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Diventa pericolosa la situazione dei giornalisti inviati a seguire da vicino le vicende della guerra in Iraq. Sono iniziati, infatti, questa notte i bombardamenti americani. In questi giorni le principali emittenti americane hanno levato le tende, l”unica Tv a essere rimasta, è la CNN (AOL Time Warner) che continua a trasmettere da un luogo segreto di Baghdad, avendo lasciato la sede del ministero dell”informazione, uno dei possibili obiettivi dei bombardamenti.
La CBS, la ABC e la NBC avevano già lasciato il territorio nei giorni scorsi, mentre l”inviato di Fox (News Corporation) lo aveva fatto il mese scorso, perché espulso. Naturalmente questo a vantaggio della CNN, che garantirà un servizio di notizie continue dall”Iraq. Riappropriandosi del suo posto di leader nel campo delle informazioni, dopo essere stato soppiantato da un anno a questa parte proprio da Fox News. I corrispondenti della CNN, Nic Robertson e Rym Brahimi, presenti sin dall”inizio della crisi irachena, sono rimasti a Baghdad, con un produttore e un cameraman. Tony Maddock, vicepresidente di CNN International, ha assicurato che gli inviati sono rimasti in Iraq di loro iniziativa e non perché costretti dall”emittente. In ogni caso abbandoneranno il territorio se la situazione dovesse farsi “molto pericolosa”. Tra le Tv presenti in Iraq, si sono formate delle alleanze importanti.
La ABC ha concluso un accordo con Al-Jazeera e la BBC, per l”uso delle immagini raccolte sul luogo. La NBC ha siglato una partnership simile con la Tv britannica ITN e la tedesca ZDF. Ma l”accordo più grosso rimane quello concluso tra la CNN e il New York Time.
Secondo i termini dell”intesa, per tutta la durata del conflitto, i reporter del Times e del Boston Globe, con sede in Medio Oriente, a New York e a Washington, andranno in onda sull”emittente, con il logo del giornale sul teleschermo. Accordi che non si sa come andranno a finire, adesso che la maggior parte degli inviati sono tornati a casa. E” stato lo stesso presidente Usa George W. Bush, a invitare i reporter americani a lasciare “immediatamente” l”Iraq. Dei 450 giornalisti stranieri presenti ancora nel Paese la scorsa settimana, non ne restano adesso che 300. Per quelli che sono rimasti, si imporrà ora sicuramente il rispetto delle regole deontologiche, per evitare di fornire all”opinione pubblica informazioni manipolate su quanto succede.
Per quanto riguarda la Francia, il Consiglio Superiore dell”Audiovisivo ha già chiesto ai mass-media “una vigilanza particolare”, insistendo perché le informazioni della guerra siano date con il massimo rigore ed equilibrio. Questo avvertimento riguarda non soltanto i telegiornali ma anche e soprattutto i talk show sulla guerra.
In un testo che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l”Authority francese impartisce a radio e Tv sei raccomandazioni specifiche: 1) Deve essere ””verificata l”esattezza delle informazioni diffuse o, in caso di incertezza, bisogna presentarle con il condizionale citandone la fonte e la data””. 2) In caso di diffusione di notizie risultate poi inesatte bisogna ””procedere alla rettifica nei tempi più brevi e in comparabili condizioni di evidenza””. 3) La diffusione di immagine di repertorio ””va accompagnata da una menzione esplicita e continua sullo schermo””. 4) Si eviti uno ””sfruttamento compiaciuto di documenti difficilmente tollerabili””. 5) Non si trasmettano ””documenti contrari alla convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra””. 6) Si tratti ””con la ponderazione e il rigore indispensabili”” i temi ””suscettibili di alimentare tensioni e antagonismi in seno alla popolazione o di innescare atteggiamenti di rigetto o di xenofobia verso certe comunità o certi paesi””.
I mass-media francesi hanno già promesso che non useranno il linguaggio asettico utilizzato durante la Guerra del Golfo nel 1991. Cosa resa più facile dal fatto che la Francia non parteciperà, accanto agli Usa e all”Inghilterra, al conflitto bellico, neanche – a differenza dell”Italia – con i supporti logistici. France 3 e TF1, si sono già impegnate a rispettare le condizioni dell”Authority francese. Inoltre le Tv francesi, non daranno spazio a interviste agli esperti e ai generali in pensione. “La guerra – ha commentato Olivier Mazerolle, direttore dell”informazione a France 2 – è soprattutto una posizione politica e sociale, è un terremoto nei rapporti umani ed è ciò che bisogna trattare”.
Sicuramente i media dei Paesi che sostengono l”iniziativa di Bush, avranno delle grosse difficoltà. Giornali e Tv vicine al nostro governo, a quello inglese, o a quello spagnolo, dovranno fare i conti con il malcontento della maggior parte dell”opinione pubblica, apertamente schierata contro la guerra.
Ad aver già rilevato queste difficoltà, sono le quattro testate – Sun, Times, Sunday Times e News of the World – controllate dalla News Corporation di Rupert Murdoch, già dichiaratosi a favore della guerra in Iraq. I giornali dovranno rispettare la posizione del proprietario e al contempo fare i conti con i propri lettori pacifisti. Le testate di Murdoch coprono il 40% della tiratura del Regno Unito. E da subito Murdoch ha messo a disposizioni i suoi giornali per sostenere la politica irachena di Tony Blair.
Per quel che riguarda il nostro paese, a dispetto della posizione del governo, la stampa si mostra molto critica nei confronti del presidente Bush. I quotidiani e i periodici vicine al centro o alla sinistra, hanno scelto di militare per la pace. Le testate di destra hanno scelto di parteggiare per il premier Silvio Berlusconi. Il parlamento, ieri, ha votato per concedere agli Usa il supporto logistico necessario. Incerta, invece, la posizioni delle Tv.