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Si intensifica la censura del Web e le misure di controllo sugli utenti degli Internet-cafè nei Paesi musulmani del Golfo.
L¿obiettivo è quello di bloccare la diffusione di materiale pornografico e antislamico, che circola attraverso la Rete. Ma il grave rischio è che così facendo si minacci la libertà di opinione e di informazione.
Questi i risultati di una ricerca condotta dalla Harvard Law School sulla censura di Internet in Arabia Saudita. Stando ai dati raccolti, su un campione di più di 64.000 siti, circa 2.000 sono vietati al pubblico, tra questi siti scientifici su salute, politica mediorientale, religione, questioni femminili e altri ancora.
Lillian R. Berkman, tra degli autori dello studio, ha dichiarato che ¿La censura della Rete nel regno supera di gran lunga la sola pornografia¿, aggiungendo che tra i siti vietati, 70 sono di musica, 43 di film, 76 di entertainment.
Lo studio afferma ancora che la censura condotta dalla King Abdul Aziz City per le Scienze e la Tecnologia (Kacst) riguarda circa 400.000 siti Internet, il 95% dei quali secondo le autorità saudite sarebbero pornografici. L”altro 5% invece riguarderebbe alcol, stupefacenti, gioco d”azzardo, ordigni esplosivi, religione e politica saudita.
La situazione è simile negli Emirati Arabi Uniti (Eau) dove le autorità sostengono di vietare solo i siti porno, ma la censura viene estesa anche a siti culturali e politici, secondo quanto evidenziato da Human Rights Watch (Hrw).
Sono vietati ad esempio siti dedicati agli omosessuali e quelli che dibattono di questioni culturali e politiche.
Secondo Hrw inoltre, sia in Arabia Saudita sia negli Eau, l”utilizzo del Web è strettamente monitorato dallo Stato che può controllare e verificare l”utenza di ogni abbonato alla Rete.
Hrw riferisce che l¿accesso a Internet avviene attraverso un server controllato dalle compagnie di telecomunicazioni governative. ¿Quando un utente richiede l”accesso a un sito ¿ sostiene Hrw – le autorità possono vedere da quale terminale arriva la richiesta, a quale sito accede e quanto dura il collegamento¿.
L”organizzazione per i diritti umani sostiene inoltre che anche in Bahrein, Iran e Tunisia l”accesso alla Rete avviene attraverso server controllati dallo Stato, costituendo analoghe minacce alla libertà di informazione e alla privacy degli utenti.
In Arabia Saudita i controlli sono stati, di recente, estesi anche agli Internet-café i cui gestori per legge sono ora tenuti a registrare i dati personali degli utenti e vengono ritenuti responsabili di ogni azione illegale che avvenga sulla Rete dai loro terminali.
Nonostante però i regimi del Golfo affermino di agire il questo modo per prevenire pornografia e terrorismo, è diffuso il timore che ciò sia solo un pretesto per limitare le libertà d”opinione e il dibattito politico.