Italia
La Commissione europea vuole accelerare sulla televisione digitale terrestre. E¿ stata appena pubblicata una comunicazione sul Digital Switch-over con la quale Bruxelles sollecita tutti i Paesi membri dell¿Unione ad accelerare la marcia e dichiara la propria disponibilità a sostenere nei modi più appropriati il definitivo passaggio dei sistemi radiotelevisivi europei dalla modalità analogica a quella digitale.
Come è a tutti noto, si tratta di un percorso irto di ostacoli di natura finanziaria, industriale, produttiva, infine tecnologica, che hanno già indotto numerosi Paesi europei a far slittare la data di switch-over anche di 3-5 anni e oltre rispetto alle scadenze precedentemente previste.
Con questa iniziativa la Commissione ha inteso tracciare precise linee guida, al fine di indicare le migliori modalità per la migrazione dal vecchio al nuovo regime produttivo e trasmissivo, un broadcasting di nuova generazione che è però ancora alla ricerca di una definizione di applicazioni e nuovi servizi. Il tutto con la cautela e la prudenza diuna istituzione chenon vuole esprimere atteggiamenti ¿intrusivi¿ nei confronti dei percorsi nazionali di transizione dall¿analogico al digitale, ma non vuol rinunciare alla sollecitazione rivolta a governi, broadcaster e vendor di soluzioni friendly-oriented e incentivi rispettosi delle scelte dei consumatori.
Il peso politico ed istituzionale dell¿iniziativa è evidente.
¿E¿ esclusa dal nostro intendimento qualsivoglia azione intrusiva o la indicazione di una data unica per tutti i Paesi dell¿Unione Europea per il passaggio dall¿analogico al digitale o l¿imposizione ai consumatori dell¿acquisto di televisori digitali ¿ ha dichiarato Erkki Liikanen, Commissario per la Società dell¿Informazione ¿ lo stato di avanzamento dei piani nazionali di televisione digitale varia da Paese a Paese, come indica il range delle penetrazioni nazionali che variano dal 3% al 40% (con una media EU del 21%, ndr). In tal senso un approccio dall¿alto ed unico, sarebbe un cattivo esempio di policy comunitaria e risulterebbe decisamente inappropriato. Stiamo, tuttavia, monitorando gli sviluppi in corso nei Paesi europei e siamo convinti che tale ricognizione richiederà qualche anno. Al momento ciò che interessa sopra ogni cosa alla Commissione è che l¿adozione di misure di policy che accompagnino i processi di migrazione dall¿analogico al digitale e che tengano in debito conto la necessità di apposite misure incentivanti a favore del consumatore, per far sì che il passaggio dall¿uno all¿altro regime venga vissuto in chiave di scelta volontaria dal consumatore medesimo¿.
Il Piano d¿Azione eEurope 2005 impone agli Stati membri la pubblicazione, entro l¿anno corrente, dei piani di migrazione al digitale, rendendo anche nota la data di definitivo abbandono della modalità analogica. Il tutto anche per informare tempestivamente il consumatore e porlo nella condizione di pianificare al meglio il cambio del televisore nella fase finale della modalità analogica.
Ciò che preme alla Commissione è suggerire ai Paesi membri gli errori da evitare in tale processo di transizione e le modalità attraverso cui privilegiare i temi comuni su cui articolare il piano di switch-over, temi che devono rispondere a precisi requisiti: trasparenza, proporzionalità rispetto alle esigenze del Paese, certezza temporale, ¿neutralità¿ tecnologica, per evitare azioni discriminatorie nei confronti delle imprese del settore, perché questo altererebbe le regole irrinunciabili di una corretta competizione.
Ma forse l¿aspetto più interessante, quanto spinoso, è il riferimento che il documento della Commissione fa all¿utilizzazione dello spettro di frequenze, ovvero a quelle frequenze che liberate dalla trasmissione analogica dismessa, dovranno essere riallocate in modo trasparente e corretto.
In questo ambito persistono, anche in Italia, valutazioni a tratti discordanti e si avverte in modo forte l¿esigenza dell¿adozione di scelte di policy che valorizzino le potenzialità economiche nell¿uso dello spettro, senza che ciò vada a danno delle politiche pubbliche, che non devono mai smarrire l¿interesse della società nazionale. Il riferimento in questo caso esiste già ed è l¿accordo quadro sulle politiche d¿uso dello spettro per le comunicazioni elettroniche.
In Italia la comunicazione della Commissione cade in un momento cruciale, con l¿approvazione in corso del Ddl Gasparri sul sistema delle comunicazioni, una misura di sistema che affida un ruolo rilevante alla televisione digitale terrestre.
E¿ un dibattito che si sta alimentando di toni drammatici e che haregistrato una sorda frattura tra maggioranza e Quirinale, una chiassosa polemica tra i partiti della maggioranza ed una rissa all¿arma bianca tra maggioranza e opposizione.
I temi oggetto del dibattito sono molto importanti e non è questa l¿occasione per evocarli e commentarli.
Lo faremo però nei prossimi giorni, con la consapevolezza che questa legge, una volta approvata (circostanza inevitabile), non rappresenterà l¿ultima spiaggia della società, né è la legge madre di tutte le battaglie.
Radio e televisione continueranno a trasmettere e occuperanno, come sempre, il tempo libero degli italiani in gran quantità.
Oggi ci preme, semmai, esprimere qualche dubbio sulla questione relativa alle frequenze.
Siamo sicuri che vi siano frequenze a sufficienza per tutti e per tutto il territorio nazionale?
Siamo certi che la prospettiva di crescita italiana sia in linea con la policy europea sull¿uso delle frequenze dismesse della modalità analogica?
Siamo sicuri che in ambito televisivo non si crei alcuna azione speculativa sulle frequenze, come quella che si sta sviluppando in ambito di telefonia mobile tra frequenze analogiche e frequenze cordless da dismettere?
Ci pare un ambito da seguire con attenzione.