Italia
L¿Italia adotterà entro luglio la direttiva UE che ¿doterà il nostro Paese di ulteriori strumenti di intervento per bloccare le comunicazioni indesiderate¿ su cellulari e posta elettronica. Lo ha dichiarato il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri durante il question time alla Camera.
Il problema delle eMail spazzatura è, infatti, sempre più pressante e non sono serviti a molto né i servizi messi a disposizione del Garante per la privacy per segnalare l¿arrivo di posta ¿indesiderata¿, né gli appositi filtri anti-spamming. Lo stesso Gasparri sostiene che ogni giorno questo tipo di messaggi intasa la sua posta elettronica, essenziale, dunque, una maggiore protezione legislativa degli utenti, a livello nazionale ma soprattutto comunitario. Secondo uno studio condotto da Harris Poll, la maggioranza degli utenti della rete vorrebbe che lo spamming fosse considerato, una volta per tutte, illegale.
Il ministro ha sottolineato che si dovrà fare in modo che anche gli abbonati ai servizi di telefonia mobile possano chiedere la disabilitazione dei servizi indesiderati o il blocco selettivo di chiamata, come già avviene per gli abbonamenti alla linea fissa. Nessuno di questi servizi è ancora disponibile per i cellulari, ma ¿ ricorda Gasparri ¿ sono a disposizione sui siti delle autorità, molti consigli per difendersi: ””Anche sul sito della Polizia di Stato ci sono informazioni e regole di comportamento per gli utenti””.
L¿Italia si batte da tempo per tutelare la privacy dei cittadini dall¿invadenza dei messaggi spazzatura, dietro i quali, molto spesso, si nascondono multinazionali della pornografia. E¿ fondamentale, perciò, la creazione di protocolli internazionali come quelli relativi alla tutela dei minori, per esempio. Il principio è stato ribadito con fermezza dall¿Autorità Garante per la privacy (composta da Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Gaetano Rasi e Mauro Paissan) che ha affrontato in questi ultimi mesi diversi casi di utenti che hanno riferito che la risposta delle società spammer alle loro proteste era che non vi era stata, da parte loro, alcuna violazione della privacy perché gli indirizzi erano stati reperiti su Internet (spesso attraverso appositi software) e che pertanto erano “pubblici”.
Ma non è affatto così, sottolinea Rodotà: gli indirizzi e.mail non sono pubblici perché non sono contenuti in nessun pubblico registro, elenco, atto o documento ¿formato o tenuto da uno o più soggetti pubblici e non sono sottoposti ad un regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque¿.
L¿Autorità sottolinea anche che la disponibilità in Rete di indirizzi di posta elettronica o di numeri telefonici, anche se resi accessibili dagli interessati per determinati scopi (su un sito istituzionale o anche aziendale) o attraverso siti web e newsgroup, va “rapportata alle finalità per cui essi sono pubblicati sulla rete”.