Europa
Il fenomeno del file-sharing è stato, finora associato alla battaglia tra le major discografiche e gli internauti a caccia di musica da scaricare gratis. Ora però, la questione assume contorni molto più inquietanti: i software utilizzati per condividere musica dalla rete, infatti, sono molto spesso usati anche dai pedofili per scaricare e commercializzare materiale pornografico.
Il problema è stato evidenziato in Italia dalle scoperte fatte nel corso dell”ultima maxi-operazione condotta dai carabinieri di Asti per sgominare una banda di pedofili che usava Internet per soddisfare i più bassi istinti su bimbi di neanche un anno. Ma anche nel resto d”Europa e negli Stati Uniti le autorità cominciano a prendere coscienza dell”allarmante situazione che rischia di ingigantirsi a dismisura se non si prenderanno immediatamente dei seri provvedimenti. In gran Bretagna un”altro imponente blitz delle forze dell”ordine ha portato all”arresto di 43 persone (anche nomi noti) in un”indagine che ha coinvolto oltre 7.000 utenti di siti porno-pedofili a pagamento.
Dopo mesi di indagini si è appurato che usando keyword associate alla pedo-pornografia su siti di file-sharing, si può arrivare a immagini scabrose con protagonisti bambini al di sotto di 5 anni. E la difficoltà per gli agenti è stata notevole, vista la natura dei servizi di questo genere, che non si basano su un server centrale, ma su file condivisi dagli utenti.
“Siamo coscienti del fatto che le immagini pedo-pornografiche sono commercializzate attraverso questo tipo di software ma è difficile dire con sicurezza quale sia la reale entità del problema, che si espande di giorno in giorno”, dice un portavoce della National Hi-Tech Crime Unit britannica. Ci sono, comunque, delle indagini in corso che vedono coinvolte tantissimi utenti di siti di file-sharing.
I suddetti siti sono da tempo nel mirino delle grandi case discografiche mondiali, che attribuiscono ai sistemi di condivisione la causa del crollo delle vendite di CD e DVD. Ora che si è accertato che i pedofili li utilizzano per vendere o scaricare immagini oscene riguardanti bambini, si spera che si darà al problema la giusta collocazione.
Non è però, un compito facile: “…Non abbiamo idea di quante immagini circolino veramente nei network peer-to-peer – dice Peter Robbins, Chief Executive Officer dell”Internet Watch Foundation – Il fatto che questa gente usi reti pubbliche, però, ci da qualche vantaggio. Ogni cosa può infatti essere intercettata…”
La proposta di rendere i fornitori d”accesso a Internet responsabili di quanto avviene sulla rete al momento non è realizzabile poiché gl”ISP non sono obbligati legalmente a monitorare i servizi offerti. Da non sottovalutare, poi, il fattore privacy, argomento molto controverso, tirato in ballo ogni qual volta si vuole intervenire per garantire maggiori controlli su quanto avviene in rete.
Si spera, però, che almeno di fronte a fatti di tale gravità, come l”abuso sessuale sui minori si possa giungere ad un accordo tra le parti che garantisca la salvaguardia dei bambini non solo a parole.