Rai: la privatizzazione porterebbe allo Stato tra i 550-850 mln di euro. Intanto continuano i botta e risposta tra Gasparri e l’Annunziata

di Raffaella Natale |

Italia


Con il passaggio alla Camera del Ddl di riforma del sistema radioTv a firma del Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, si avvicina sempre di più la privatizzazione per la Rai.

Operazione da cui il governo spera di ricavare un bel po¿ di denaro per le casse della tesoreria di Stato.

La privatizzazione della Tv pubblica, dopo il completamento della fusione tra Rai Spa e Rai Holding entro il 31 dicembre 2003, verrà avviata entro il 31 gennaio 2004 attraverso Offerta pubblica di vendita (con tempi, modalità e condizioni stabiliti dal Cipe), con un limite del possesso azionario dell’1%. Il 25% dei proventi del collocamento delle azioni è destinato agli incentivi per l’acquisto e il noleggio dei decoder digitali. Fino al 31 dicembre 2005 sono vietate cessioni di rami d’azienda.

Sicuramente sarà collocato in Borsa non più del 30%, se il mercato lo permettesse, probabilmente si potrebbe arrivare anche al 40%.

E¿ naturale che già da adesso molti investitori cominciano a chiedersi quanto vale realmente la Rai.

Un calcolo potrebbe essere fatto attraverso i multipli dei concorrenti in particolare di Mediaset, in realtà l’unico concorrente nazionale.

 

Il Gruppo del Biscione, secondo alcune stime, dovrebbe registrare per il 2003 un Ebitda di circa 830 milioni di euro. Rapportato alla capitalizzazione di Borsa (circa 9000 mln di euro) si ha un multiplo di circa 10,85.

Per quanto riguarda viale Mazzini, l’Ebitda 2003, dovrebbe aggirarsi intorno ai 262 mln euro in base ai ricavi pubblicitari delle tre reti televisive. Moltiplicato per il multiplo si ha un valore che raggiunge i 2.850 milioni. Se il collocamento fosse dell’ordine del 30% il governo potrebbe ricavare 850 mln euro; poco più di 560 mln euro se quotasse il 20%.

In realtà, poi, questi valori dovrebbero essere leggermente ritoccati verso l’alto. Sia perché andrebbe preso in considerazione il flusso monetario del canone (non calcolato nei ricavi), sia perché, una volta privatizzata, scomparirebbe il tetto pubblicitario che invece adesso limita la raccolta.

Secondo lo studio di una sim straniera, il valore della Rai avrebbe un valore compreso tra i 2.400 e i 3.300 milioni di euro.

Sembra molto futuristico parlare della privatizzazione della Rai, quando le cose al vertice di viale Mazzini non sembrano essere ancora del tutto tranquille.

 

E mentre si aspettano le dimissioni di massa dal Cda per martedì prossimo, sempre stando ad alcune indiscrezioni, continuano i botta e risposta tra il presidente Lucia Annunziata e il ministro Gasparri.

¿Lucia Annunziata è presidente della Rai, lavori quindi contro il declino della sua azienda, per il rinascimento della Rai¿. Lo ha detto il Ministro delle Comunicazioni rispondendo ad una domanda durante l’incontro al Caffè della Versiliana, a Marina di Pietrasanta.

Secondo Gasparri, infatti, il fatto che quest’ultima parli del ‘declino’ della Rai se il Ddl sarà approvato, è come se ¿un negoziante parlasse male del suo negozio: parli bene del suo ‘negozio’, venda ‘merce’ buona. Vedrà che il successo arriverà¿, ha aggiunto il ministro.

E poi riguardo alla richiesta che il Cda della Rai e il presidente siano nuovamente ascoltati dalle commissioni parlamentari riguardo ai contenuti del Ddl sul riassetto del sistema radiotelevisivo, Gasparri ha commentato: ¿E’ una decisione che spetta al Parlamento. Ma la Rai è stata già ascoltata”.

Aggiungendo ¿In sede di terza lettura deciderà il Parlamento. Lo stesso Parlamento che ha già ascoltato una miriade di realtà¿.

 

Intanto in un comunicato la Rai fa sapere che il Tribunale collegiale di Roma ha revocato l’ordinanza del giudice del lavoro Pagliarini favorevole a Santoro.

Il giudice del lavoro ¿non può individuare in maniera specifica la posizione organizzativa da attribuire al lavoratore, né dettare gli ordini circa l’assegnazione di un determinato programma, trattandosi di determinazioni che influiscono sul concreto assetto dell’azienda, né può ordinare l’assegnazione di una dotazione di mezzi o di personale, trattandosi parimenti di decisioni relative alla gestione dell’impresa¿.

Il Tribunale di Roma ha ritenuto, infatti, che ¿la scelta e la collocazione temporale dei programmi, la durata complessiva dei medesimi e delle singole puntate, e la dotazione delle risorse da utilizzare, rientrano certamente nell’ambito delle scelte strategiche e di gestione dell’azienda e sono di competenza esclusiva dell’imprenditore in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione¿.

 

In questo modo il Tribunale ha dato ragione alla Rai, che aveva eccepito la legittimità costituzionale dei successivi provvedimenti del giudice del lavoro.

Non sembra d’accordo il presidente Annunziata, che in una nota ha lamentato che il caso Santoro non si risolve nelle aule di giustizia, ma solo attraverso una “proposta innovativa frutto della collaborazione tra il giornalista e l’azienda”.

 

l’Annunziata ha anche detto che “Pensare che il caso Santoro, carico di valenze simboliche, editoriali e politiche, possa essere risolto attraverso una sequenza di sentenze giudiziarie che danno ragione una volta a una parte e una volta all’altra è un’ulteriore prova della debolezza della gestione editoriale di questa azienda“.

Condivide la decisione del Tribunale collegiale di Roma, invece, Gasparri che ha commentato: ¿c’è un giudice che ora ha detto quello che i cittadini italiani avevano capito da soli”.

Il ministro ha aggiunto che ¿di fronte a quella decisione, credo che la Rai abbia fatto bene a regolarsi come si è regolata¿. Una decisione che secondo Gasparri non poteva essere modificata da un giudice, almeno che debba essere un giudice che deve ¿decidere a che ora si fa una trasmissione televisiva¿, oppure che un ”tribunale debba fare il palinsesto”

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