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Intel, il primo produttore mondiale di semiconduttori, è finito nel mirino dell¿IRS (Internal Revenue Service), l¿amministrazione americana delle imposte, che reclama all¿azienda 600 milioni di dollari, più gli interessi. Intel, durante l¿esercizio 1999-2000, avrebbe infatti approfittato ingiustamente di alcune agevolazioni fiscali sulle esportazioni a cui non aveva diritto.
Non si sono fatte attendere le reazioni del colosso dei chip di Santa Clara. Intel, in un documento inviato alla SEC, contesta le dichiarazioni dell¿IRS e assicura che farà ricorso contro la decisione. Ma se l¿IRS dovesse avere ragione, questo avrebbe immancabilmente ripercussioni sui risultati del gruppo.
Nello stesso documento, Intel ribadisce ancora una volta la sua opposizione alla contabilizzazione dei piani di stock-options reclamata dal FASB, l¿organismo statunitense di regolazione contabile.
In seguito alla scoperta delle irregolarità fiscali perpetrate da molte aziende Usa e dei conflitti di interesse tra le società di auditing, che hanno portato allo scoppio di scandali contabili per milioni di dollari, l¿esecutivo Usa ha avallato la proposta di inserire tra i costi affrontati dalle società l”ammontare delle stock options emesse a favore dei propri manager, come già fanno molte grandi società come Coca-Cola, General Electric, General Motors, Merrill Lynch, Citigroup e Morgan Stanley.
Senza cambiare argomentazione, Intel ha assicurato che i suoi conti non terranno in considerazione le stock options fino a quando non ci sarà un metodo di valutazione appropriato.
Se le regole di calcolo richieste dal FASB fossero entrate in vigore, gli utili trimestrali del gruppo si sarebbero attestati a 606 milioni di dollari anziché a 896 milioni di dollari.