno al doppio del valore attuale, (come detto, oggi è circa l¿1% del PIL), coerentemente con la riorganizzazione della ricerca pubblica. È tuttavia indispensabile operare quest¿aumento complessivo con una ridistribuzione percentuale che incrementi la quota (attualmente assai bassa) di Ricerca pubblica destinata all¿innovazione tecnologica propriamente detta (e quindi con ricadute, anche se sul medio-lungo termine, sul sistema economico del Paese). Inoltre, è indispensabile proteggere i contributi alla ricerca, in quanto azioni a carattere strategico, da possibili tagli conseguenti a condizioni economiche contingenti a livello nazionale. Nel contempo, le istituzioni di Ricerca Pubblica devono essere spinte a reperire risorse finanziarie esterne (programmi europei, industrie private nazionali ed internazionali, ecc.), integrative al finanziamento pubblico.
e) Identificare progetti di ampio respiro a livello nazionale che agiscano da catalizzatori per le attività di ricerca e innovazione. A titolo di esempio, lo sviluppo della propulsione e generazione di energia attraverso l¿uso dell¿idrogeno potrebbe essere il fulcro attorno al quale sviluppare attività di ricerca multidisciplinare a supporto dello sviluppo delle imprese e del miglioramento della qualità della vita.
Sistema della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell´innovazione industriale I PARTE
Sistema della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell´innovazione industriale II PARTE
Sistema della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell´innovazione industriale III PARTE