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Nelle scorse settimane si era scoperto che alcune importanti penne del giornale avevano costruito degli scoop su fonti, circostanze e interviste del tutto inventate.
Era stato lo stesso Times a confermare che uno dei suoi giornalisti, Jayson Blair di 27 anni, dimessosi il primo maggio dopo quattro anni di carriera al Times, era stato colto a plagiare articoli, citando almeno 37 dei suoi pezzi.
Il caso Blair era scoppiato quando un giornale locale texano denunciò il fatto che l”inviato del Times aveva copiato parti di un”intervista alla madre di un soldato prigioniero in Iraq realizzata da una propria giornalista.
Raines, 60 anni, premio Pulitzer nel 1992, aveva largamente contribuito da quando era entrato nel team del quotidiano, estate del 2001, a fare ottenere sette premi Pulitzer, dei quali cinque per la copertura degli attacchi alle Torri Gemelle ed uno per gli articoli sulla guerra in Afghanistan.
Raines aveva iniziato la sua carriera giornalistica nel 1964 al Birmingham Post-Herald in Alabama. Successivamente aveva collaborato con il quotidiano Atlanta Constitution e con il Petersburg Times in Florida. Raines è anche l¿autore di tre libri, tra cui una novella, “Whiskey Man”, pubblicata per Viking nel 1977.
Le sue dimissioni sono subito parse strettamente legate ai recenti fatti di plagio. Probabilmente Raines e il suo vice Boyd hanno voluto chiudere la triste vicenda del quotidiano più letto al mondo, lasciando la redazione.
All¿episodio di Blair si lega anche il caso di Rick Bragg, 46 anni, premio Pulitzer 1996, dimessosi la scorsa settimana dopo che il giornale l”aveva sospeso per un articolo che portava la sua firma, ma era stato in gran parte scritto da un free-lance
Molti avevano ritenuto la decisione di pubblicare una lunga ricostruzione dello scandalo sulla prima pagina del Times, una mossa per evitare ai vertici del giornale un¿assunzione diretta di responsabilità.
Pare, comunque, che sono stati in molto in redazione a sentirsi sollevati dalla decisione di Raines di andare via. Lo stile autoritario e accentratore del giornalista, uno dei più noti negli Stati Uniti, non era gradito ai più, e aveva spesso creato acredini all¿interno del team di lavoro.
Molti lo accusavano anche di aver snaturato lo stile del Times, privilegiando la corsa agli scoop rispetto agli approfondimenti e alle inchieste che hanno reso celebre il quotidiano.
Il 14 maggio scorso, nel corso di una riunione in un cinema di Times Square, l¿executive editor era stato richiamato alle sue responsabilità per il cosiddetto ¿caso Blair¿. Da tempo, infatti, il giovane giornalista era stato posto sotto osservazione per i suoi ¿errori¿.
Raines aveva tentato di reagire attaccando: ¿Molti tra di voi – aveva detto ¿ mi considerano inaccessibile e arrogante. Ritenete che la redazione sia troppo gerarchizzata e che solo le mie idee vengano attuate, mentre quelle degli altri vengono ignorate. Sento dire anche che siete convinti che ci sia uno star- system nel giornale, dove i miei preferiti fanno carriera¿.
Ed effettivamente questa era l¿opinione comune. Di fronte alla bufera, il direttore aveva cercato di salvarsi prima con l”iniziativa inedita di pubblicare quattro pagine piene dedicate a spiegare ai lettori tutti gli errori che avevano portato all”ascesa di Blair, e poi con la riunione-confessione a Times Square. Ma gli attacchi, anche da parte degli altri media, sono cresciuti d”intensità con il passare delle settimane e alla fine a Raines è venuta meno anche la protezione di Sulzberger. L”editore, alle prese con un calo delle vendite, non poteva permettersi a lungo di tollerare anche il calo di credibilità.
Anche se Arthur Sulzberger ha dichiarato in una riunione con i vertici del quotidiano: ¿Questo è un giorno che mi spezza il cuore¿.
Sulzberger ha cercato di difendere fino a quando ha potuto Raines e Boyd, ma alla fine ha dovuto cedere, ringraziandoli per aver capito che ¿era nel miglior interesse del Times che facessero un passo indietro¿.
Nel suo discorso, l”editore non ha mai fatto riferimento al caso di Blair, che ha provocato un enorme imbarazzo nella redazione del giornale, considerato in tutto il mondo una sorta di modello di correttezza giornalistica.
Al loro posto, l”editore ha richiamato dalla pensione l”ex direttore Joseph Lelyveld, che aveva lasciato il suo incarico nell”estate 2001.
Questa per Lelyved è in qualche modo una rivincita: due anni fa aveva cercato di far designare come successore il suo numero due, Bill Keller, ma Raines – considerato un acerrimo nemico di Lelyveld ¿ aveva avuto la meglio grazie ai buoni rapporti con Sulzberger.
Lelyveld sarà comunque solo un direttore ad interim, una scelta di garanzia, ha detto Sulzberger, ¿in attesa della selezione del nuovo direttore esecutivo¿ e del suo vice.
Toccherà al reggente garantire nel frattempo quella che l”editore ha definito ¿la qualità del nostro giornalismo¿, messa in seria discussione dallo scandalo Blair.
La vicenda del New York Times viene letta con grande preoccupazione dagli osservatori delle vicende dei media.
C”è chi traccia dei paralleli con il caso Enron e gli scandali di Wall Street o la vicenda dei preti pedofili, diventati fenomeni che hanno travolto parti importanti della società americana.
¿Il fatto che il più importante quotidiano degli Usa – ha detto Jeff Greenfield, unodei maggiori analisti sui rapporti tra stampa e politica ¿ sia coinvolto per la prima volta in uno scandalo del genere, è una storia enorme. D”ora in poi ci sarà un problema di credibilità non solo per il New York Times, ma per tutto il mondo dell”informazione¿.
E che sia una vicenda che va oltre il semplice cambio della guardia in un giornale, lo dimostra l”assedio che le telecamere delle Tv e il gran numero di reporter hanno subito lanciato contro la sede del Times a Manhattan.
Immediata la reazione della Borsa. I titoli del New York Times stanno cedendo il 2% sulla notizia delle dimissioni di Raines e del suo vice Boyd.
Intanto, secondo alcuni rumor i Repubblicani avrebbero esultato alla notizia delle dimissioni del direttore del Times e del suo braccio destro. Sicuramente il quotidiano si era alienato da tempo le simpatie dei sostenitori del presidente Bush, per la sua posizione contraria alla guerra contro l¿Iraq.
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