Comincia il processo al primo hacker italiano

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Aggiornato al 27 novembre prossimo il processo a Gabriele Canizza. Il giovane, 32 anni, programmatore informatico, sarebbe stato accusato di accesso abusivo a un sistema informatico e di diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico, reati previsti dal codice di procedura penale. Canizza &#232 conosciuto in Rete con il nickname ¿Krivoj¿ ed &#232 ritenuto dalle Forze dell¿ordine un vero esperto, conosce alle perfezione almeno tre linguaggi di programmazione.

Si tratta del primo hacker rintracciato e bloccato dalle forze dell”ordine in Italia.

A seguire le operazioni &#232 stato il Nucleo Regionale della Guardia di Finanza di Milano, che venti giorni dopo la creazione del software ha sequestrato il codice sorgente.

Risalire da Vierika (che aveva cominciato a circolare nel marzo 2001 e in un solo giorno aveva infettato mille computer) al suo sviluppatore si &#232 rivelato molto difficile: “Il pirata era astutissimo nel far perdere le tracce, nel cancellare ogni indizio della sua presenza su Internet”, ha spiegato nell¿occasione Dario Forte, l”esperto di sicurezza informatica delle fiamme gialle milanesi che ha coordinato l”operazione.

Secondo l¿accusa, l¿hacker, attirava le sue vittime con le foto di una modella russa, disponibili su un sito di sua creazione, dove gli utenti rimanevano vittime del suo worm, dal nome della bellezza sovietica ¿Vierika¿.

Il worm si propagava automaticamente via posta elettronica, secondo uno schema classico. E cambiava la home page iniziale dei pc contagiati, indirizzando gli utenti sul sito che Krivojrog gestiva sullo spazio Web gratuito di Tiscali, http://digilander.iol.it/vierika/.

Su di lui, per&#242, pendono sospetti pi&#249 gravi: secondo gli inquirenti Canizza aveva gi&#224 sviluppato un worm che aveva l”obiettivo di mandare in tilt un importante Internet provider italiano.

Le altre undici versioni del virus erano infatti molto pi&#249 minacciose. La pi&#249 sofisticata era una vera e propria bomba telematica pronta a esplodere: le istruzioni prevedevano che quando un computer fosse infettato, partissero contemporaneamente (e all”insaputa della vittima), trecento messaggi alla casella di eMail di un grosso provider italiano. Che quindi – vista la rapidit&#224 di propagazione del virus – in pochi minuti avrebbe potuto ricevere migliaia di messaggi.

Il programmatore bolognese si &#232 beccato una denuncia e si &#232 visto sequestrare un bel p&#242 di materiale.

Allora i finanzieri si sono trovati di fronte a un personaggio strano, abituato a trascorrere le sue giornate barricato nella sua stanza, con le tapparelle abbassate anche quando fuori c”era luce. Nella camera c”erano due computer, completamente smontati. E i codici dei suoi virus. Vierika era il pi&#249 innocuo: in realt&#224 non danneggiava irreparabilmente i pc infetti. Ma era temibile perch&#233 apriva comunque varchi che rendevano possibile ad altri pirati di rubare dati personali dai computer delle vittime, come in alcuni casi &#232 effettivamente successo.

Dopo essere stato individuato l¿hacker italiano ha spiegato: ¿Il software di Vierika non fa nessun danno, nessuna violazione della privacy, ma &#232 semplicemente una dimostrazione di quanto i sistemi siano penetrabili¿.

¿L¿hacker non &#232 un criminale – aveva aggiunto – l”hacker &#232 un ricercatore, uno studioso, un creativo. In Italia non esistono associazioni di hacker, n&#233 hacker, non c”&#232 la cultura per essere hacker¿.

Canizza &#232 difeso dagli avvocati Andrea Monti di Pescara e Daniele Coliva di Bologna. Per quanto riguarda il fratello del pirata, anche lui coinvolto nel processo, i legali di difesa hanno chiesto il proscioglimento dall¿accusa.

¿La stessa guardia di finanza che fece le indagini – ha spiegato Coliva – concluse che non aveva nulla a che vedere con la vicenda. E” solo il titolare del numero di telefono per collegarsi a Internet¿.

Le Fiamme gialle, infatti, in seguito ad alcuni accertamenti, avevano scoperto un indirizzo Ip e da l&#236 erano risaliti, tramite i tabulati Log dei provider che danno accesso a Internet, al numero di telefono che si era collegato alla Rete usando quell”Ip. Quell”utenza telefonica era intestata al fratello di Gabriele, Stefano, che solo per quel motivo, nonostante gli investigatori abbiano pi&#249 volte ammesso di non aver trovato elementi a suo carico, &#232 stato rinviato a giudizio dal pubblico ministero di Bologna.

Canizza rischia due anni di galera e fino a 20 milioni di multa.

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