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Dalle parole, la RIAA è passata ai fatti: dopo aver annunciato nei giorni scorsi ritorsioni legali contro gli utenti colpevoli di scaricare musica dalla rete attraverso i network P2P, l¿associazione dei discografici americani ha fatto causa a 261 internauti e oggi ha ottenuto il primo risarcimento, da 2.000 dollari, dalla madre di una ragazzina newyorchese di 12 anni. Brianna Lahara, questo il nome della ragazzina, avrebbe infatti distribuito dal Pc di casa, oltre 1.000 canzoni protette da copyright attraverso il famigerato software Kazaa.
Nel mirino della RIAA, dunque, finiscono per la prima volta gli utenti finali dei servizi di file sharing: ¿Stiamo cercando di lanciare un forte messaggio tra gli internauti ¿ dice il CEO della RIAA Mitch Bainwol ¿ (¿) nessuno è coperto da anonimato quando naviga i Rete, tanto meno nei network P2P. E scambiare musica illegalmente ha delle conseguenze.¿
¿Non immaginavo avrebbero pescato proprio me ¿ confessa invece la spaventata ragazzina al New York Post ¿ i miei genitori hanno pagato per il servizio di file-sharing¿. Tre mesi fa, infatti la famiglia aveva sottoscritto un abbonamento a Kazaa da 29,99 dollari e pensava (erroneamente, evidentemente) di poter scaricare liberamente e senza conseguenze un po¿ di musica dalla rete. ¿Mi dispiace per quello che ho fatto amo la musica e non intendevo danneggiare gli artisti che amo¿, conclude pentita la ragazzina, studentessa modello appassionata di colonne sonore, ninne nanne e grande fan di Cristina Aguilera.
Chi, come Brianna, verrà portato in tribunale con l¿accusa di download illegale di musica, rischia multe fino a 150.000 dollari. La RIAA ¿ che rappresenta major del calibro di Universal, Bmg, Sony, Emi e Warner – ha comunque offerto una via di scampo: con una sorta di amnistia generale, chi invierà una comunicazione firmata comprovante la distruzione di tutti i file mp3 scaricati illegalmente, verrà infatti ¿graziato¿.
La rivalsa legale sui pirati musicali è soltanto l¿ultimo passo della RIAA che aveva tentato in tutti i modi di far gravare parte della colpa anche sui fornitori di accesso ai servizi Internet. Fino ad ora la RIAA aveva ottenuto ragione soltanto contro gli studenti di alcuni college americani accusati di aver reso disponibili migliaia di titoli in rete. I casi si sono stati chiusi con risarcimenti tra i 15.000 e i 17.000 dollari.
Dal punto di vista dell¿immagine, dicono gli addetti ai lavori, i discografici ne usciranno con le ossa rotte: l¿avvocato di Verizon, William Barr, ha dichiarato davanti al Senato che le major perdono tempo a perseguire una dodicenne invece di aiutare i consumatori a rivolgersi a servizi di download a pagamento. Verizon ha ingaggiato una battaglia legale contro l¿associazione dei discografici che ha imposto al provider di rivelare l¿identità dei clienti accusati di violare le leggi sul copyright.
Intanto negli Usa, la polemica incalza: nel mirino dei discografici anche un 71enne, Durwood Pickle il cui computer è usato in prevalenza dalle nipoti e dai loro amici. ¿E¿ terrificante¿, dichiara la moglie. Soltanto chi ha scaricato e diffuso ingenti volumi di canzoni verrà però perseguito, assicurano i discografici, secondo cui il file-sharing è il maggiore responsabile del crollo delle vendite dei CD che fanno segnare un ¿31% rispetto al 2000.
Secondo i consumatori, invece, il vero motivo del diffondersi del download dalla rete è proprio l¿eccessivo costo dei Compact Disc ¿originali¿, completamente al di fuori dalla portata della maggior parte dei teen agers che sono poi i maggiori fruitori di musica.
Per correre ai ripari, la Universal, controllata dalla multinazionale francese Vivendi, ha annunciato che i prezzi dei suoi compact disc caleranno fino al 30 per cento negli Stati.
Uniti a partire dal primo ottobre 2003, passando dal prezzo attuale di circa 19 dollari a un prezzo medio di 10-11 dollari. Nessun¿altra major ha finora annunciato di volere seguire l¿esempio della Universal.
Molte aziende, inoltre, hanno lanciato servizi di download a pagamento che hanno riscosso un notevole successo: l¿iTunes Music Store, lanciato lo scorso aprile da Apple, ad esempio, ha già venduto legalmente 10 milioni di canzoni, a dimostrazione del fatto che gli Internauti non pretendono le cose gratis.
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