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Jed Satow era un ragazzo estroverso e aveva molti amici. Ma soffriva in silenzio. Ripensandoci, sua madre Donna, è assillata dai dubbi, perché non aveva mai avuto sentore della depressione di suo figlio. Jed frequentava il secondo anno di un corso speciale per i disabili all¿Università dell¿Arizona: forse era preoccupato per gli esami, forse per una ragazza. Forse.
¿Un sacco di gente gli voleva bene¿ racconta la madre, ma Jed doveva sentirsi davvero terribilmente solo quando si è tolto la vita impiccandosi nella casa delle vacanze. Aveva 20 anni.
Sei mesi dopo la sua morte, un altro ragazzo della sua stessa confraternita, la Zeta Beta Tau, si è tolto la vita. Così come Donna Satow, anche il presidente dell¿associazione si sente incredibilmente colpevole, si chiede cosa avrebbe potuto fare per evitare quelle morti.
E così, insieme ai genitori di Jed ha chiesto agli studenti dell¿Università dell¿Arizona di collaborare per aiutarli a capire dove hanno sbagliato e come rimediare. La risposta è stata illuminante: tutti hanno concordato di creare un sito Internet che potesse diventare un punto di riferimento per quei ragazzi depressi, confusi, o anche solo spaventati per la fine di un amore. Un posto, insomma, che potesse aiutare a evitare che alti studenti facessero la stessa scelta di Jed.
La creazione del sito Ulifeline non ha fatto altro che scoprire la punta dell¿iceberg: nato come alternativa e ausilio per i già affollatissimi centri di ascolto scolastici, il sito è diventato il punto di riferimento per altri 72 college e università ed è stato visitato da 1,3 milioni di studenti in un anno.
Il suicidio, secondo i dati forniti dagli ufficiali sanitari Usa, è la seconda causa di morte tra i collegiali americani, con previsioni che parlano di oltre mille possibili suicidi quest¿anno.
Ulifeline non offre consigli on-line, ma cerca di vagliare le singole segnalazioni per indirizzare i ragazzi verso le strutture adeguate. Molto spesso, infatti, i giovani si vergognano ad ammettere di avere bisogno di aiuto e si rifiutano di frequentare i centri di igiene mentale.
L¿anonimato garantito da Internet, a detta degli esperti, aiuta ad affrontare argomenti così delicati e spesso stigmatizzati. Sebbene infatti il 90% degli studenti che si tolgono la vita soffrano di problemi psichiatrici ¿ per lo più depressione – soltanto il 15% di loro è in terapia al momento del suicidio.
¿Gli standard delle pratiche mediche regolamentari non coincidono con gli orari degli studenti¿, spiega Kristine Girard del Massachusetts Institute of Technology (dove 12 studenti si sono tolti la vita dal 1990 ad oggi). ¿Anche se i ragazzi hanno tutte le informazioni che occorrono, è difficile che scelgano di prendere appuntamento da uno specialista¿.
La crescente diffusione dei servizi di igiene mentale on-line riflette anche un altro aspetto della questione: anche i ragazzi più depressi, che magari hanno smesso di frequentare la scuola e gli amici, continuano a connettersi ai centri di ascolto scolastici in rete. Ciò permette ai terapisti – spiega Larry Tupler, psicologo del Duke University Medical Center ¿ di avere un quadro più completo della situazione, e di formulare servizi adatti alle esigenze delle diverse realtà.
L¿effettiva azione deterrente di Ulifeline è ancora tutta da provare, la ricerca nell¿ambito della prevenzione dei suicidi è infatti ancora alla fase iniziale e i dati disponibili sono molto scarsi.
Bisognerà valutare quanti studenti chiedono effettivamente aiuto dopo aver visitato il sito e se le risposte dei terapisti coincidono con le diagnosi on-line. ¿In fondo si tratta sempre di un computer. Anche se sono in molti a credere che i ragazzi siano più onesti davanti al computer, non è la stessa cosa di un contatto umano¿.