Europa
Il Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali
A conclusione dellaconsultazione pubblica avviata dalle Autorità Garanti dell¿Unione Europea – riunite nel Gruppo istituito dall”Articolo 29 della direttiva 95/46/CE attualmente presieduto dal Garante italiano – per raccogliere sollecitazioni e spunti in relazione alle linee guida tracciate dal documento di lavoro redatto a novembre sulla videosorveglianza in Europa, l”obietivoseguenteè statodeterminare i contributi salienti e gli spunti di riflessione al fine di stilare una eventuale Raccomandazione in materia.
Il Gruppo dei Garanti europei, presieduto da Stefano Rodotà, haprodotto infatti un Documento di lavoro sul trattamento di dati personali tramite videosorveglianzache fornisce un quadro europeo omogeneo e lineare, di indispensabile riferimento a livello pubblico e privato.
Gli elementi presi in esame sono stati: i criteri di valutazione relativi alla legittimità dei dispositivi di videosorveglianza; le implicazioni relative alla tutela della privacy per quanto attiene le immagini personali ottenute con tali dispositivi; le modalità di applicazione delle norme relative al trattamento dei dati personali acquisiti via videosorveglianza.
Nei diversi Paesi dell¿Unione, i criteri di valutazione che stabiliscono la legittimità dell¿installazione di apparecchi per il videocontrollo fanno riferimento a disposizioni e norme nazionali; il quadro normativo generale, quindi, risulta tutt¿ora troppo eterogeneo, necessitando una rivisitazione che ne uniformi i parametri in linea con la direttiva europea per la protezione dei dati e con la Carta Europea dei diritti fondamentali, secondo la Convenzione n. 108 del Consiglio d¿Europa sulla protezione dei dati, prescindendo dalle tecnologie applicate di volta in volta.
La necessità di identificare una persona per motivi di sicurezza, anche se non oggetto specifico di videosorveglianza, implica l¿acquisizione arbitraria di immagini personali o altre informazioni di natura biometrica. In questi casi risulta necessario verificare, in via preliminare, se sussistano le condizioni per considerare tale acquisizione come trattamento di dati personali.
In questo specifico caso, il titolare del sistema di videosorveglianza dovrebbe attenersi a un set di indicazioni specifiche, applicabili anche alla casistica non soggetta direttamente alle disposizioni della direttiva europea (rilevamento dati a scopo di pubblica sicurezza, perseguimento di crimini, interessi privati).
Sintetizzando quanto presente nel“Documento di lavoro sul trattamento di dati personali tramite videosorveglianza”adottato il 25 novembre 2002 e redatto dal Gruppo di Lavoro per la tutela dei dati personali ¿ Articolo 29, vi proponiamo di seguito i punti salienti del testo:
a) Legittimità del trattamento: stabilire la legittimità del ricorso alla videosorveglianza, con esplicito riferimento alla normativa di diritto interno e, eventualmente, di diritto all¿immagine e alla tutela del domicilio.
b) Specificità, specificazione e legittimità delle finalità: garantire la liceità e la specificità delle finalità della videosorveglianza, evitando di utilizzare le immagini rilevate per scopi ulteriori e segnalando i propositi della videosorveglianza in un documento stilato ad hoc che definisca in termini specifici la privacy policy seguita dal titolare.
c) Criteri per rendere il trattamento legittimo: appurare la legittimità del trattamento, assicurandosi che sussista almeno il rispetto di uno dei criteri di legittimità contemplati dall¿articolo 7 della direttiva europea. In relazione ai soggetti pubblici, i trattamenti effettuati per mezzo della videosorveglianza devono essere necessariamente a norma di legge.
d) Proporzionalità del ricorso alla videosorveglianza: constatare che il ricorso alla videosorveglianza sia adeguato, ossia che le finalità del rilevamento giustifichino l¿utilizzo di apparecchiature di videocontrollo e che tali dispositivi si rivelino gli unici adeguati ad assolvere a tali scopi.
e) Proporzionalità delle attività di videosorveglianza: constatare che l¿attività di videosorveglianza sia realizzata in modo adeguato, riducendo al minimo l¿utilizzo di informazioni personali, tramite accortezze di natura tecnica, quali l¿angolazione della ripresa delle immagini, il periodo di archiviazione delle suddette immagini o il rilevamento di ulteriori dati non necessari e che implicherebbero l¿identificazione delle persone.
f) Informazione delle persone interessate: informare chiaramente gli interessati, tramite indicazioni facilmente visibili, correttamente locate e inequivocabilmente efficaci anche quando molto sintetiche. La simbologia eventualmente utilizzata dovrà allinearsi alle medesime direttive. In ciascun caso, sarà necessario specificare le finalità della videosorveglianza indicando sempre chi sia il titolare di tale trattamento.
g) Requisiti supplementari: è necessario assicurare ogni ulteriore requisito richiesto per il trattamento, ossia l¿obbligo di notificare tale trattamento e di adottare specifiche e adeguate misure di sicurezza, procedendo alla corretta formazione del personale addetto alla mansione di videosorveglianza.
h) Diritti della persona interessata: garantire agli interessati l¿esercizio dei diritti di accesso, rettifica e cancellazione. In particolare, il titolare del trattamento deve assicurare a coloro che sono oggetto di videosorveglianza il diritto di opporsi al tale trattamento, per motivi legittimi e che risultino essere di natura prevalente.
i) Garanzie supplementari relative ad operazioni specifiche di trattamento: assicurare ulteriori precauzioni durante il trattamento di videocontrollo nei casi in cui il rilevamento delle immagini comporta o è associata all¿individuazione di ulteriori dati, soprattutto di natura biometrica, (impronte digitali, riconoscimento vocale, visivo, ecc.). In ciascuno di questi casi sarà necessario valutare la legittimità del trattamento assicurandosi che sussistano tutti i presupposti affinché si possa procedere al trattamento a norma di legge.
Videosorveglianza in Europa: il progetto ¿Urbaneye¿
Al fine di regolamentare l¿impiego dei dispositivi di videosorveglianza nelle aree pubbliche in Europa, di studiarne le tecniche d¿applicazione e di individuarne le implicazioni di carattere socio-politico, l”Europa si è mossa elaborando numerosi progetti di ricerca e valutazione della materia. Fra essi, il più significativo è sicuramenteil progetto ¿Urbaneye¿ (www.urbaneye.net). Avviatosi a settembre 2001,èuno studio comparativo nato in seno alla Technical University di Berlino – che ne coordina il gruppo di lavoro – che si prefigge di valutare impatto, rischi e soluzioni normative che contribuiscano a definire un quadro strategico e normativo unico relativo al trattamento di videosorveglianza in aree pubbliche.
Il progetto, natograzie al finanziamento stanziato dalla Commissione Europea nell¿ambito del ¿V Programma Quadro¿, si avvale di un gruppo di studio eterogeneo, secondo un modello multidisciplinare che prevede la contribuzione di esperti di criminologia, filosofia, sociologie e scienze politiche provenienti da sette Paesi europei (Austria, Danimarca, Germania, Norvegia, Spagna, Regno Unito e Ungheria). Le attività del gruppo di studio, chesi concluderanno entro febbraio 2004, si focalizzano sul contesto istituzionale nel cui ambito si colloca il ricorso alla videosorveglianza.
Il gruppo di studio effettua mappature di sistemi di videocontrollo pubblico in alcune aree urbane (Berlino, Budapest, Copenhagen, Londra, Madrid, Vienna), per definire criteri e motivazioni. I vari sistemi sono esaminati nel loro funzionamento tecnico, nella loro configurazione spaziale enella prassi di utilizzazione, senza trascurare l¿analisi delle implicazioni socio-politiche.
Nondimeno, a conclusione dello studio il gruppo di ricerca tenterà di individuare possibili sistemi di regolamentazione, ponendo a confronto normative e procedimenti già esistenti nei diversi Paesi presi in esame nel tentativo di individuare buone prassi da estendere anche agli altri.
In seno al progetto sono stati realizzati e pubblicati finora sette ¿working paper¿ fra cui, oltre a una sorta di rassegna della letteratura sull¿argomento, troviamo i dati relativi ai sistemi di videosorveglianza in Gran Bretagna e nella città di Londra, in Norvegia e in Danimarca, nelle città di Oslo e Copenhagen e in Austria.
Il Paese con la più elevata concentrazione di impianti di videosorveglianza è la Gran Bretagna. Secondo i dati raccolti finora, la spesa complessiva per l¿installazione di tali impianti nel settore pubblico ha raggiunto i 250 milioni di sterline fra il 1992 e il 2002, con risultati contrastanti in termini di riduzione della criminalità. Per quanto riguarda la percezione pubblica, i dati rivelano che il videocontrollo per monitorare eventuali criminali è visto in maniera positiva, a differenza della videosorveglianza utilizzata per monitorare le attività della gente comune. L¿Autorità del Regno Unito per la protezione dei dati ha comunque elaborato nel 2000 un codice di condotta per l¿impiego di dispositivi di videosorveglianza in aree pubbliche o di pubblico accesso.
Dai rapporti sulla Norvegia e sulla Danimarca, è emersa una marcata differenza a livello regolamentativo e di utilizzo, nonostante le affinità socio-culturali e linguistiche di tali bacini geografici. Mentre in Danimarca è stata rilevata una marcata tendenza a sostenere il dibattito pubblico e quindi a ricercare un”ampio consenso rispetto all¿utilizzo della videosorveglianza, in Norvegia non sono state riscontrate pari propensioni, rilevandosi invece un atteggiamento decisamente meno flessibile.
Di fatto, tuttavia, l¿approccio pubblico alla questione del videocontrollo è essenzialmente positivo in tutti i Pesi finora oggetto di studio.
(Fonte: Garante per la protezione dei dati personali)