Italia
Avere il cellulare a 9, 10 anni. Quali riflessi ha sul bambino? L¿interrogativo scaturisce da una recente ricerca coordinata dal docente di ¿Teoria e tecniche delle comunicazioni di massa¿ all”Università di Trieste, Francesco Pira – realizzata da un”insegnante laureanda in pedagogia, Paola Sigmund – la terza di una serie dedicata all”universo dei bambini delle ultime classi elementari.
Dalla ricerca emerge che il 56 per cento di un campione di 129 bambini di quarta e quinta elementare possiede un telefono cellulare e solo il 32 per cento lo spegne prima di andare a dormire; il 37 per cento lo ha avuto in dono dai genitori i quali, nell” intento di aumentare il controllo sui figli, finiscono per indurli ad una non sempre sana dipendenza.
¿Se ne evince – sintetizza Pira – che se ne fa uso presto, troppo e male, anche in confronto con gli altri Paesi europei, dove l”uso del mezzo appare più selettivo¿. Ma come usano il cellulare i bambini delle elementari? Il 30 per cento fa più di tre telefonate al giorno, il 10,85 per cento le fa sia di giorno che di notte, solo il 20 per cento lo spegne in un luogo di culto e solo il 14 per cento ne fa a meno a scuola. Il 30 per cento definisce l” oggetto ””indispensabile””. E chi non ce l”ha vorrebbe averlo. Il 42 per cento delle ricariche le pagano mamma e papà, il 5 per cento i nonni, mentre un 19 per cento sostiene di pagarsele da sé, con la paghetta settimanale.
Tutti i ragazzi intervistati dicono di amare il mezzo perché è utile e li fa sentire più sicuri; in effetti, i maggiori destinatari delle chiamate (il 44,18%) risultano essere i genitori. Il 38,75 per cento ammette di abusare degli sms tra amici; tra le funzioni più utilizzate figurano i giochi (40,31%) e le impostazioni, soprattutto sveglia e suoneria (33,33%).
¿Comportamenti questi che, specialmente sviluppati in un¿età così precoce – osserva Pira – rischiano di avere non pochi effetti negativi, dalla perdita di concentrazione al contatto diretto con i coetanei, dalle radiazioni nocive all”organismo, specie per chi ha l”abitudine di tenerlo acceso tutta la notte sul comodino accanto al letto, all”impoverimento del linguaggio indotto dal lessico essenziale degli sms¿.
Il sociologo Franco Ferrarotti, commentando i dati della ricerca, definisce l¿uso assiduo dei cellulari da parte dei bambini un fenomeno ””patologico””. Un sintomo ¿della crisi della famiglia e mostra dei genitori che non sono in grado di progettare la giornata dei figli¿.
¿Purtroppo, o per fortuna per alcuni – sostiene Ferrarotti – il cellulare è diventato una protesi della persona, teen ager compresi. Le famiglie pensano, a volte a ragione, che con il cellulare i figli sono raggiungibili. Ma è una scorciatoia per i genitori che non sono in grado, non dico di dettare ma, di progettare la giornata dei figli; sapere cioè se sono a casa di amici, o in palestra o a scuola. I figli possono andare dove credono tanto poi con il cellulare si danno notizie. Ma a 10 anni, un bambino dovrebbe essere sempre reperibile¿. Fra l”altro – rileva il sociologo ¿ ¿usare il cellulare impoverisce il linguaggio e i sentimenti. Ci si inonda di messaggini che fanno un chiasso interiore ma non aiutano a crescere. Su questo ci vorrebbero indagini di approfondimento¿.
Maria Rita Munizzi, presidente del Moige (Movimento italiano genitori) definisce ¿allarmante¿ il dato sull”uso dei cellulari fra i minori, una pratica ¿da condannare¿.
¿E” un dato su cui bisogna seriamente riflettere ¿ sostiene Munizzi – troppi i motivi che sconsigliano l”uso del cellulare nei minori, in primis sotto il profilo medico, non si conoscono ancora gli effetti del magnetismo che crea il cellulare su bambini con la calotta cranica e i tessuti cerebrali in piena crescita. Questo è un primo validissimo motivo che ci consiglia di aspettare. Il secondo aspetto – continua – riguarda la norma di legge, che di fatto impedisce ad un minore di avere un regolare contratto di uso cellulare. Un altro aspetto importante riguarda l”aspetto pedagogico: infatti l”uso frequente sottrae il minore dalla gestione dei rapporti in prima persona estraniandolo in un”altra dimensione virtuale, decisamente nociva per il suo sereno sviluppo¿.