Italia
Non sembra placarsi l¿agitazione che da un paio di settimane a questa parte sembra riguardare i piani alti di viale Mazzini.
E mentre si vocifera che alcuni consiglieri del Cda e lo stesso presidente Lucia Annunziata possano nella riunione di oggi rassegnare le proprie dimissioni, ieri si è arrivati a una manifestazione di piazza dei dipendenti Rai, organizzata dai sindacati Cgil, Cisl, Uil e Usigrai.
I dipendenti della Tv pubblica hanno protestato contro il rischio di cassa integrazione per tutti gli impiegati Rai, come riferisce l”Unione sindacale dei giornalisti della Tv pubblica, in un comunicato. La manifestazione proseguirà anche oggi.
A scatenare la protesta è l”ordine del giorno presentato dai senatori di Alleanza nazionale Oreste Tofani e Michele Bonatesta e accolto il 17 luglio dal governo e dal Senato, che “impegna il governo a prevedere meccanismi che garantiscano adeguati ammortizzatori sociali nei settori produttivi della comunicazione, nonché sufficienti garanzie per i lavoratori in caso di cessione d”azienda da parte della Rai”.
Secondo il sindacato il governo potrebbe rispondere con alcuni tagli ai dipendenti Rai “per rispondere alle conseguenze che il calo della raccolta pubblicitaria potrebbe avere sui livelli di occupazione, e in vista della cessione di rami di azienda che la Gasparri renderà possibile dal gennaio 2006”.
“Attraverso quest”ordine del giorno – aggiunge la nota che il sindacato ha trasmesso ai colleghi – si lascia intendere che i posti di lavoro possono essere a rischio”.
I sindacati puntano il dito anche contro il direttore generale dell”azienda radiotelevisiva, Flavio Cattaneo, per il suo “impressionante silenzio” sulla scottante situazione.
Immediata la replica della Rai, che in comunicato ha spiegato che ¿è assolutamente priva di fondamento l¿affermazione fatta Cgil, Cisl, Uil e Usigrai¿, che in un volantino sostengono che ¿per la Rai stanno preparando la cassa integrazione¿.
Non solo non c¿è alcuna ipotesi di questo tipo, ma non ci sono neanche le condizioni economico-finanziarie per ricorrere a questi interventi che sono riservati alle aziende in crisi. I conti della Rai sono in ordine, non ci sono debiti, e gli interventi fatti e in corso danno garanzie per il futuro in quanto sono di tipo strutturale e non contingente, continua la nota.
¿Il fatto poi che alcune organizzazioni sindacali, invece di procedere ¿ come previsto dalle normali relazioni industriali ¿ a chiedere chiarimenti e risposte in sede aziendale, preferiscano diffondere volantini allarmistici e privi di fondamento, si commenta da sé¿, termina il comunicato Rai.
In merito alla manifesta dei dipendenti Rai, è intervenuto anche il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri.
In una nota, il ministro ha spiegato che non c”é alcun motivo di protestare perché ¿non risulta alcun intento, da parte dell”azienda e dell”azionista, di ridurre l”occupazione in Rai¿.
Se poi ci si riferisce – si legge ancora nella nota ¿ all”odg presentato da alcuni parlamentari del Senato attraverso cui si chiede l”introduzione di ammortizzatori sociali, ¿è vero semmai il contrario – osserva il ministro – perché l”ordine del giorno auspica che in casi ipotetici, e finora non ipotizzati né ipotizzabili, di dismissione e privatizzazione dell”Ente, si possano attivare meccanismi di garanzia sociale. Così come si auspica, nello stesso odg, un coinvolgimento dei dipendenti nelle future fasi di privatizzazione¿.
In conclusione, il ministro osserva che ¿non risulta che ci siano pericoli imminenti né futuri per quanto riguarda i dipendenti, visto che, semmai, la legge ha l”obiettivo di rilanciare e potenziare la Rai, attraverso un confronto sempre più aperto col mercato¿.
Alla nota del ministero delle Comunicazioni hanno replicato Cgil, Cisl, Uil e Usigrai.
¿Se davvero l”ordine del giorno si occupa ¿ si legge nel comunicato – come sostiene il ministro Gasparri, di ”casi ipotetici, e finora non ipotizzati né ipotizzabili”, viene da chiedersi perché il Senato abbia tempo da perdere in astruse fantasticherie. In realtà la vendita di parti della Rai è, nel disegno di legge, un”ipotesi assai concreta, che dal gennaio 2006 potrà essere praticata senza ostacoli, e a essa l”ordine del giorno si collega esplicitamente nel sollecitare l”introduzione di ammortizzatori sociali per il servizio pubblico¿.
¿Su questo punto – si legge nella nota dei sindacati – il ministro Gasparri può fornire una sola credibile assicurazione: elimini la data del gennaio 2006 come inizio della vendita di pezzi della Rai. Egualmente preoccupante è il silenzio suo e del suo disegno di legge sul fondamentale tema delle risorse: se il passaggio al digitale terrestre dovrà essere affrontato dalla Rai senza alcun finanziamento specifico, l”azienda sarà ulteriormente spinta verso la crisi finanziaria. Registriamo infine che il Ministro continua a sobbarcarsi, pur con tutti gli oneri che gravano sul suo dicastero, anche il mestiere di Direttore Generale della Rai. Arrivano infatti – conclude la nota – soltanto da Gasparri le indicazioni sul futuro dell”azienda, mentre Cattaneo continua a tacere¿.
Anche per la Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) il testo della legge Gasparri definito dal Senato può avere ¿conseguenze fortemente penalizzanti sia in tema di pluralismo dell”informazione, sia per quanto riguarda la stessa solidità finanziaria e produttiva della maggior parte delle aziende del settore, in un quadro di rafforzamento dei soggetti che già oggi controllano gran parte dei media e della pubblicità. In questo quadro, gli stessi ordini del giorno approvati dal Senato e, in particolare, quello relativo agli ammortizzatori sociali nel sistema radiotelevisivo, lasciano intravedere la possibilità che la riforma Gasparri possa persino avere come conseguenza una crisi produttiva e anche occupazionale senza precedenti¿.
Lo scrivono il presidente e il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi e Paolo Serventi Longhi, in una lettera ai presidenti dei Gruppi parlamentari della Camera e delle Commissioni Cultura e Trasporti di Montecitorio, in cui tornano a chiedere ””un incontro urgente, nei primi giorni di settembre, in modo che sia consentito alla Fnsi di precisare meglio le proprie ragioni””.